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Nuove torri d'avorio (SB - Cap.7)

Creato il 07 gennaio 2011 da Mcnab75
Nuove torri d'avorio (SB - Cap.7)

Buon 2016, tanto per cominciare.
 

Nelle settimane precedenti Cristina ha descritto ciò che rimane di Milano. La mia città. Lì sono nato, lì ho lavorato per anni. Quando me ne sono andato per rifugiarmi in montagna, Milano era già nel caos. C'erano presidi militari, rastrellamenti delle comunità etniche, manifestazioni di piazza contro il Governo, ma anche i cortei dei fanatici dello Yellow Panic. Dell'evacuazione disordinata e definitiva ne ho letto sul Web. Proprio Cristina fu una delle ultime a mettere online delle foto molto esplicite di quell'evento, quando già l'avevano licenziata da SkyTG24 su richiesta del Premier.

In effetti la città è un disastro. Credo che in questi mesi la situazione sia ulteriormente degenerata, complici gli allagamenti e alcuni incendi che nessuno ha potuto estinguere. Chiunque in passato ha scritto un romanzo catastrofico ambientato nel capoluogo lombardo non ha considerato i tanti problemi che invece mi trovo davanti agli occhi. I tunnel della metropolitana sono in gran parte sommersi, l'asfalto delle strade è pieno di buche simili a piccoli crateri; le auto abbandonate rendono quasi impossibile attraversare alcuni quartieri in altro modo se non a piedi.

 

Per fortuna il rifugio del gruppo di Cristina è abbastanza sicuro. Non posso dirvi di preciso dove si trova. Qualcuno, diciamo non troppo ben intenzionato, potrebbe conoscere il mio blog. Vi basti sapere che si tratta di un edificio a sé stante, in stato di relativo isolamento, e facilmente difendibile. Dispone di un generatore fotovoltaico, di finestre e porte protette da inferriate e di un terrazzino recintato che può fungere tanto da via di fuga quanto da ultimo bastione.

Qui vivono in tre, ma all'inizio erano in sei. Cristina e Max sono colleghi, nel senso che entrambi hanno lavorato su un portale di controinformazione, prima che la mia amica diventasse famosa coi servizi sui Gialli a Milano. Max ha circa quarant'anni e sembra il classico hippie che non vuole crescere. A pelle non mi sta molto simpatico (oddio, spero che non legga questo articolo), ma senz'altro è uno che sa il fatto suo. L'ultimo membro del terzetto è Silvio Santini. Odia talmente tanto il vecchio premier italiano che preferisce farsi chiamare solo per cognome. È un ex bibliotecario di cinquant'anni. Pacato, riflessivo, razionale, dà l'idea di avere una cultura poliedrica.

  

Manuel è chiuso in una sorta di ripostiglio dalla porta rinforzata. Non ha nemmeno protestato quando Max ha scoperto il morso sul braccio. Io fatto finta di non saperne nulla, ma negli occhi del filippino ho letto la sua consapevolezza. Ho fatto bene a tacere con lui e con Luigi? Avremmo dovuto parlarne e studiare un'alternativa? Domande senza senso, oramai. Forse Manuel sperava che Cristina e soci ci accogliessero senza sottoporci a un esame d'ammissione. In tal caso il suo comportamento sarebbe stato peggiore del mio. Avere un contagiato “occulto” in un gruppo di sani è sempre pericoloso, anche quando non manifesta sintomi di rabbia e demenza.

Sta di fatto che siamo qui da sei giorni, e nessuno ha ancora deciso cosa farne di Manuel. Proprio ieri ha iniziato a mostrare insofferenza, aggressività, perdita di appetito. Sono i segnali del prione che cavalca nel suo organismo. Oramai non gli portiamo più il cibo in stanza, bensì glielo passiamo attraverso la “gattaiola”. Luigi è sconvolto da ciò che è successo al suo badante, che considera più o meno come un figlio. Il vecchio parla pochissimo e spesso lo scopro in lacrime, seduto sulla sua branda. È irriconoscibile.

Del resto Cristina e soci sono molto cauti quando si tratta di contagiati. Una loro ex compagna, Darlene, si era infettata durante una delle uscite in città. L'hanno chiusa nello stesso ripostiglio di Manuel, ma una notte è riuscita a uscire, ha ammazzato il tizio che la sorvegliava ed è fuggita. Tutto ciò prima di diventare una Gialla al 100%.

 

Cristina ci aveva dato le coordinate su dove incontrarci. Non direttamente al rifugio, ovviamente, bensì allo svincolo di Cormano, sulla A4. Strada facendo non abbiamo incontrato quasi nessuno. Sì, c'erano dei Gialli, di tanto in tanto, ma erano gruppetti minuscoli, che vagabondavano nei dintorni dell'autostrada. A volte non hanno nemmeno tentato di correrci appresso, tanta era la distanza tra noi e loro. Lo svincolo invece era deserto. Nemmeno il tempo di fermarci e Cristina (che però indossava una maschera da sci, e quindi era irriconoscibile) è uscita allo scoperto puntandoci contro un revolver dall'aria minacciosa. Il tempo di capire che ero davvero io, “quell'Alex”, e ha abbassato l'arma. Lei era lì con una piccola Citroen C-Zero elettrica, gibollata e sporca, ma molto funzionale. Ci ha fatto strada, tagliando per via assurde. Abbiamo evitato interi quartieri in cui l'acqua stagnante supera il mezzo metro d'altezza, e altri in cui i cadaveri putrescenti formano una sorta di tappeto sull'asfalto. I Gialli li vedevamo di tanto in tanto, ma mai così vicini da costituire un pericolo. Poi, alla fine, siamo arrivati qui.

 

Cristina all'inizio è stata una delusione. Si comportava con freddezza e distacco, supportata da Max, che non sembra avermi preso in gran simpatia. La scoperta di essermi portato dietro un contagiato (Manuel) non ha certo facilitato le nostre relazioni. Né il mio carattere introverso ha aiutato a rompere il ghiaccio. Per i primi due giorni io e Luigi ci siamo limitati a fare gli “ospiti sorvegliati” del gruppetto della ragazza. Pochissima interazione, se non con Santini, che si è prodigato nello spiegarmi come mandano avanti il rifugio. È chiaro che l'ex bibliotecario è ben lieto di avere qualcuno di nuovo con cui chiacchierare. La mia penpal giornalista si è invece intenerita davanti allo shock emotivo subito da Luigi nello scoprire che Manuel era infetto dal Lee-Chang. Ammetto con un po' di vergogna che ero perfino geloso di lui.

Poi, pian piano, Cristina ha iniziato ad aprirsi anche con me, come faceva via mail. La molla che ha fatto scattare il tutto è stata quando ho iniziato a farle domande sulle foto che ho intravisto sul suo portatile. Foto (e video) della Milano post-pandemica. Sono scatti che partono dal 2012 e arrivano a oggi. Cristina ha immortalato la lunga agonia della città: dai cortei di protesta, agli sgomberi effettuati da Carabinieri e Polizia, passando poi per i primi “outbreak” di Gialli nei quartieri popolari, fino ad arrivare all'evacuazione, tardiva e caotica. Le foto più suggestive sono quelle del 2015. Posso solo immaginare come sia stato pericoloso scattarle. Quando la mia amica mi ha visto così interessato ha iniziato a spiegarmi la storia di ogni immagine, e il fine ultimo di quel suo lavoro: documentare l'Apocalisse.

« Qualcuno prima o poi tornerà qui, quando i Gialli saranno morti di stenti. Magari ci vorranno cinquant'anni, o anche più, ma Milano tornerà in mano ai superstiti della nostra specie. E, a quel punto, dovranno vedere com'era la città in passato. Si dovranno comportare da storici e archeologi. Queste foto li aiuteranno. » Poi Cristina mi ha rivelato di aver già inviato alcune foto a un giornalista australiano che ogni tanto riesce a violare la censura imposta dal suo Governo. Un domani, quando i canguri decideranno di ricordarsi che esiste anche il resto del mondo, qualcuno pubblicherà le foto della reporter, e tutti vedranno cosa è successo nella città che veniva considerata “la capitale mondiale della moda”.

Insomma, credo sia superfluo dirvelo, ma la missione che si è autoimposta Cristina l'ha aiutata a sopravvivere. Tra l'altro non è una cosa che riguarda solo lei, bensì tutti i membri del suo gruppetto, anche quelli morti o contagiati, come Darlene. In pratica, quando le cose qui andavano a puttane, hanno deciso di costituire una sorta di “redazione postapocalittica”, e di rimanere in città a documentare ciò che sarebbe successo.

 

Dopo il mio post in cui parlavo del Progetto Rondine, Cristina, Max e Santini hanno cercato tutte le informazioni possibili in Rete. Il Web però non è più come una volta. Laddove funziona ancora decentemente, Regno Unito, Australia, Argentina, Sudafrica, ci sono dei filtri governativi che impediscono la fuga di notizie riservate. Russia e Cina sono anche peggio: quel che rimane di quei paesi assomiglia senz'altro più a una dittatura assoluta, che non ad altro. In Cina il Web è addirittura proibito. Ma sto divagando. Quel che volevo dire è che i tre giornalisti non hanno scoperto granché. E quel poco che hanno trovato li ha invogliati ad appoggiare il nostro folle piano di approcciare i commando del SAS britannico. Almeno inizialmente.

Non posso dirvi ancora tutto. Cristina mi ha rimproverato perché rivelo troppi dettagli sul blog, dettagli che qualcuno potrebbe usare per scovarci e farci del male. Quindi, per il momento, starò sul vago. Una cosa però posso dirvela. Il neurologo che interessa al Governo Cameron si nasconde, insieme ad altri sopravvissuti, nel grattacielo noto come “Torre B” del complesso Torri Garibaldi, che si trovano nei pressi dell'omonima stazione. L'edificio, finito di ristrutturare (a differenza del suo gemello, la Torre A) nel 2012, era inizialmente pensato come sede degli uffici di società legate all'Expo 2015. Visto come precipitavano le cose già in quei tempi, qualcuno pensò di trasformarlo in una possibile roccaforte da utilizzare qualora le cose fossero precipitate. Ovviamente senza pubblicizzare la cosa. Sta di fatto che, al momento dell'evacuazione della città, un gruppetto di ricconi con relativo seguito di familiari e guardie private si barricò nella Torre B. Tra di loro c'è il Presidente della Regione Lombardia, qualche pezzo grosso del mondo finanziario milanese e il “nostro” neurologo, il professor Gianni Boile. A quanto pare ciò che gli consente di rimanere in quell'élite non è il denaro, bensì il fatto di essere stato uno dei primi scienziati europei a studiare il morbo di Lee-Chang. Senza grandi risultati, a quanto pare. Ma i ricconi devono aver pensato che fa sempre comodo avere un esperto in materia.


Nuove torri d'avorio (SB - Cap.7)

 

Cristina ha scattato diverse foto della Torre B, senza però mai avvicinarsi a portata di cecchino. Da quel che sa l'edificio è completamente autosufficiente. Dispone di pannelli fotovoltaici che rivestono la facciata sud-ovest della torre per una superficie di 420 mq, con funzione anche di frangisole. L'energia elettrica prodotta è di circa 35.300 kwh/anno di potenza media. Ha dei pozzi per lo sfruttamento dell'acqua di falda quale fluido scambiatore. Una centrale termofrigorifera a pompe di calore sfrutta la differenza di temperatura dell'acqua e alimenta l'impianto di climatizzazione. Delle vasche di raccolta dell'acqua piovana consentono una certa indipendenza idrica, tra l'altro già in parte garantita dai pozzi per lo sfruttamento dell'acqua di falda. A quanto pare la torre dispone anche di un camino solare (anche se non ha capito bene che cos'è) e di alcune serre bioclimatiche realizzate sul terrazzo.

Dei 23 piani solo quelli intermedi sono abitati. Il grattacielo dispone anche di un ampio parcheggio sotterraneo, collegato con dei tunnel alla vicina stazione di Porta Garibaldi. Tutto lascia però presupporre che gli inquilini di Torre B abbiano chiuso le grate per isolarsi da eventuali attacchi dal basso.

 

Dalle ultime informazioni ricavate da Cristina (e, anche qui, non posso rivelarvi come), nel grattacielo-fortezza dovrebbero esserci ventotto civili e dodici guardie private, veri e propri mercenari armati ed esperti. Nelle prime settimane dopo l'evacuazione il Presidente credeva di potersi ergere a salvatore dei pochi che erano rimasti in città, o qualcosa del genere, tanto da trasmettere dei comunicati via radio dalla stazione multimediale di Torre B. La voglia di giocare al Messia gli è passata presto, quando una banda di razziatori ha tentato di assaltare il palazzo. Da allora nessuno ha più trasmesso sulle frequenze locali, ma i suoi primi annunci radiofonici sono bastati per rivelare molti dettagli utili agli ascoltatori attenti. Quali sono, per esempio, i membri del gruppo di Cristina.

 

Ieri la reporter mi ha convinto a fare una ricognizioni dalle parti della Torre B. Max non era d'accordo a lasciarci andare da soli e ha fatto storie, ma alla fine Santini gli ha chiesto di fidarsi di me. L'ex bibliotecario è colui che ha l'ultima parola, in caso di diatribe del genere, anche se la leader è senz'altro la Riccione.

In realtà io stesso avevo una paura folle di gironzolare per Milano, tuttavia (sarò scemo?) non volevo fare la figura del codardo, perciò ho accettato la proposta di Cristina fingendo addirittura entusiasmo. Per fortuna la temperatura esterna oscillava attorno agli zero gradi, perciò era lecito sperare che i Gialli sarebbero rimasti rintanati nelle loro fetide tane. E poi la ragazza sembra conoscere quelli che chiama “percorsi sicuri”, tanto che è sempre lei a fare da scout quando c'è da uscire. Spesso lo fa anche da sola.

Se non altro quell'escursione mi avrebbe distratto dai pensieri su Manuel, ancora chiuso in quel ripostiglio ad aspettare che il morbo faccia il suo corso.

Abbiamo preso la C-Zero elettrica, che i miei nuovi compagni ricaricano col generatore del rifugio, quando fuori fa abbastanza freddo da poter rischiare un'operazione del genere (qui non c'è né un box né un garage in cui sistemare il veicolo). L'auto è silenziosa e pratica, anche se a me non trasmette sicurezza come la mia vecchia Wrangler. Per molti versi sembra fatta di cartone.

Siamo usciti armati delle sole pistole. In compenso Cristina indossava un completo protettivo a base di indumenti da motociclista, con una maschera da sciatore a difesa degli occhi. Roba da far impallidire i miei occhiali dieselpunk e il giaccone imbottito che mi porto dietro fin dai primi giorni da survivalista. C'è da dire che lei e i suoi soci sono organizzati piuttosto bene. Forse dopo aver perso ben tre compagni si sono messi a fare davvero sul serio.

Così bardati ci siamo allontanati dal rifugio, muovendoci con circospezione sulle strade rovinate e ingombrate dalle carcasse dei veicoli abbandonati. Il paesaggio urbano è spettrale, spaventoso, ma anche morbosamente affascinante. Case, palazzi e negozi se né stanno lì, guardandoci passare come se fossero cadaveri mummificati di giganti. Quasi tutte le vetrine sono spaccate, le porte sfondate, le finestre distrutte. Alcune strade sono allagata. A volte l'acqua è alta appena pochi centimetri, ma in alcuni casi arriva addirittura a un metro. A quanto pare oltre il 70% delle stazioni della metropolitana sono sono oramai sommerse, impraticabili. Un paio di forti nubifragi nei mesi post-evacuazione hanno complicato ulteriormente la situazione. In alcuni punti le erbacce e i rampicanti stanno riprendendo il possesso della città. Così come gli animali. Oltre ai ratti, ci sono in giro un sacco di randagi, sia cani che gatti. Per non parlare dei piccioni. Sono migliaia.

Di Gialli non ne abbiamo incontrati. Non faccia a faccia, quantomeno. Ogni tanto ne vedevamo alcuni lungo le strade laterali, quelle che Cristina evitava con cura. Qualcuno ha provato a rincorrerci, ma il freddo e l'asfalto danneggiato ha reso inutile ogni loro tentativo. Di razziatori, per fortuna, nemmeno l'ombra.

Ci siamo fermati sul cavalcavia Bussa, da cui si vede tutto il complesso della stazione di Porta Garibaldi. Un luogo che ho frequentato per anni. Vederlo così deserto mi ha estraniato, come Dave Bowman davanti al monolite nero. Lo snodo ferroviario, il secondo per grandezza qui a Milano, è oramai una colonia di piccioni e corvi. Devono essersi saziati coi cadaveri spoltati disseminati qua e là

Le Torri sono proprio davanti al cavalcavia. Per non farci notare da eventuali sentinelle abbiamo deciso di rimanere all'estremità opposta della strada, nascosti dietro la sagoma massiccia di un camion della nettezza urbana abbandonato tra altre carcasse d'auto. Col binocolo non ci ho messo molto a notare ciò che Cristina ci teneva a farmi vedere: le prove di quanto mi ha raccontato nei giorni scorsi. Mentre la vicina Torre A è evidentemente abbandonata (con tanto di gru penzolanti di fianco a essa), la B è abitata. Le finestre a specchio non permettono di sbirciare all'interno, ma ho intravisto i bagliori delle luci elettriche accese, più o meno attorno all'undicesimo piano. A un certo punto è perfino sbucato un tizio sul tetto, vestito di nero, con tanto di passamontagna in testa e fucile d'assalto in spalla. Mentre fumava una sigaretta si guardava intorno, con la tipica arroganza di chi sapeva di essere al sicuro.

Siamo rimasti lì per una ventina di minuti. Il cavalcavia era libero dai Gialli (non c'erano nemmeno cadaveri), ma di tanto in tanto nella città morta risuonavano i loro latrati catarrosi, tipici di quando si lanciano a caccia. A dire di Cristina, ora che il cibo umano scarseggia, quei mostri si accontentano di inseguire cani e gatti randagi, o perfino i ratti che prolificano ovunque. In attesa che anche gli ultimi superstiti di Milano mettano fuori il naso dai rifugi, cosa che prima o poi accadrà.

 

Dunque la Torre B è davvero una roccaforte per pochi intimi. L'élite sopravvissuta al crollo della città. A quanto pare non è l'ex Presidente della Regione, ****, a comandare, bensì il tizio che ha finanziato la ristrutturazione e la fortificazione del grattacielo, un magnate delle telecomunicazioni. Max mi ha spiegato che finora gli inquilini del grattacielo non hanno mostrato nessuna intenzione di interagire col mondo esterno, né di aiutare i loro simili più sfortunati. Poi, all'improvviso, hanno ripreso a trasmettere sulle frequenze radio d'emergenza. Cristina ha registrato il messaggio. Ecco ciò che dice:

« Torre B e il Presidente **** stanno per aprire le porte a tutti gli abitanti di Milano ancora residenti in città e non contagiati dal morbo di Lee-Chang. Chiunque desideri ricevere riparo e assistenza si presenti dal giorno nove gennaio a uno degli ingressi della torre, disarmato e in compagnia di massimo due persone. Verrete accolti e messi in quarantena preventiva in un'apposita zona del grattacielo. Sarete riforniti di cibo, acqua, cure mediche e psicologiche. Una volta verificato il vostro stato di salute, vi potrete integrare col resto della nostra comunità. Ricordate: dal giorno nove gennaio saremo pronti ad accogliervi. »

 

Sconcertante, non trovate? Sconcertante e ben poco credibile. Soprattutto alla luce di certe cose che mi ha confidato Cristina, e che non vi posso ancora dire. L'imminente missione dei SAS in terra meneghina ha a che fare con questo spontaneo gesto di bontà degli inquilini di Torre B? Molto probabile. Così come è probabile che dovremo scordarci ogni speranza che gli inglesi possano portarci a casa loro, lontani da questo paese morto, da questa terra infetta. Alla faccia del piano ingenuo che io, Manuel e Luigi avevamo discusso per giorni.

E allora perché sono qui a preoccuparmi tanto di quanto accade in quel maledetto grattacielo? Forse, direte voi, nutro la piccola speranza che l'appello del “Presidente” sia davvero dettato da buoni propositi. Proprio ora, dopo mesi e mesi di isolamento totale da parte dell'élite chiusa in quell'edificio? Non sono così stupido. Non credo più alle favole da anni.

Molto più facile credere a un loro patto con qualche rappresentante del Governo Cameron. Patto in cui, ne converrete, sembrano giocare un ruolo fondamentale i sopravvissuti milanesi che i tizi della Torre B stanno cercando di attirare nel loro fortilizio. Altrimenti perché accollarsi un tale rischio?

 

Non avrei mai pensato di essere coinvolto in una faccenda del genere, ma è evidente che il mondo è molto diverso da quello che conoscevo, in cui tutti potevano sempre delegare i problemi a qualcun'altro. Cosa che, lo devo ammettere, io stesso facevo regolarmente.

Cristina ha un piano. E io, oramai l'avrete capito, sono molto suscettibile al carisma della ragazza.

 

Manuel si lamenta ogni tanto batte i pugni sulla porta. Però non implora mai, non piange. Sa cosa lo aspetta e, quando tenta di ottenere l'attenzione di Santini (il più sensibile in materia), chiede solo di potersene andare da solo, a cercare il suo destino in città. Ma so che non lasceranno andare. Il filippino sa dove siamo e potrebbe rivelarlo a qualcuno. Quindi? Cosa ne sarà di lui quando il morbo peggiorerà?

Piuttosto che immaginare la risposta a questo interrogativo, e la reazione che potrebbe avere Luigi, preferisco assecondare il piano di Cristina. Perché lei vuole me, alla faccia di Max e della sua gelosia. Mi vuole per entrare in quel maledetto grattacielo, non fraintendete.

 

Sapete una cosa? Credo proprio che l'accontenterò.


Nuove torri d'avorio (SB - Cap.7)


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