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Nunsploitation, il cinema conventuale

Da Paultemplar

Nunsploitation, il cinema conventuale

Con il termine nunsploitation viene genericamente indicato il florido filone del cinema conventuale, spesso chiamato anche tonaca movie o filone conventuale, un genere cinematografico ambientato dietro le mura di conventi quasi esclusivamente popolati da badesse, novizie e suore, e molto più raramente tra le mura di monasteri maschili.
Difficile tracciare un punto di inizio di questo particolare genere cinematografico; viceversa è piuttosto facile indicarne il percorso che ne è seguito, e che ebbe la massima diffusione nel decennio settanta, a cavallo tra il 1972 e il 1979, con successive e rare ulteriori incursioni.

 

Un cinema in cui le storie si assomigliavano un pò tutte, nella maggior parte presa di sana pianta dal medioevo o dal rinascimento, quando storicamente si ebbe la massima espansione dei conventi.
Accadeva, all’epoca, che le famiglie nobili, per non dotare le figlie femmine, scegliessero per le stesse le rassicuranti mura dei conventi, dove la stragrande maggioranza di esse finivano per consumare le proprie vite in un isolamento non voluto.

Nunsploitation, il cinema conventualeIl flano cinematografico di Le monache di Sant’Arcangelo

Le famiglie ricche trovavano così un rassicurante mezzo per evitare dispute sulle eredità; la stessa sorte accadeva spesso anche ai secondogeniti maschi, costretti ad entrare in ordini o religiosi oppure a scegliere la carriera militare per evitare di ritrovarsi senza alcun mezzo di sussistenza alla morte dei genitori.
Ma tutto questo ai registi interessava relativamente; il filone conventuale, infatti, si interessava principalmente delle storie delle ragazze rinchiuse nei conventi.

Nunsploitation, il cinema conventualeEvelyn Stewart (Ida Galli) in La badessa di Castro

Ovviamente, le ragazze chiuse contro la loro volontà in convento, nel fiore degli anni, proprio quando le prime pulsioni ormonali, i primi sentimenti d’amore iniziavano a sbocciare, divennero un mero pretesto per mostrare la vita all’interno degli stessi conventi in un’ottica più pruriginosa che storica.
Così nella stragrande maggioranza dei film si vedono badesse rese crudeli dalla frustrazione sfogare istinti repressi sulle novizie o sulle suore; che, dal canto loro, spesso hanno lasciato un amore fuori dalle mura, o più semplicemente avvertono gli irresistibili richiami della carne.

Scena tratta dal pluri censurato Interno di un convento, di Borowczyck

A questo va aggiunto un altro elemento storico modificato a discrezione dei registi su ovvia imposizione dei produttori, ovvero l’introduzione di espedienti come la tortura, in realtà usata meno frequentemente di quanto riportato da alcuni testi, per fermare l’eresia, la stregoneria ecc.
La stessa inquisizione, nata con i compiti specifici su citati, viene largamente usata come espediente per giustificare l’esposizione di corpi nudi, nella totalità femminili, che vengono martirizzati attraverso l’uso di strumenti come la corda, le tenaglie, il fuoco e altro.

Nunsploitation, il cinema conventualeUna splendida Fenech in La bella Antonia, prima monica e poi dimonia

Così il Malleus maleficarum entra nelle mura dei conventi, preti confessori e esorcisti, inquisitori e quant’altro diventano strumenti per piegare il corpo e l’anima delle suore e delle novizie, che, essendo donne, storicamente sono più facilmente aggredibili dai demoni della tenzione.
Discorso maschilista, come del resto era inevitabilmente maschilista la chiesa e le sue propaggini; ma questo è un discorso che con il cinema centra poco.

Parlavo, all’inizio, della suora contro convinzione, ovvero la novizia costretta a subire le scelte dei genitori.
Uno dei primi film a parlare di vite conventuali, condito anche da un pizzico di erotismo è La monaca di Monza, che si basa sulla vera storia di Virginia De Leyva, diretto nel 1969 da Eriprando Visconti, nipote del grande Luchino.
Nel film, la giovane badessa, reclusa contro la sua volontà, finisce per invaghirsi di Osio, un giovane che la stupra ma del quale lei si innamora.
La nascita di un figlio farà accorrere le autorità religiose.
Le parziali nudità della Heywood, la trama scabrosa, finiscono per dare rilevanza ad un film di modesta caratura e ad aprire timidamente la porta dei conventi alla macchina da presa, che da allora diventano sempre più curiose di mostrare una realtà, molto artefatta, basata su vite conventuali spesso al di là di ogni considerazione morale.

A dare un impulso decisivo è paradossalmente un film che di conventuale ha solo una parziale ambientazione; si tratta di I diavoli (The devils), un film politicamente scorretto girato da Ken Russell nel 1971; la storia di Grandier e  Jeanne Des Anges, il primo accusato dalla seconda di aver portato il diavolo, con consguente lascivia all’interno del convento di Loudun, apre o meglio spalanca le porte ad una degenerazione del filone.
Russell infatti, iconoclasta come nessun altro, mostra la cruda realtà del convento di suor Jeanne attraverso i vizi peccaminosi della badessa e delle altre sorelle.

Nunsploitation, il cinema conventualeCondannato per blasfemia: I diavoli di Ken Russell

Il risultato finale è un suggerimento che diviene ben presto un’occasione per modificare le storie stesse e renderle sempre più pruriginose.
Nel 1973 il regista spagnolo Jesus Franco gira Confessioni proibite di una monaca adolescente; una ragazza, Maria, sorpresa in compagnia di un ragazzo, viene portata da padre Vicente in un convento. Qui la ragazza scopre che dalla superiora all’ultima delle suore la parola d’ordine è amoralità e sesso.

Nunsploitation, il cinema conventualeUna rara inquadratura tratta da La monaca di Monza, eccessi, misfatti, delitti

La ragazza tenta la fuga, ma viene catturata e condannata al rogo; non fosse per l’intervento di un inquisitore non scamperebbe al suo tragico destino.
Il film è ovviamente molto esplicito, ma di buon livello; da esso prende ispirazione Le Monache di Sant’Arcangelo di Domenico Paolella, girato nello stesso anno.

La vera storia della Monaca di Monza

La storia vede protagonista Don Carlos, che ha una relazione peccaminosa con Giulia di Mondragone, che a sua volta ha una relazione lesbica con una suora. Il nobile ribaldo si incapriccia di una novizia, che sarà costretta a cedere alle sue voglie, ma che otterrà la libertà dai voti una volta che scoppierà lo scandalo all’interno del convento. Lo stesso Paolella, visto il discreto riscontro di pubblico, gira nello stesso anno Storia di una monaca di clausura , usando Eleonora Giorgi in loco della Muti, protagonista del film precedente. Questa volta è la giovane attrice a subire le angherie del solito convento, uscendone però pulita e con l’aureola della santa.

Altro film conventuale, questa volta con ambientazione medioevale è Flavia la monaca musulmana, storia di una donna ancora una volta costretta a farsi monaca contro la sua volontà che avrà raportti con i saraceni che invasero Otranto, finendo in maniera orribile i suoi giorni, ovvero spellata viva.
Il film di Mingozzi, non scevro da una certa eleganza, è decisamente osè sia per le numerose scene di sesso, sia per l’ambientazione giudicata blasfema; furono molte le traversie del film stesso una volta uscito sugli schermi.
L’uscita di Decameron di Pasolini ebbe ovviamente un’importanza capitale sullo sviluppo e la diffusione del filone;

anche se l’opera del grande scrittore e regista era ambientata parzialmente in convento, con intenti chiaramente socio-politici, venne sfruttato per le sue peculiarità, sopratutto nella parte che mostra le poco ortodosse sorelle del convento alle prese con un giovane che si finge sordo muto e che finirà per dover soddisfare sessualmente l’intera comunità di suore, badessa incusa.
Molti film del filone decamerotico, infatti, verranno ambientati in convento, tra frati gaudenti, intenti a lasciar assoluzioni dietro penitenza del bacio del cordone, fra diavoli levati e messi “ne lo convento” et similia.

Spazio alla tortura nel film Confessioni proibite di una monaca adolescente

Tra questi sottoprodotti, girati in economia, con trame pecorecce e alle volte ridicole, spiccano titoli come Leva lo diavolo tuo da lo mio convento o Metti lo diavolo tuo ne lo mio convento, La bella Antonia, prima monica e poi dimonia, uno dei più risuciti, grazie anche alla splendida e conturbante bellezza di Edwige Fenech,Le calde notti del Decameron di Gian Paolo Callegari, Confessioni segrete d’un convento di clausura dell’ineffabile Batzella, Cristiana la monaca indemoniata di  Sergio Bergonzelli,

Nunsploitation, il cinema conventualeGloria Guida in La novizia

La novizia indemoniata

che coniuga tutti gli stilemi del genere, ovvero sesso in convento, nudità, demonio ecc, Fratello homo, Sorella bona (Nel Boccaccio superproibito) di Mario Sequi, I racconti romani di una ex novizia di Pino Tosini,  Riti, magie nere e segrete orge nel Trecento di Polselli, assolutamente trash e imperdibile per gli amanti dei film indecorosi, Donne e magia con satanasso in compagnia di Roberto Bianchi Montero, E continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno di Bitto Albertini.

Nunsploitation, il cinema conventualeLa coppia Giorgi-Spaak in Storia di una monaca di clausura

Questi sono solo alcuni dei titoli che affollarono i cartelloni pubblicitari della fertile stagione a cavallo tra il 1971 e 1975, epoca di massimo fulgore sia dei decamerotici sia del filone conventuale.
Che spesso si intrecciavano, con una caratteristica peculiare che distingueva il decamerotico dal nunsploitation tout corut; nel primo caso, infatti, i film anche se hanno una vocazione libertina e godereccia, non hanno alcuna ambizione artistica, ma solamente comica e di divertissement. Nel secondo caso c’è una certa quantità di pretestuosità e passatemi il bisticcio di parole.

Nunsploitation, il cinema conventualeAnne Heywood in La monaca di Monza

Infatti ci sono film che si elevano anche sulla generale mediocrità del filone; è il caso di Interno di un convento, di Borowczyck, opera raffinata e fondamentalmente anticlericale i tutte le sue sequenze.
In questo film, uno dei più crudi e sessualmente espliciti, l’erotismo è una trave portante, visto anche come espressione dei sensi delle novizie rinchiuse in un convento, costrette a fare i conti con una sessualità inespressa e tuttavia insopprimibile.

L’ottimo Flavia, la monaca musulmana

Un film italiano di discreto livello è La badessa di Castro di Armando Crispino, storia di una badessa fatta tale al solito con la forza che sfoga la sua repressione anche sessuale sia sulle monache sia intrecciando una relazione proibita con un vescovo.
Il filone andò progressivamente perdendo forza, e le cause sono note, ovvero la crisi del cinema, la sempre maggior diffusione di pellicole hard, che tolsero l’arma di punta della morbosità a molti generi di nicchia.

Le scomunicate di San Valentino

Nunsploitation, il cinema conventualeSacred flesh

Ogni tanto arriva qualche pellicola conventuale, di ben altro spessore rispetto alle origini; è il caso di Magdalene film del 2002 scritto e diretto da Peter Mullan, che affronta la difficile tematica degli abusi subiti da orfane, da donne considerate perse ricoverate nelle case Magdalene. Un atto d’accusa durissimo, per un film tra i più validi dell’ultimo decennio, ma che appartiene a questo genere solo perchè tratta di religiose, di frustrazione, di sadismo.

Eva Grimaldi in La monaca del peccato

Anne Heywood in Le monache di Sant’Arcangelo

Il genere nunsploitation non ha prodotto capolavori, com’era scritto già in partenza; troppo preponderante l’elemento erotico per poter pensare di ricavarne pellicole di valore.
Tuttavia resta come fenomeno di costume, e quà e la in alcuni film emerge una carica trasgressiva che avrebbe potuto essere sfruttata meglio.

Nunsploitation, il cinema conventualeMagdalene, splendido e duro atto d’accusa contro le Magdalene sisters

Nunsploitation, il cinema conventuale

 


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