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Nuclearismo 1987 (vs 2011)

Creato il 15 marzo 2011 da Albino

Visto che mi si chiama doppiamente in causa, come emigrante in Giappone e come ingegnere, credo sia giunto il momento che anch’io spenda due parole sul nucleare, piu’ che altro per mettere dei paletti e capire dove vale la pena discutere e dove no.

A mio avviso in questi giorni stiamo assistendo alle piu’ svariate forme di cattiva politica e cattivo giornalismo che si possano immaginare. Anzi, sono talmente palesi che la gente se ne rende proprio conto, al punto che tutti (e sottolineo tutti) mettono le mani avanti quando mi contattano per avere informazioni sulla situazione in Giappone, con premesse del tipo “so che in Italia la stampa esagera”, “non so se credere ai giornali”, eccetera. Insomma, siamo alla Sagra della Teoria del Complotto. Beh ma questo, cari signori, e’ perche’ ancora una volta in Italia ci si schiera per tifo calcistico, scaldati dalle varie parti interessate per motivi politici (si pensi a Berlusconi e la politica delle promesse da televendita di Vanna Marchi. Se offri la mountain bike e il set di pentole, la gente smette di porsi domande e ti compra il materasso eminflex, no?), ideologici (se i verdi dicessero che il nucleare e’ minimamente sicuro, che verdi sarebbero?), di comodo (alla destra in generale fa comodo cavalcare il populismo del “abbiamo le centrali ai nostri confini, e paghiamo l’energia alla Francia”, mentre alla sinistra fa comodo cavalcare l’altrettanto populista “no” ideologico di default in stile Cgil-Fiom), e naturalmente di tornaconto economico (pensiamo a questo Casini, genero di Caltagirone, tanto per citarne uno. Ma si potrebbe continuare per ore e ore).

Dall’altra parte del mondo invece abbiamo il Giappone, che produce un terzo della sua energia attraverso centrali nucleari. Anche qui, cazzate a raffica. Nessuno che si abbassi a chiedere il parere di un ingegnere esperto nel settore, giammai. Anzi: all’ingegnere esperto nel settore si porta proprio l’accusa di far parte del settore, di essere nuclearista per definizione e di conseguenza non attendibile. Molto meglio invece affidarsi alle notizie di seconda mano date dai giornalisti, che magari non sanno neanche dire la tabellina dell’otto ma si dilettano in squisite disquisizioni su barre di uranio e isotopi di cesio, radiazioni nell’atmosfera e soprattutto sui sistemi di sicurezza. Poi il lettore medio che ovviamente non ci capisce un’acca legge certe cose, e finisce col capire solo quello che vuole capire. Vien da se’ poi che il problema generato da tanta incompetenza e’ che si parte dalla conclusione e ci si argomenta sotto, senza che nessuno abbia dati incontrovertibili con cui controbattere. Si cerca di dimostrare che le centrali sono sicure per poter dire che si possono fare anche in Italia, oppure al contrario si punta il dito dicendo che non esiste la sicurezza matematica, quindi non si devono costruire.

Nuclearismo 1987 (vs 2011)

Io da ingegnere dei sistemi di sicurezza quale sono credo di poter dire la mia, scusate la presunzione ma e’ il mio lavoro. Recentemente sto ricevendo messaggi da numerosi italiani a Tokyo che si stanno facendo prendere dal panico e vogliono tornare a casa. A questi non mi verrebbe nemmeno da rispondere; so benissimo che nel panico non si ascoltano ragioni. Quando frigge il culo non si vuol certo star li’ ad ascoltare lezioni di ingegneria nucleare. E allora, cari compatrioti di Tokyo e dintorni: fate un po’ come vi pare. Fate quello che vi sentite di fare. Tornate a casa da mamma’, o andate in ferie alle Hawaii sperando che il meltdown si sistemi nel giro di due settimane (lol), o andate a rifugiarvi a Osaka, mettete qualche altro centinaio di km tra voi e la nuvola cattiva. Oppure restate qui, come faccio io, che resto per il puro e semplice motivo che a Tokyo non c’e’ ne’ ci sara’ alcun pericolo. Ma come spiegare su questo blog concetti base dell’ingegneria della sicurezza, concetti come come safety integrity, fail safe systems, FMCEA, FTA, eccetera?

Sono discorsi troppo complicati, e io non sono bravo a fare la maestrina. Posso solo rispondere a quelli che chiedono se siamo matematicamente sicuri di essere in salvo. La risposta e’ no, non lo siamo. Non lo siamo come non siamo matematicamente sicuri che il prossimo respiro che faremo non sara’ l’ultimo, che il prossimo boccone che inghiottiremo non ci soffochera’, che la prossima volta che attraverseremo le strisce pedonali un meteorite non ci cadra’ in testa. La certezza matematica non esiste nella vita. Esistono probabilita’, percentuali di rischio.

Ma la questione e’ proprio qui: quale percentuale di rischio siete disposti ad accettare? Ne accettate di altissime quando salite su un’automobile, o peggio ancora su una motocicletta. Lo sanno tutti: il rischio di morire di incidente aereo e’ molto inferiore a quello di fare un frontale in macchina. Eppure la gente ha paura dell’aereo: come mai?

In Australia muoiono in media quattro persone l’anno a causa di attacchi degli squali. Ma pochi si chiedono quanta gente faccia il bagno in mare ogni giorno, in Australia. Mettiamo uno su cento, ovvero duecentomila persone? (stima assolutamente al ribasso, essendo l’Australia un paese dal clima caldo, posto di surf, di pesca, di spiagge). Abbiamo 4 diviso 200.000 diviso 365:diviso 24 viene una possibilita’ ogni 430 e rotti milioni, per ogni ora in cui state in ammollo al mare in Australia. Vi sembra un rischio troppo elevato per un bagno nell’oceano? Alcune italiane che conosco non si azzardavano a mettere un alluce in acqua, nella Gold Coast.

Ma parliamoci chiaro. Siete persone facilmente suggestionabili? Non volete rischiare di beccare la pallina sfigata nel calderone con 400 milioni d’altre? Beh, allora mettiamola cosi’. Analizzate la situazione in maniera razionale, se ci riuscite. Questi attacchi avvengono di regola a certe ore del giorno, avvengono a certe distanze dalla riva, con determinate situazioni di fondali. Avvengono in zone non protette da reti antisquali, avvengono quando una persona di regola sta sanguinando in mare (per ferite da surf, magari). Quindi ecco che anche questi 400 milioni, se sembrano troppi, possono essere ulteriormente ridotti con delle semplici precauzioni.

Questo ci basta per poter dire che siamo matematicamente sicuri di non essere attaccati da uno squalo? No di certo: nella vita tutto puo’ accadere. (puo’ accadere che lasciamo l’Australia per paura degli squali e veniamo attaccati da uno squalo mentre facciamo il bagno a Riccione? Si. Percentuale risibile, bassissima, ma ciononostante non impossibile).

Ora, cosa voglio dirvi con questo discorso? Semplicemente, vorrei farvi capire che in ogni momento che viviamo c’e’ del rischio che succeda qualcosa, per quanto piccolo. Per questo, cari italiani in Giappone: io cosa posso fare piu’ di dirvi che il rischio di una nuvola radioattiva sopra Tokyo e’ inferiore a quello che cada il vostro aereo del ritorno, o che moriate in un incidente stradale con i vostri genitori nel tragitto dall’aereoporto della vostra citta’ a casa? Le domande che dovete porvi sono semplici: quale rischio siete disposti ad accettare? Avete delle basi di dati sicure per dire che qui a Tokyo siamo in pericolo imminente? E se non le avete, cosa vi spaventa di piu’: una terribile nuvola radioattiva sopra la testa, che il malvagio governo giapponese nasconde mettendo a repentaglio la vita di decine di milioni di persone (governo giapponese e parlamento compresi), oppure la prospettiva di esservi fatti un giro inutile all’estero, magari abbandonando il lavoro e/o amici che nel momento del terremoto avrebbero bisogno della vostra compagnia e/o sostegno? Qualsiasi sia la vostra risposta, cercate di ragionare con la testa e non con il culo: solo questo posso dirvi. E magari evitate di procurare falsi allarmi e di innervosire gli amici cercando di portarli a fare le vostre stesse scelte, qualsiasi esse siano.

Tornando all’Italia. Credo che ieri la Bonino abbia ucciso tutti i discorsi quando ha dichiarato che “investire 30 miliardi di euro pubblici per ottenere il 4% di consumo finale di energia tra vent’anni non ha senso economico”. Parole sante: e ve lo dico io, che dal punto di vista strettamente tecnico sono un nuclearista convinto. E infatti qui la questione non e’ se le centrali siano sicure o no: come ho detto prima, le centrali sono sicure. Non c’entrano nemmeno le scorie: in un anno una centrale a carbone inietta nell’atmosfera tanta radioattivita’ quanta quella delle scorie che ci ritroviamo in mano da quella nucleare. No: qui si sta parlando esclusivamente di costi e benefici per il paese. Le nostre centrali non andavano chiuse nell’87, full stop. Ma e’ andata cosi’, e bisogna accettare il fatto che quel referendum ha dichiarato la morte del nucleare in Italia. E’ inutile cercare di recuperare nel 2011, quando il futuro che ci si prospetta e’ oramai rivolto a tutt’altre tecnologie. Quanto uranio rimane nel pianeta non se lo chiedono mai, i nuclearisti del 2011. Probabilmente e’ vero invece che se fossimo rimasti con le nostre belle centrali degli anni ’80, e ne avessimo costruite di nuove negli anni ’90, oggi magari avremmo meno debito pubblico. Quel che e’ certo e’ che a quest’ora ci troveremmo con degli impianti funzionanti, ma saremmo comunque costretti a guardare a nuove tecnologie.

Alcuni hanno interessi economici a costruire le centrali, e’ evidente. Ma trenta miliardi per avere il 4% tra vent’anni: non si farebbe meglio a prendere quei soldi e investirne una parte nella ricerca di nuove tecnologie, mentre destinare l’altra per dare fortissimi sgravi fiscali per le fonti pulite di oggi? Dando 3000 euro a famiglia come incentivo per l’installazione di pannelli, potremmo fornire un milione di case con soli 3 miliardi, alimentando un’economia di scala che porterebbe a ribasso dei prezzi, indotto, aziende, ricerca, innovazione. E soprattutto, a energia veramente pulita da subito, da domani. Altro che a vent’anni, forse, campa cavallo.

Che poi, scusate, ma noi non eravamo il paese del sole una volta?



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