Le tensioni sono aumentate drasticamente nella penisola coreana dopo il lancio da parte di Pyongyang di un razzo ICBM nel dicembre 2012. La Corea del Nord, un paese noto per le sue minacce di guerra, ha lanciato le sue provocazioni bellicose a dispetto della condanna internazionale. Oggi, il motivo dell’impiego di queste strategie è argomento di dibattito e analisi. Non è la prima volta che la Corea del Nord minaccia i suoi vicini con un conflitto militare. Storicamente, questi episodi di sfida sono stati seguiti da periodi di conciliazione ̶ uno schema familiare al Generale statunitense Martin E. Dempsey, presidente del Joint Chiefs of Staff. Anche questa volta si ripeterà la stessa storia? Sembra improbabile, per una serie di motivi.
Primo, le minacce della Corea del Nord hanno raggiunto nuove portate. Il paese ha affermato il suo ruolo politico di potenza nucleare, annullando l’armistizio firmato con gli Stati Uniti nel 1953 e minacciando Washington con una guerra nucleare. Secondo, queste ostilità non sono state accolte con politiche di riappacificazione da parte di Washington e Seoul, a differenza del 2010, dopo l’affondamento della fregata di Cheonan e il bombardamento dell’isola Yeonpyeong. Questa volta, entrambi i paesi hanno riconfermato la loro alleanza Stati Uniti- Corea del Sud e hanno messo in guardia Pyongyang sulla possibilità di eventuali rappresaglie e attacchi preventivi in caso di aggressione. Terzo, la posizione indipendente della Corea del Nord sembra aver infastidito la sua unica alleata, la Cina. Questo mette in dubbio un futuro aiuto economico di Pechino e un sostegno politico a Pyongyang, l’ancora di salvezza del regime di Kim Jong-un. Tutte e tre le dinamiche indicano che la crisi attuale è più pericolosa e incline a peggiorare.
Eppure, la strategia della Corea del Nord potrebbe ancora, paradossalmente, aprire nuove prospettive di pace e stabilità nella penisola. La Corea del Nord non è monolitica e non è irragionevole. Non ha interesse a far scoppiare una guerra, dato lo sfavorevole equilibrio di potere con la sua vicina al sud e le forze statunitensi. Analizzando la situazione attuale da un punto di vista differente, si può dare un senso e una direzione al comportamento aggressivo e rischioso di Pyongyang. Kim Jong-un e la sua cerchia di generali e burocrati del partito oggi sono più determinati a mantenere in piedi il regime rispetto a prima: l’evoluzione del contesto internazionale e nazionale del paese li ha spinti ad affrontare nuove salienti sfide. La transizione del potere in Corea del Nord non può essere avvenuta così facilmente come si è immaginato e il sistema governativo della nazione è totalmente fuori contesto rispetto al resto del mondo. Inoltre, sono assolutamente necessarie delle riforme economiche, non solo per raggiungere “potenza e ricchezza”, ma semplicemente per riuscire a contenere una popolazione che si affida al “mercato grigio” per sopravvivere. A livello internazionale, il cambiamento di leadership negli stati vicini, fra cui la Cina, ha messo il paese a rischio emarginazione. La situazione si è acuita ora che il cosiddetto pivot di Washington sta guadagnando terreno nella regione e oltre.
L’atteggiamento aggressivo di Pyongyang potrebbe servire a due scopi diversi. In primo luogo, il governo potrebbe usare l’aggressione esterna per sviare i controlli interni mentre applica delle riforme. La legittimità del potere di Kim Jong-un si basa su un’ideologia totalitaria e le riforme economiche potrebbero attrarre critiche sulla figura di Kim e le sue capacità come leader. Potrebbe essere visto come un dirigente sostituibile, piuttosto che come il difensore dell’ortodossia dottrinale. Un esempio di questa strategia fu la guerra del 1979 della Cina con il Vietnam, che fu usata per mobilitare gli elettorati nazionali dietro le riforme di Deng Xiaoping. In secondo luogo, Pyongyang potrebbe provare a sostenere la sua posizione nel panorama internazionale impiegando la strategia del “provoca prima e tratta dopo”. Da una parte, manifestare il suo status come potenza nucleare rinforza la sua capacità di dissuasione. Dall’altra, potrebbe essere un tentativo di giocare alla pari con gli Stati Uniti. Di questo passo l’annullamento unilaterale dell’armistizio del 1953 potrebbe rappresentare più di un semplice atto di guerra. Potrebbe essere una manovra da parte di Pyongyang per spianare la strada verso una nuova fase di trattative con gli Stati Uniti.
La Corea del Nord è giunta a un bivio: questa crisi, intensa com’è, potrebbe rappresentare un punto di svolta per la penisola. Potrebbe aprire la strada alle riforme economiche e a alla normalizzazione diplomatica per Pyongyang. Tuttavia, queste sono solo ipotesi e, in ogni caso, gli obiettivi della strategia nord coreana sono molto pericolosi. Sebbene nessun paese voglia che questo accada, la tensione può portare alla guerra.
(Traduzione dall’inglese di Chiara Pasquin)