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Numeri

Creato il 21 settembre 2015 da Pedroelrey

Ras­se­gna set­ti­ma­nale di numeri e dati note­voli che forse vi siete persi, sele­zio­nati durante le nostre let­ture su media, web e inno­va­zione digitale

26%

Negli Stati Uniti è la quota delle donne nella forza lavoro del set­tore tec­no­lo­gia. Una cifra non certo ele­vata ma che si riduce dra­sti­ca­mente fino a quote del tutto mar­gi­nali se si appli­cano ulte­riori fil­tri a que­sto numero. Come infatti scrive Re/code in aziende come Goo­gle, Face­book, Micro­soft o Intel, la quota di donne lavo­ra­trici afroa­me­ri­cane è solo dell’1%, una quota che non dif­fe­ri­sce molto se in con­si­de­ra­zione ven­gono prese le donne ispa­noa­men­ri­cane impie­gate in que­sti colossi tec­no­lo­gici. Il sito online ha per que­sto dato vita a “The 26% — Women speak out on tech’s diver­sity cri­sis” una serie di belle inter­vi­ste video dove impie­gate e impen­di­trici del set­tore si rac­con­tano e con­di­vi­dono le loro esperienze.

2 miliardi

In dol­lari sono, dopo 30 anni di atti­vità in Cina, gli inve­sti­menti che Intel dichiara di aver fatto in aziende tec­no­lo­gi­che locali. Lo rivela Tech­Crunch che pre­cisa come la cifra in realtà pesi molto un unico mega-investimento di 1 miliardo di dol­lari fatto lo scorso anno nell’azienda cinese Uni­Spread­trum. Resta il fatto che il gigante dei micro­pre­ces­sori in Cina sia stato par­ti­co­lar­mente attivo in inve­sti­menti e par­te­ci­pa­zioni con aziende cinesi. Lo dimo­strano anche una serie di recenti inve­sti­menti: 60 milioni fatto a fine ago­sto in Yuneec azienda di Shan­gai pro­dut­trice di droni e, annun­ciati pro­prio in que­sti giorni, ulte­riori inve­sti­menti per 65 milioni in altre 8 aziende hi-tech cinesi.

100%

Molti edi­tori sognano di poter avere il traf­fico e gli utenti unici di Buz­z­Feed, ma come è com­po­sto que­sto traf­fico nel suo totale? Bella domanda alla quale ha rispo­sto lo stesso fon­da­tore del sito Jonah Peretti in una lunga inter­vi­sta rila­sciata a Peter Kafka nel quale ha tenuto a pre­ci­sare come oggi la sua “crea­tura” non sia ormai più un sem­plice edi­tore di un sito web ma una “piat­ta­forma social com­ple­ta­mente inte­grata” in cui i pro­pri canali su Sna­p­chat o Insta­gram sono impor­tanti quanto i con­te­nuti sul sito “prin­ci­pale”. Bene ecco dun­que nel det­ta­glio le sin­gole voci che com­pon­gono il 100% del traf­fico totale: 23% diretto o da appli­ca­zioni, 14% canale You­Tube, 2% Goo­gle verso il sito, 6% Face­book verso il sito, 27% Video nativi Face­book, 4% imma­gini su Face­book, 21% Sna­p­Chat, 3% altre piat­ta­forme. Le per­cen­tuali — hanno pre­ci­sato ancora da Buz­z­Feed — misu­rano il numero totale di utenti che hanno visto con­te­nuti Buz­z­Feed su tutte le diverse piat­ta­forme (Sna­p­chat, Face­book, sito web e così via).

400 mila

Sono gli utenti che fino ad oggi hanno sot­to­scritto un abbo­na­mento con Blendle, la star­tup edi­to­riale olan­dese a cui molti guar­dano come uno degli espe­ri­menti più inte­res­santi sui nuovi busi­ness model per il gior­na­li­smo. Blendle infatti è stato defi­nito l’iTunes dei gior­nali per­ché, difatto, ripro­pone l’idea di una piat­ta­forma attra­verso la quale è pos­si­bile acqui­stare sin­goli arti­coli da un cata­logo di gior­nali e rivi­ste (lo scorso anno Blendle ha rice­vuto da due edi­tori del cali­bro di New York Times e Axel Sprin­ger un inve­sti­mento di 3 milioni di euro, per dire). Il numero di per sè non è ecla­tante ma se con­si­de­riamo che quei 400 mila utenti sono per la stra­grande parte abbo­nati a gior­nali e rivi­ste olan­desi è più che com­pren­si­bile la sod­di­sfa­zione dei respon­sa­bili della piat­ta­forma. E infatti i respon­sa­bili di Blende hanno deciso di ten­tare l’espansione in un mer­cato un po’ più com­plesso (e molto più ampio) come quello tede­sco.
Lo sbarco in Ger­ma­nia è di que­sti giorni — lo rac­conta anche Max Ingram su For­tune — e ha coin­volto circa 100 edi­tori, grandi e pic­coli, tra i quali quasi tutti i prin­ci­pali quo­ti­diani e rivi­ste tede­sche. Sarà par­ti­co­lar­mente inte­res­sante seguire i risul­tati di que­sta ulte­riore fon­da­men­tale tappa nello svi­luppo del pro­getto. In bocca al lupo. [Se volete saperne di più su Blendle e sul suo modello di busi­ness una bella inter­vi­sta a Duco van Lan­schot, Chief Inter­na­tio­nal della star­tup è con­te­nuta nel nuovo libro del nostro Pier Luca San­toro I gior­nali del futuro, il futuro dei gior­nali]

70%

La quota parte che deriva dalla TV nelle ven­dite gene­rate dagli inve­sti­menti pub­bli­ci­tari. Lo rivela l’indagine “TV Brand effect” rea­liz­zata da Niel­sen ita­lia. La tele­vi­sione quindi è ancora il mezzo che di gran lunga incide più di ogni altro nelle deci­sioni di acqui­sto delle per­sone. L’automove è invece il set­tore che più inve­ste nella tele­vi­sione: il 76% del totale. Ma qual è la reale effi­ca­cia di uno spot tele­vi­sivo? Secondo Niel­sen che ha con­dotto una serie di inter­vi­ste solo 1 spet­ta­tore su 3 ricorda, nelle 24 ore suc­ces­sive alla sua visione, uno spot TV asso­cian­dolo cor­ret­ta­mente al pro­prio brand.

imma­gine via Flickr rea­liz­zata da Dustin Lie­be­now e pub­bli­cata con licenza Crea­tive Commons


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