“Nuovi Salmi” è un’iniziativa editoriale sui generis. Centocinquanta poeti riscrivono i 150 salmi del salterio biblico, dando vita ad una sinfonia di voci e sensibilità. L’opera è nata dall’intuizione di Giacomo Ribaudo e Giovanni Dino, dell’associazione siciliana “Cieli nuovi e terra nuova”, nell’ambito delle iniziative di dialogo tra vangelo e cultura. I salmi della Bibbia rappresentano il vertice della lirica religiosa di Israele. Queste preghiere in forma poetica hanno nutrito e nutrono la spiritualità degli ebrei, di Gesù di Nazaret e dei cristiani. Dal punto di vista stilistico si tratta soprattutto di inni, suppliche (collettive e individuali) e ringraziamenti, ma talvolta questi generi si mischiano. Mentre gli inni cantano la gloria di Dio, le suppliche sono indirizzate a lui, con un grido di aiuto per una situazione di sofferenza o pericolo a cui si accompagna a una preghiera o a una manifestazione di fiducia.
Tra i 150 poeti, troviamo l’elbana Maria Gisella Catuogno che riscrive il salmo 142 (143 in alcune versioni della Bibbia). Si tratta della supplica umile e fiduciosa dell’oppresso che viene riletta centrando l’attenzione sullo scontro con le diverse facce del male e sull’atteggiamento di fiducia in Dio. Il male è l’ambiente deturpato dalla mano dell’uomo (ricordiamo che la poetessa vive nella splendida isola maggiore dell’Arcipelago toscano). Il male è ciò che si fa contro l’uomo: oppressione, ingiustizia, disuguaglianza. Ma il male è anche l’indifferenza, l’omissione dell’uomo che volge altrove lo sguardo, preoccupato solo dei propri interessi. Di fronte a tutto questo cresce il senso di impotenza. Ma non è possibile arrendersi, anche solo per il senso di responsabilità che l’autrice (insegnante di scuola superiore) avverte verso le generazioni future. Ecco allora l’attesa: “A te tendo le mie mani nude / levigate dal tempo / e dalle carezze date e ricevute; / davanti a te mi sento / come terra assetata che aspetta / paziente la pioggia che rigenera”.
Alla fine ciò che davvero si desidera con tutto se stesso è l’incontro con il volto dell’Amato, che da sempre cerca l’uomo per comunicargli vita. E’ l’esperienza che fa compagnia al credente: gustare l’amore, sin dalle prime luci del giorno, per affrontare la vita con il carico di insidie, interrogativi e opportunità. E così la vita si fa canto (“A te, infatti, s’innalza il canto mio!”), canto di fede e di speranza. E’un canto-restituzione, sulla falsariga del poeta Turoldo che restituisce nel canto il dono della vita. Ma c’è anche l’impegno a cambiare, esigenza di liberazione da ciò che ostacola la piena umanizzazione: disamore, indifferenza, egoismo facile. Bella e consolante la sottolineatura dell’esperienza di abbandono fiducioso in Dio “come un bambino nel grembo della madre” (la poetessa ha tre figli). Perché si è consapevoli che Dio vuole il bene dei suoi figli e li vuole liberi da ansia e angoscia. Perché Dio crede nell’uomo e lo ama gratuitamente. E non può essere diversamente dato che non possono venir meno le caratteristiche del Dio biblico: la sua fedeltà all’uomo; la sua giustizia-misericordia; l’immensità di bene. E da questa esperienza profonda scaturisce il desiderio di collaborare con lui nella difesa della vita e nella promozione degli ultimi.
In conclusione, può essere utile sapere che fra i centocinquanta poeti ce ne sono di credenti di varie fedi, agnostici e non credenti. Ma quello che importa, come afferma G.Dino, è che si tratta di poeti, cioè uomini liberi, esploratori, agitatori di interrogativi, uomini controcorrente, figli e interpreti del proprio tempo.
Nunzio Marotti
Salmo 142
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera!
Te lo chiedo per la fedeltà all’uomo
che in ogni tempo mi hai sempre dimostrato;
te lo chiedo per lo spirito di giustizia
che sempre traspare –purissimo cristallo-
dalle tue azioni e dalle tue parole. .
Non mostrarti, ti supplico, giudice severo,
perché davanti a te, immensità di bene,
chi può dirsi puro ed innocente?
Chi può definirsi, anche lontanamente, giusto?
Lo vedi il male che mi circonda?
E’ manto nero che m’opprime
è pietra posata sul cuore
è marea che sale e m’annega.
Lo vedi, Signore, come l’uomo
ha ridotto la bella Madre Terra
la perla della tua creazione?
Dove svettavano alberi e cantavano usignoli
dove correvano fiumi e riposavano laghi
ora sono padroni cemento arroganza e bruttura.
Si sciolgono i ghiacciai, avanza il deserto
è depredato continuamente il mare
dei suoi pesci, dei suoi coralli, delle sue creature grandi.
Ma ancora peggio, Signore,
è quel che fa l’uomo all’uomo!
Lo sai che esistono ancora
schiavi, oppressi e derelitti?
Che i frutti della Terra Madre
sono avvelenati o mal divisi
e pochi hanno moltissimo
e troppo poco gli altri?
E che anche chi cattivo non è
non è abbastanza pronto
a dare, a condividere, a lottare
a guardare negli occhi
chi soffre e chi non ha
ma distoglie lo sguardo e rifiuta l’ascolto?
Mi manca il respiro, Signore,
davanti a tanto male
e il cuore è ferito
da acuminati aghi di ghiaccio:
mi sento impotente
di fronte allo sfacelo
e in colpa per il mondo
che lascerò ai miei figli.
Mi ricordo il passato
la verde speranza nel domani
e come belli hai tu creato
i giorni che stiamo rovinando!
A te tendo le mie mani nude
levigate dal tempo
e dalle carezze date e ricevute;
davanti a te mi sento
come terra assetata che aspetta
paziente la pioggia che rigenera.
Mandamela, mio Dio,
fa’ che non soccomba
nel deserto dei cuori e delle menti!
Non permettere che mi manchi
il respiro, l’aria che ci hai regalato
-pura- a piene mani.
Non negarmi la dolcezza del tuo volto
perché io non sia
il cadavere che scende nella fossa!
Fin dall’aurora, coi suoi petali rosa,
fa’ che il tuo amore mi scaldi
come se già il sole brillasse:
in questo confido, o mio Signore!
Indicami il sentiero da percorrere
e che non sia, se puoi, troppo impervio.
A te, infatti, s’innalza il canto mio!
Liberami, o Signore, dal disamore
dall’indifferenza, dall’egoismo facile:
in te cerco protezione
come un bambino nel grembo della madre.
Fa’ che accetti il tuo volere
senza ribellarmi, senza sospirare
perché tu, o Signore, sei il mio Dio Buono
e vorrai guidarmi in una terra agevole
in un altopiano più vicino al cielo.
In nome del tuo Nome, Signore,
donami la vita piena e libera dal male;
in nome della tua giustizia
sollevami dall’ansia e dell’angoscia.
Abbatti il male fisico e morale
per la mia fede in te e per quella,
generosa, che tu riponi in me!
Sconfiggi gli arroganti, i despoti, i violenti;
dammi la forza e il coraggio
d’aiutare il Bene a vincere
per essere degna
d’abitarti nel cuore
felice serva di libertà e d’amore!
Maria Gisella Catuogno
11.02.2011