Numero zero, di Umberto Eco
Creato il 15 gennaio 2015 da Funicelli
Un bigino dei segreti d'Italia dal
dopoguerra, un manuale del non giornalismo, un sassolino della scarpa
che Eco si toglie nei confronti di certi giornali e certi
giornalisti.
Numero zero è un romanzo
insolitamente (per Umberto Exo) scorrevole e veloce da leggere:
ambientato nelle settimane successive alle elezioni del 1992,
racconta di una redazione di un giornale che non dovrà uscire.
Servirà solo al suo editore, che viene chiamato “il
commendatore”, per poter entrare nel salotto buono della
finanza. La redazione, composta da giornalisti con poca etica e poca
esperienza nel mondo delle inchieste, dovrà sfornare tanti
“numero zero” che non avranno diffusione.
“Il
Commendatore vuole entrare nel salotto buono della finanza, delle
banche e magari dei grandi giornali. Lo strumento è la promessa di
un nuovo quotidiano disposto a dire la verità su tutto. Dodici
numeri zero, ..”
[..]
“Il Commendatore valuterà e poi
farà in modo che siano viste da chi sa lui. Una volta che il
Commendatore abbia dimostrato che può mettere in difficoltà quello
che si chiama il salotto buono della finanza”
Un mezzo
ricatto qui, una mezza allusione la, ..
“Simei aveva la faccia di un
altro. Voglio dire, io non ricordo mai il nome di chi si chiama
Rossi, Brambilla e Colombo, o addirittura Mazzini o Manzoni, perché
ha il nome di un altro, ricordo solo che dovrebbe avere il nome di un
altro”.
La storia è raccontata, usando il
meccanismo del flashback, da Colonna, una sorta di capo redattore che
lavora come braccio destro del direttore Simei.
Colonna è uno che ha fatto diversi
lavori prima, anche il ghost writer: una di quelle persone che la
vita ha fatto diventare serenamente ciniche e disincantate.
Nelle riunioni di redazione conosce i
colleghi del giornale che si intitolerà “Domani”: c'è un
giornalista vicino ai servizi, il complottista (che si chiama
Braggadocio, un nome che è un programma) e una ragazza che nel
passato si era occupato del poco lusinghiero compito degli oroscopi e
gossip e che ora in questo contesto si trova male.
Colonna e Simei spiegano ai
collaboratori come dovranno lavorare, che genere di informazione
dovranno proporre al loro elettore medio:
“Partiremo dal principio che non
siano quel che si dice lettori forti, anzi gran parte di loro non
avrà un libro in casa, anche se quando sarà necessario si parlerà
del grande romanzo che sta facendo milioni di copie”.
Nel modo con cui far passare come
fatti, delle opinioni personali del giornalista:
“L’astuzia sta nel virgolettare
prima un’opinione banale, poi un’altra opinione, più ragionata,
che assomiglia molto all’opinione del giornalista. Così il lettore
ha l’impressione di essere informato circa due fatti”.
Ma ci sono altri
modi per far passare un'opinione al lettore, facendola passare come
fatto:
“Ma per far passare opinioni senza
dar nell’occhio ci sono anche altri mezzi. Per sapere che cosa
mettere in un giornale bisogna, come si dice nelle altre redazioni,
fissare l’agenda”.
Avete presente
quando ci sono notizie che per giorni e giorni occupano tutte le
prime pagine dei quotidiani, oscurandone altre? Per esempio
l'occupazione delle case, i reati commessi dagli immigrati, le
emergenze rom, …
Oppure quando si
cavalca l'onda di un fatto grave di cronaca, solo per puntare
sull'emotività del lettore? Siamo tutti Charlie, ci siamo detti dopo
la strage nella redazione del giornale satirico parigino. Ma come
siamo messi in Italia a libertà di satira e di informazione?
Insomma, il
principio del non giornale raccontato da eco è che: “Non sono
le notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie.”
E se qualcuno
chiede una smentita o una rettifica, c'è la strada dell'insinuazione
(“quella che riferisce fatti di per sé privi di valore, ancorché
non smentibili perché veri”), con una smentita che incrina
l'attendibilità dello smentitore,
E se le notizie non
si trovano, basta inventarle: c'è un magistrato che sta facendo
un'inchiesta che da fastidio?
“Palatino era tornato con
notizie assai ghiotte. Aveva fotografato il magistrato mentre, seduto
sulla panchina di un giardinetto, fumava nervosamente una sigaretta
dietro l’altra, con una decina di cicche ai suoi piedi.”
Vi viene in mente
qualcosa, a proposito di un giudice che indossava calzini
stravaganti?
Mentre Colonna
inizia una relazione con Maia, due perdenti che si trovano,
Braggadocio gli rivela di una sua inchiesta così esplosiva che
vorrebbe addirittura venderla ad un altro giornale.
“Non capivo se Braggadocio fosse
un portentoso narratore d’appendice, che mi dosava il suo romanzo a
puntate, con la dovuta suspense a ogni “continua” ...”
E' un'inchiesta che
parte della morte di Mussolini, passa per il golpe Borghese, stay
Behind, Gladio,le stragi degli anni '70, il rapimento di Moro, le
brigate rosse, …..
Mussolini, il
colonnello Valerio, Licio Gelli, il comandante Borghese,
l'ordinovista Vinciguerra, padre Zucca …
La nostra storia,
in fondo. Che ci siamo dimenticati. O forse a cui , cinicamente, ci
siamo abituati. Perché anestetizzati da un mondo dell'informazione
che non informa, pensato più per le lotte sotterranee dei gruppi di
potere.
Chissà, fa dire
Eco a Maia nelle ultime righe, forse un giorno gli elettori
voteranno in base a quello che guardano sulla TV con le televendite
del “commendatore”.
Non c'è bisogno di
scappare all'estero per sfuggire al terrorismo, servizi deviati,
colpi di stato:
“ …. piano anche l’Italia sta diventando
come i paesi di sogno in cui vuoi esiliarti. Se siamo riusciti prima
ad accettare e poi a dimenticare tutte le cose che ci ha raccontato
la BBC significa che ci stiamo abituando a perdere il senso della
vergogna.”
Basta solo aspettare: una volta
diventato definitivamente terzo mondo, il nostro paese sarà
pienamente vivibile, come se tutto fosse Copacabana
Non
posso dire che non mi sia piaciuto, ma nemmeno che sia uno di quei
libri che lasciano profondamente il segno. Lo ritengo più come
un'opera di “divertissement ”
dell'autore, per prendere in giro l'informazione di oggi, usando il
meccanismo del parlare al passato.
Buona lettura!
Su
l'Espresso
potete leggere il confronto tra Eco e Saviano:
Torniamo al romanzo. L’impressione
è che Eco voglia dire alla fine: in Italia il progetto di
costruzione della nazione è fallito.
Eco - Questo Paese ha attraversato
momenti in cui sono successe cose incredibili e di cui tuttavia non è
fregato niente a nessuno. Sì, sotto sotto, c’è un’idea di una
nazione e di uno Stato incapaci di funzionare.
La stessa idea, del fallimento di
noi tutti, si trova in un recente articolo di Saviano su “la
Repubblica” circa “Mafia Capitale”, quando dice: la terra di
mezzo, il mondo di mezzo di cui parla Carminati, siamo tutti noi...
Saviano - La terra di mezzo non è
la cerniera tra i colletti bianchi e la teppa. È invece un
territorio, l’Italia, in cui se non forzi le regole, non puoi fare
business, non puoi lavorare. Ed è anche un modo per dire: liberi
tutti, tutti si comportano così. Quindi tutti colpevoli nessun
colpevole.
ECO - L’Italia ha scelto dal 1861
di vivere nel mondo di mezzo. In questo senso è fallita l’idea di
uno Stato unitario.
Avete detto peste e corna dei
retroscena, del gossip. Però il genere retroscena, gossip politico,
il ministro fotografato con l’aspirapolvere in mano, lo ha
inventato in Italia “l’Espresso”, di cui voi siete rubrichisti
illustri...
Eco - Ma non ha insinuato, ha
denunciato. Il problema è lo stato della nostra informazione. Prendi
la mattina il giornale, anche il più importante, e trovi quattro o
più pagine di pettegolezzi su fatti politici nostrani. Se prendi “Le
Monde”, trovi invece pagine su quanto avviene in Africa o in Asia,
tanto che quasi mi chiedo, ma perché mi parlano di queste cose e non
dell’amante di Hollande?
“Le Monde” ha parlato
dell’amante del presidente.
Eco - Sì, ma perché la storia è
stata fatta circolare da un altro giornale, specializzato negli
scandali, e solo così è diventata notizia.
Nel libro Eco presenta una teoria
cospiratoria, un personaggio suggerisce che lo stragismo in Italia è
stato manipolato da Mussolini che non è stato fucilato il 28 aprile
1945 ma fatto fuggire all’estero. E arriva a essere convincente.
Perché le teorie complottiste hanno tanto successo?
Eco - Faccio un esempio. Sabato
pomeriggio mi trovo in un’autostrada intasata. Mi arrabbio e
comincio a chiedermi di chi è la colpa. Cerco istintivamente il
Grande Vecchio. Non mi viene in mente che la colpa è mia, che sono
uscito di sabato in macchina, sapendo di contribuire all’intasamento.
Ma se la stampa con un’inchiesta, mi desse una spiegazione sul
perché l’autostrada si intasa, anziché raccontare la polemichetta
tra un assessore e un deputato, forse non cercherei il Grande
Vecchio. E invece, immagino che a far intasare l’autostrada siano
stati Andreotti, la massoneria, la Trilaterale. Facciamo un esempio
al contrario? La vicenda “Mafia Capitale”. Dal momento che i
magistrati spiegano come stanno le cose e i giornali lo raccontano
bene, nessuno cerca una teoria cospirativa. Chi c’è dietro
Carminati? C’è Carminati. Non credo che a qualcuno verrà in mente
di dire che dietro Carminati ci siano i Rosacroce.
Saviano - Io insisto sul ruolo della
Rete. Basti pensare alla diffusione dei Protocolli degli anziani savi
di Sion da quando esiste il Web. Aggiungo: per un dietrologo chiunque
si oppone alla sua teoria, fa parte del complotto.
Avete descritto un mondo assai
brutto, di diffamazione, fango, dossieraggio. Voi come fate a
opporvi?
Eco - Ciascuno di noi cerca di fare
bene il proprio mestiere. Per quanto mi riguarda: io ho dato la mia
testimonianza. Io vi ho raccontato come stanno le cose.
Saviano - Io ho sentito che la mia
testimonianza ha innescato molto. Dall’altro lato ho sempre sentito
l’esigenza di rimarcare la mia diversità. Diversità, non
superiorità morale. Mi hanno proposto incarichi politici, ma me ne
sono sempre tenuto lontano, perché temevo che il sistema mi avrebbe
stritolato. Confesso: mi sento isolato. Non ci sono più gruppi che
condividono un percorso intellettuale, come accadeva quando Eco aveva
la mia età.
Eco - Anche gli intellettuali sono
vittime della liquidità della società. Oggi, non ti rimane altro
che lasciare il tuo messaggio nella bottiglia. Saviano lo fa,
dovrebbe mettere su una bottiglieria. Io ho scritto questo romanzo,
di più in una società liquida non si può fare.
Testimoniare non è agire politico.
Eco - Se dico che la società è
liquida dico anche che non c’è più la nozione dell’agire
politico.
La scheda del libro sul sito della
Bompiani.
Qui
potete scaricare il primo capitolo.
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