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Nuova alga mangia CO2

Creato il 13 giugno 2013 da Webcla
Nuova alga mangia CO2

La diversità genetica è il segreto della straordinaria adattabilità che permette all'alga 'mangia CO2', Emiliania huxleyi (Ehux), di essere presente ovunque negli oceani, dai Poli all'Equatore. A indicarlo è la mappa del Dna di questo microrganismo, nel quale solo una porzione del patrimonio genetico è comune a tutti gli individui della specie.

La ricerca, pubblicata su Nature, è stata condotta per sette anni da un gruppo di 75 ricercatori di 12 Paesi guidato da Betsy Read, dell'università statale della California a San Marcos.
Scoprire i 'trucchi' genetici con cui la microscopica alga riesce ad adattarsi così bene, potrebbe aiutare a prevedere come il clima potrà essere influenzato in futuro dall'aumento delle emissioni di carbonio prodotte dalle attività industriali, che acidificano gli oceani e li modificano.
Famosa per le sue spettacolari fioriture turchesi visibili anche dallo spazio, quest'alga unicellulare è uno dei più interessanti microrganismi degli oceani e svolge un ruolo importantissimo. Dai tropici agli oceani polari, mangia CO2 e contribuisce a produrre l'ossigeno che respiriamo. Queste alghe usano la CO2 per la fotosintesi e come sottoprodotto del processo producono ossigeno. Non solo: utilizzano il carbonio contenuto nella CO2 in combinazione con il calcio per costruire i loro gusci esterni. Le alghe Ehux appartengono infatti ai coccolitofori, organismi ricoperti da scaglie di carbonato di calcio. L'accumulo degli scheletri esterni di queste alghe ha dato vita, per esempio, alle scogliere britanniche di Dover.

Mappando il Dna di 13 diversi ceppi i ricercatori hanno scoperto che l'alga Ehux possiede un cosiddetto pan- genoma: solo un terzo del materiale genetico è condiviso fra i diversi ceppi, mentre le altre sequenze di Dna sono diverse da ogni ceppo e dipendono dalla posizione geografica e dalle diverse condizioni di vita delle alghe. E' la prima alga a possedere un genoma di questo tipo, finora riscontrato solo in alcuni batteri marini.


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