Rassegna settimanale di numeri e dati notevoli che forse vi siete persi, selezionati durante le nostre letture su media, web e innovazione digitale
33%
Instagram primo social per i teenager americani: secondo un’indagine condotta da Piper Jaffray (importante banca di investimento che realizza questo report due volte l’anno) il 33% degli adolescenti americani indica Instagram come il proprio social più importante. Al secondo posto Twitter indicato dal 20% degli intervistati e terzo SnapChat con il 19%. L’indagine è stata effettuata su un totale di 9.400 teenager (13–19 anni) in leggera maggioranza maschi (56%) e provenienti da famiglie con un reddito medio di 68 mila dollari. Rispetto alla medesima indagine realizzata nella primavera 2015 ci sono alcune variazioni: Snapchat sorpassa Facebook e la quota di Twitter scende dal 24% al 20%. Ne parla il Wall Street Journal che mette in evidenza come i risultati confermino l’idea che gli utenti più giovani siano oggi meno connessi con Facebook preverendo altre piattaforme. Se infatti si guarda indietro a precedenti edizioni di questa ricerca, sottolinea il WSJ, si nota come nell’autunno 2012 Facebook era stato invece di gran lunga il social network più importante per i ragazzi intervistati, con la quota del 42% di preferenze, seguito da Twitter e Instagram e con Snapchat non ancora apparsa sulla scena.
17,4 miliardi
Gli investimenti pubblicitari sui magazine Americani nel 2015: la cifra stimata per la fine di quest’anno segna una flessione ulteriore di circa l’1,8% rispetto al 2014. Una decrescita che dal 2010 riduce costantemente gli utili da pubblicità delle riviste americane che stanno cercando di correre ai ripari. Ad esempio con iniziative abbastanza originali come il servizio “soddisfatti o rimborsati” proposto dalla Mpa (l’associazione che rappresenta i maggiori editori di magazine americani ) agli inserzionisti: investimento rimborsato (o l’equivalente in pubblicità gratuita) se le vendite non aumentano dopo la pubblicazione degli advertorial. Ne parla il Wall Street Journal.
60
L’età media dei lettori del New York Times: la testata qualche mese fa ha riferito che l’età media dei propri abbonati all’edizione su carta del giornale è di 60 anni contro i 37 anni che è l’età media degli Stati Uniti ovvero il pubblico affezionato all’edizione cartacea del NYT è 1,6 volte più vecchio rispetto alla popolazione americana nel suo complesso. Lo fa notare Alan Mutter in una delle cose più interessanti da leggere (comunque la pensiamo) pubblicate in questi giorni: Should newspapers abandon digital? “I giornali stanno così male nell’editoria digitale che farebbero meglio a dedicarsi esclusivamente alla stampa su carta” scrive ad inizio del pezzo Mutter: ovviamente è il suo abituale stile provocatorio per mettere in evidenza alcuni dei punti più critici che i grandi quotidiani faticano ad affrontare nella loro trasformazione digitale. Uno di questi è, appunto, l’incapacità di coinvolgere concretamente i lettori più giovani e il conseguente inevitabile innalzamento dell’età media del proprio pubblico.
23%
Se mi Blocchi la pubblicità io ti “banno”: L’editore Axel Springer ha deciso di bloccare il sito della sua testata più importante, la Bild, agli utenti che hanno installato nel loro browsier un software ad-blocking. Già diversi altri editori stanno attivando annunci che chiedono agli utenti di chiudere i loro programmi blocca-pubblicità ma l’iniziativa della Bild è particolarmente aggressiva. In sostanza il suo messaggio è: caro lettore o disinstalli il progamma o il sito per te non è navigabile. Secondo una ricerca interna i lettori del sito della Bild che hanno già attivato un software ad-blocking sono ad oggi il 23%. Un numero potenzialmente destinato ad aumentare visto che a livello mondiale gli utilizzatori di questi programmi è aumentato del 40% lo scorso anno. Ne parla la Reuters che precisa che in giugno il sito Bild.de ha raggiunto i 265mila abbonati digitali per circa 20 milioni di euro di ricavi l’anno.
40%
Playboy e la Cina: con una perdita negli Usa di circa 3 milioni di dollari l’anno e con una diffusione crollata dalle 5,6 milioni di copie del 1975 alle 800 mila attuali, per Playboy oggi la maggior parte dei ricavi proviene dai diritti sull’utilizzo del proprio marchio su prodotti venduti in tutto il mondo. In particolare il 40% di questi ricavi proviene dalla Cina, dove le autorità hanno da tempo dichiarato guerra alla pornografia. Secondo Quartz sarebbe proprio questa la ragione principale della storica svolta nella politica editoriale della rivista di non pubblicare più foto di nudo: la crescita dell’azienda passa ormai nel vendere in Cina sempre più prodotti con il logo del coniglietto non paginoni centrali negli Stati Uniti.
460 milioni
Vendite record negli Usa per le graphic novel: il 2014 è stato l’anno del rilancio per i fumetti negli Stati Uniti, per le graphic novel addirittura un anno record con vendite stimate a 460 milioni di dollari nei canali tradizionali come fumetterie specializzate e librerie (in queste ultime il valore delle vendite è stato di 285 milioni). Racconta tutto Fumettologica che pubblica e commenta i dati diffusi durante il recente New York Comi Con.
[immagine via Flickr realizzata da e y e / s e e e pubblicata con licenza Creative Commons]