Rassegna settimanale di numeri e dati notevoli che forse vi siete persi, selezionati durante le nostre letture su media, web e innovazione digitale
17,50
In dollari è la quota che nel 2017 ogni singolo iscritto a Facebook mediamente avrà generato in introiti pubblicitari. Lo riporta il Guardian citando una ricerca eMarketer. Una cifra che sta sensibilmente aumentando di anno in anno, oggi questa quota media è di 12,76 dollari mentre lo scorso anno era di 10,03 dollari: un aumento del 21% tra il 2015 e il 2014. Se invece guardiamo in casa Twitter – secondo questa analisi – la ARPU (ovvero i ricavi medi per utente) è di 7,75 dollari in crescita rispetto ai 5,48 dollari dello scorso anno. Una quota che per Twitter dovrebbe quasi raddoppiare nel 2017 raggiungendo i 12,56 dollari. Queste quote infine variano, e molto, a secondo di dove si trovino gli utenti: ad esempio per Facebook la average revenue per unit degli Stati Uniti è di 48,76 dollari mentre quella nel resto del mondo scende a 7,71 dolari, per Twitter invece le cifre di questo stesso confronto sono pari a 24,48 contro 3,51 dollari.
–10%
Tanto sono scese le vendite degli eBook nei primi cinque mesi di quest’anno negli Stati Uniti secondo l’Association of American Publishers, che raccoglie i dati provenienti da quasi 1.200 editori. I libri digitali hanno rappresentato l’anno scorso circa il 20% del mercato, più o meno la stessa quota mantenuta negli ultimi anni ma adesso sembra che questa cifra sia destinata a scendere. Lo riporta in un articolo molto interessante il New York Times che mette in risalto come al calo delle vendite degli eBook corrisponda una rinascita dei libri di carta: le librerie indipendenti, che sono state flagellate dalla recessione e dalla concorrenza di Amazon, stanno mostrando forti segnali di ripresa. L’American Booksellers Association conta oggi, nel 2015, ben 1.712 librerie tra i propri soci per un totale di 2.227 punti vendita, in netto aumento rispetto a cinque anni fa quando le librerie associate erano 1.410 e i punti vendita 1.660.
1.804
È quanto, in dollari, spenderanno mediamente gli americani online nel 2015. La cifra è riportata dal sito del World Economic Forum citando una ricerca di Statista. Gli Stati Uniti hanno il fatturato più alto per quanto riguarda l’eCommerce dietro loro il Regno Unito con una spesa media di 1.629 dollari e la Svezia con 1.446 dollari. Nel complesso negli Stati Uniti il fatturato del mercato dell’eCommerce – secondo i dati riportati da Statista – sarà a fine del 2015 di oltre 287 miliardi di dollari con un tasso di crescita composto (CAGR) del 7.98% tra il 2015 e il 2020 anno nel quale il valore del mercato online raggiungerà i 421 miliardi di dollari.
3
Sono gli anni che, il 24 settembre, ha compiuto Quartz una delle startup giornalistiche più interessanti del panorama editoriale internazionale (noi ne abbiamo scritto qui un po’ di tempo fa). Per l’occasione la testata economica ha dato un po’ di numeri che sottolineano il lavoro fatto dal 2012 a oggi: 173 milioni di visitatori totali al sito, 35 milioni di visioni per i video pubblicati nelle varie piattaforme (Facebook, YouTube), 156 mila abbonati alla newsletter quotidiana Daily Brief e 70 giornalisti assunti full-time.
221,8 milioni
Tanto hanno raccolto, in dollari, le vendite di dischi in vinile (per un totale di 9,2 milioni di unità) nel prima metà del 2015 in Usa. Un aumento anno su anno del 52,1%. Il tutto secondo quanto riporta Digital Music News che cita i dati diffusi dalla Recording Industry of America (Riaa). La rivista online fa notare come questa cifra supererebbe quella della somma di tutte le royalties generate dallo streaming online delle piattaforme come YouTube Music, Vevo, SoundCloud, Spotify (versione free), e tutte quelle ad-supported che, nel medesimo periodo, valgono “solo” 162,7 milioni di dollari.
51%
La percentuale giovani americani in età compresa tra i 25 e i 34 anni disposti a pagare un abbonamento digitale per leggere news. Lo dichiara una ricerca che l’American Press Institute ha condotto tra i millennial, ovvero i nati tra il 1980 e il 1998. Una fascia di età troppo ampia, dicono i ricercatori, che infatti hanno deciso di suddividere i giovani ulteriormente in altre quattro sotto-categorie. La ricerca si sofferma su diversi aspetti del rapporto tra i millennial e la cultura digitale compresa la loro disposizione a pagare le news online: la percentuale più alta (il 51% già citato) è quella della fascia di età dei più “anziani”, che i ricercatori chiamano gli Activist. Nella fascia 25–34 anni (i Distracted) il 40% è ancora disposto a pagare per leggere le notizie su internet. Una quota che sale al 44% tra gli Explores, i giovani tra 18 e 24 anni fortemente connessi alla rete (il 97% di loro ha uno smartphone) per poi scendere di nuovo al 31% tra gli Unattached ovvero i giovani compresi, come i precedenti, tra 18 e i 24 anni ma che a differenza di questi ultimi hanno un rapporto con la rete più occasionale e distratto.
[immagine tratta dal progetto “Singapore number Blocks” del fotografo Peter Steinhauer (qui un articcolo di Wired dedicato al suo lavoro)]