I lustri di Arzilli a Deruta
Le piccole mani di Massimo Arzilli bambino avevano sempre trovato creta da modellare. Suo padre era scultore e lo mandò a studiare all'Istituto d'Arte di Deruta dove altri maestri, in particolare Edgardo Abbozzo, lo guidarono.
La sua è una lunga storia d'amore con la terra e il fuoco, piena di esperienze e ricca di ricordi.
Qui hanno le loro radici profonde queste figure che si allungano come le ombre della memoria e che si attardano come i sogni sulla soglia del risveglio.
Il lustro le fa vibrare di una vaga nostalgia, la nostalgia che scorre sommessa nei versi di Virgilio quando racconta il viaggio di Enea agli Inferi. E' l'emozione che dà il titolo a queste opere, Numi Tutelari, i mitici antenati che conservavano un rapporto affettuoso con i vivi i quali, a loro volta, li veneravano come divinità famigliari.
Il lustro dell' “alchimista” Attilio Quintili ha vetrificato le superfici di queste figure e le ha rese ingannevoli e cangianti. Rivoli di luce vi scorrono in illusioni di trasparenze e di arcane lontananze nel tempo.
I lineamenti si fanno strada dalle profondità della materia ed emergono con individualità misteriose. Le sagome esili, che la luce sembra attraversare e creare nello stesso tempo, organizzano intorno a sé uno spazio magico, estraneo e familiare. Ed i pensieri si raccolgono e si fermano intorno a quelle forme che pongono impalpabili problemi, questioni sospese... Una grazia femminile le muove col gioco dei riflessi, quasi residuo di irrinunciabile vanità, il ricordo del trucco o della danza. A volte gli occhi sono grandi ferite aperte su pene mai dimenticate, a volte fessure socchiuse su ricordi gentili. A volte si raccolgono in gruppi di due o tre o quattro e, nel bagliore del lustro rosso, vengono in mente le descrizioni dantesche (... lo maggior corno della fiamma antica ...) o il duttile adattarsi delle figure nei capitelli romanici. Viste tutte insieme sembrano un bosco del nord o una frangia dispersa dell'esercito di terracotta del primo imperatore della Cina rimasto sepolto per oltre duemila anni.
Queste figure silenziose e dissonanti, in contrasto con l'apparente indifferenza e mercificazione di oggi, evocano antenati lontani, un'assenza sentita e pianta, ma anche scongiurata e vinta in un gioco di illusioni ambiguamente ironico e serio che marca la distanza e la nostalgia.
Chi desidera vedere tutte le foto di questa serie può aprire l'ALBUMLink al sito web di Attilio Quintili
Attilio Quintili e Massimo Arzilli a Deruta accanto alla fornace del "lustro"