Rassegna di cifre e dati notevoli che forse vi siete persi, raccolti durante la settimana appena trascorsa su media, web e innovazione digitale.
5,839 mld
Il valore in sterline (in euro sono circa 8 miliardi) delle revenue realizzate nel primo semestre del 2015 da WPP la più grande agenzia di pubblicità al mondo. La WPP che ha sede a Londra e possiede un portafoglio clienti nei quali figurano molti dei più grandi brand a livello mondiale ha diffuso mercoledì scorso il risultato della prima metà dell’anno: il fatturato è aumentato del 6,8% rispetto al primo semestre dello scorso anno, i profitti hanno raggiunto i 601 milioni di sterline con una performance da record: +55% rispetto ai 396 milioni del 2014 grazie soprattutto all’ottimo andamento del mercato nord americano (il principale per il colosso dell’advertising). Aumenta anche la redditività del gruppo con una marginalità del 13.3%. Tutto bene quindi? Crisi della pubblicità da archiviare e bottiglie di champagne millesimato pronte ad essere stappate per festeggiare. Andiamoci piano. Il Financial Times in un approfondito e interessante commento ai risultati di WPP scrive che questa semestrale serve al gran capo dell’agenzia Martin Sorrell per tranquillizzare gli investitori preoccupati sui rischi di una spendig review che sta per abbattersi sugli investimenti pubblicitari attuata dai maggiori brand mondiali: uno tsunami (come lo definisce il FT) quantificabile nella bellezza, si fa per dire, di 20 miliardi di dollari che ridurrebbero drasticamente il giro di affari complessivo della pubblicità a livello globale. Preoccupa anche la turbolenza dei mercati in Cina il terzo mercato (dopo Usa e UK) per fatturato per l’agenzia. Preoccupa infine, e non poco, in WPP la diffidenza con la quale molti grandi clienti continuano a guardare alla pubblicità online, alla sua effettiva visibilità e al suo relativo concreto ritorno per le aziende: una delle principali ragioni — ha detto Sorrell — per il quale i grandi marchi stanno oggi rivedendo molti dei loro rapporti con le agenzie.
227%
Secondo Google è in percentuale l’aumento di traffico organico generato dal motore di ricerca verso gli aggregatori di shopping (quelli che comparano i prezzi di vari servizi e prodotti) negli ultimi 10 anni: un totale di 2 miliardi di click gratuiti in più. L’affermazione giunge direttamente da Google che ha pubblicato ieri sera sul suo blog ufficiale (edizione europea) in risposta all’accusa di concorrenza sleale da parte della Commissione Europea in riferimento al sevizio Google Shopping attivato da Montain View. Dopo queste accuse la risposta da parte di Google era particolarmente attesa, come scrive anche Nòva del Sole24Ore . Chi aveva sperato in un mea culpa o comunque una risposta morbida resterà deluso perché il pezzo firmato dal senior vice president Kent Walker rigetta qualsiasi tipo di accusa e anzi rilancia l’idea che il servizio abbia procurato evidenti benefici ai siti di e-commerce e ai siti di shopping comparativo anche nei paesi interessati dalla comunicazione della Commissione.
Si preannuncia anche in questo campo un muro contro muro con Bruxelles (la commissione Antitrust sta portando avanti anche un’indagine relativa al sistema operativo Android) ed è difficile immaginare per le posizioni assunte fino ad oggi che sia la grande G la prima a cedere il passo.
131.542.659
Sono le interazioni (like e commenti) totalizzati in giugno dall’account Instagram del National Geographic. Secondo quanto riportato da NewsWhip società specializzata in rilevazioni sui social media, che ha cominciato a redige i 10 profili di Instagram con il maggiore livello di engagement con gli utenti. il National Geographic occupa in questa classifica il secondo posto mentre al primo c’è l’account di 9Gag, una app dedicata interamente a foto e video buffi (per farci capire: il suo claim è “Why so serious?”) con 171.369.865 interazioni.
Nella classifica di giugno troviamo soprattutto profili di star dello spettacolo come Justin Bieber e Arianna Grande rispettivamente al quarto e quinto posto. Sorprende quindi che in posizioni così in alto si trovi un editore classico come il National Geographic. Instagram è uno delle piattaforme social in grande crescita a livello di utenti ma è ancora, per gli editori, una “roba” strana visto che nei singoli post non è possibile mettere link attivi. Quindi niente traffico diretto.
E infatti campioni della viralizzazione come BuzzFeed e HuffingtonPost non compaiono ancora in questa classifica (mentre sono puntualmente in testa nelle medesime rilevazioni che Newswhip fa relative a Facebbok e Twitter). Eppure in molti sostengono che su questa piattaforma, anche per le testate si giocherà una partita importante per aumentare la propria comunità di lettori. Alla luce di questi risultati è decisamente raccomandabile studiare meglio le strategie su Instagram del buon vecchio National Geographic che, tra le altre cose, conta ad oggi 29,9 milioni di follower.
4%
In punti percentuali è la flessione in Cina della vendita di smartphone nel secondo trimestre: un valore negativo che viene registrato per la prima volta su questo mercato che rappresenta ancora oggi il 30% delle vendite a livello globale. Lo ha rivelato Gartner in un rapporto secondo il quale il mercato cinese dei telefonini che ha fino ad oggi ha trainato la crescita della domanda è ormai molto vicino al punto di saturazione.
Il mercato globale degli smartphone continua comunque a crescere con 330 milioni di unità vendute (il riferimento è ancora il secondo trimestre 2015) e un + 13,5% nel confronto con il medesimo periodo del 2014. Una crescita comunque rallentata proprio dalla frenata del mercato cinese. Di questo rallentamento fa le spese Android visto che i telefonini con questo sistema operativo registrano il loro tasso di crescita più basso (11%) e una flessione nella quota di mercato globale che passa dall’83,8% del 2014 all’82,2% del 2015.
Aumenta invece il diretto concorrente iOS che con i suoi 48,086 milioni di unità vendute si prende una fetta di mercato pari al 14,6% per quanto riguarda i sistemi operativi. Fetta di mercato che per Apple passa dall’8,0% del 2014 al 10,8% del 2015 nel confronto tra le marche.
260
Sono gli esuberi di personale dichiarati in questi giorni da Rovio l’azienda finlandese specializzata nello sviluppo di videogiochi, tra cui il famosissimo Angry Birds. Nonostante la nuova versione del gioco abbia totalizzato 50 milioni di download solo nel primo mese di lancio, le cose sembrano non andare tutte per il meglio. Lo scrive il Guardian che rivela come i ricavi nel 2014 (158,3 milioni di euro) abbiano registrato una flessione del 9% rispetto all’anno precedente e il merchandising legato ai propri marchi sia praticamente crollato con un –46%.
L’azienda già nel dicembre scorso ha varato un piano di ridimensionamento del personale dichiarando 110 esuberi. Ai quali si aggiungono quelli annunciati in questi giorni: un ulteriore taglio del 38% del personale. Eppure l’azienda solo nel 2013 aveva fatto 300 nuove assunzioni raggiungendo così 800 dipendenti a seguito anche della sua discesa in campo in nuovi settori mercato e all’attivazione di nuovi progetti (per il 2016 è previsto perfino l’uscita di un film ispirato ad Angry Birds). Ma qualcosa evidentemente non ha funzionato come sperato. E in questi casi il reset è sempre sulle spalle della forza lavoro.
immagine via Flickr (pubblicata da Håkan Dahlström con licenza Creative Commons.