Ebbene si, sono stata al Pride di Madrid. Orgullo, per la precisione, che gli inglesismi si sa, lì non sono ben accetti.
Gli amici rimasti in patria, che eccitati chiedevano resoconti all'altezza delle aspettative, sono rimasti un po' delusi. Motivo per cui ho aspettato fino ad oggi di chiarirmi le idee prima di raccontare questo immenso Gay Pride anche a voi. Immenso è senz'altro la parola chiave: 56 associazioni nel comitato organizzativo, 35 carri, più di un milione di manifestanti, senza contare la folla accalcata ai lati del percorso, arrampicata sulle impalcature dei cantieri, affacciata seminuda ai balconi dei palazzi. Ritrovare in quella bolgia gli altri membri del gruppo Arc goes to Madrid è stata un'impresa e neanche totalmente riuscita.
Partito intorno alle 18,00, la coda del corteo sarà arrivata a destinazione verso le 23. Voltaren emulgel, vero protagonista del mio Pride, mi ha tenuto in piedi in quelle ore di camminata. Numeri a parte il corteo era un corteo. Quello che fa dell'Orgullo di Madrid il più importante Gay Pride europeo è tutto il contorno. E' la vista di tante coppie omosessuali in giro per la città, e non solo per il quartiere gay Chueca, nei giorni precedenti e successivi al Pride. E' la bandiera rainbow che domina la città, esposta da tutti, ma proprio tutti gli esercenti di Madrid. Sono i concerti, gli spettacoli e le feste nei locali, ma più fuori dai locali, che ogni notte per giorni tengono svegli i madrileni, volenti o nolenti. Ed è anche il giro di soldi, si stima di 42 milioni di euro, generato dalla manifestazione in un solo weekend. D'altronde credo sia ben chiaro agli spagnoli quanto il turismo gay li stia aiutando ad uscire dalla crisi.
Chi l'ha capito anche meglio degli altri è sicuramente Mr. Mc Donald. Due dipendenti della multinazionale infatti quel giorno, al posto di panini e sorrisi, distribuivano ventagli rainbow ai manifestanti, lanciandoli dal cornicione del fast food lungo il percorso. Davanti la famosa M e la scritta Orgullo 2010, dietro l'elenco delle vie in cui trovare gli altri punti vendita della ditta in città. Sia chiaro, la solidarietà fa sempre piacere, vedere la nostra bandiera esposta ad ogni angolo di strada da ristoranti, bar, negozi, uffici, centri di ricerca, agenzie immobiliari, e chi più ne ha più ne metta come direbbe mia madre, è una cosa che appena scesa dalla metro dà una sensazione di protezione impagabile per chi deve fare i conti tutti i giorni in Italia con notizie di ordinaria omofobia. Però forse se non avessi visto quei ventagli non avrei realizzato bene neanche il senso degli striscioni del Bloque Orgullo Critico appesi ad alcune finestre di Chueca: uno dà il titolo a questo post, gli altri, tutti uguali, recavano la scritta Orgullo sì pero no asì.
Non so se sia stata questa presa di coscienza, che poi è un po' la scoperta dell'acqua calda se vogliamo dirla tutta, a far si che i miei racconti del Pride abbiano rincuorato gli amici invidiosi della mia partenza. Forse c'è di più. Forse anche sentirmi rispondere che in Spagna non esiste un'associazione delle famiglie omogenitoriali, mentre la cercavo in testa al corteo, ha fatto la sua parte. Chissà poi se è vero, il carro delle familias diversas c'era, ma loro erano lì per mostrare la propria realtà familiare al mondo, non per chiedere diritti o riconoscimento alle istituzioni. Quelli, loro, li hanno già. La visibilità, essere accettati dalla società è importante, il Pride non è mai superfluo, però..però. Però il Genova Pride dell'anno scorso mi aveva emozionato di più. Il gesto di solidarietà di una passante che applaude alla vista della manifestazione, un gesto per nulla scontato e totalmente gratuito, vale molto più della strizzata d’occhio del Mc Donald's. Manifestare per i miei diritti negati è qualcosa che mi è mancato all'Orgullo. La sensazione era più quella di una festa che non quella di una protesta, e io ho sempre difeso il Pride dalle accuse di carnevalata, perché credo nella sua essenza di rivendicazione di diritti. Questa essenza giocoforza si perde quando quei diritti li hai già raggiunti. Per questo trovare questo adesivo
alla fine del percorso in un certo senso mi ha fatto piacere. Mi ha permesso di rifocalizzare l'obbiettivo, lo scopo della mia presenza a Madrid.
Per il resto, mi porterò dietro questo ricordo..sono pur sempre stata al Pride di Madrid, per dio! Ma averlo visto una volta per me può bastare, Madrid mi rivedrà in altre occasioni, magari meno agorafobiche. Finché gli omosessuali italiani non dovranno più invidiare gli spagnoli, il mio ginocchio si infiammerà nel mio Paese.
ps: sparata finale a parte, provate a propormi il Pride di Stoccolma e vediamo dove finiscono i miei propositi patriottici.