Aumentano le attivazioni di nuovi contratti di lavoro. Una buona notizia, molto più in un periodo di prolungata crisi occupazionale (l’Italia presenta ancora un tasso di disoccupazione piuttosto alto). Il saldo (attivazioni-cessazioni) risulta così in attivo nel mese di marzo, secondo i dati (comunque provvisori) del ministero del Lavoro. Il saldo è attivo per 92.299 unità, a fronte delle 641.572 nuove attivazioni e delle 549.273 cessazioni, per un incremento rispetto al 2014 pari a 21.540 unità. Di questi il saldo dei nuovi contratti stabili è positivo per 31.370 unità. L’effetto combinato di decontribuzione prevista dalla Legge di Stabilità e tutele crescenti del Jobs Act comincia perciò a dare i primi risultati: l’incidenza dei contratti a tempo indeterminato si attesta al 25,3% (era del 17,5% a marzo 2014). I dati, non definitivi e al netto del lavoro domestico e della Pa, snocciolati dal governo fanno il paio con le stime di pochi giorni fa del Centro Studi Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa). Secondo la Cna, infatti (su un campione di 20.500 Pmi), le assunzioni a marzo sono risultate nelle piccole imprese 3.245, vale a dire l’8,6% in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno. L’aumento dei contratti stabili, in particolare, è stato del 54,6%. In generale, però, non sempre le nuove attivazioni di contratti corrispondono a effettivi nuovi posti di lavoro. I rapporti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato sono stati 40.034, sempre secondo il ministero del Lavoro, un numero ad ogni modo ragguardevole se si considerano le 22.116 trasformazioni di marzo 2014. Per creare nuova occupazione, capace cioè di rilanciare il mercato del lavoro, è necessario che l’economia ritrovi slancio, superando almeno gli strascichi più pesanti della crisi economica. L’Italia è reduce da una lunga fase recessiva, con ripercussioni sul tasso di posti vacanti, ovvero il rapporto percentuale tra i posti vacanti e la somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate. Il tasso di posti vacanti si è attestato stabilmente allo 0,5% nel 2014, secondo le rilevazioni Istat. Un’economia in flessione crea aspettative negative alle imprese, che perciò riducono la produzione. Allora non si cerca personale, né si rende possibile l’apertura di nuovi posti. Il trend è destinato a cambiare attraverso una ripresa duratura e condizioni più favorevoli alle imprese allo scopo di incentivare nuove assunzioni.
(anche su T-Mag)
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