A lui vengono ora contestate anche le accuse di usura ed estorsione con l'aggravante di aver agito mentre era sottoposto a misure di sorveglianza speciale. Il giovane di Manfredonia (detto «ù creatur» perchè‚ attivo all'interno del clan fin da adolescente) durante le latitanze prima e le catture dopo (26 settembre 2010 e 13 maggio 2011) sia del boss Franco Li Bergolis (detto «ù calcarul»), sia del braccio destro del boss, Giuseppe Pacilli (detto «Beppe ù montanar»), aveva preso il comando del clan che gestiva sia sul piano organizzativo (mantenendo i rapporti con la mafia foggiana), sia su quello economico sostenendo le famiglie del clan, soprattutto dal punto di vista legale, e garantendo ai boss latitanti tutti i confort possibili.
«Una leadership, quella del Miucci, - si legge in una nota della Procura - che si era conquistato con una vita passata al fianco del boss Li Bergolis, suo parente, che lo aveva praticamente adottato di fatto all'età di nove anni, quando era rimasto orfano di padre, ucciso dal clan rivale Alfieri-Primosa nell'estate del 1993».
La svolta nelle indagini è stata determinata da una coraggiosa denuncia di un commerciante del posto che dopo aver restituito il capitale e versato un'ingente somma a titolo di interessi usurai non riusciva a liberarsi delle ulteriori e continue richieste minacciose di Miucci, fino alla decisione di lasciare la cittadina garganica e di trasferire i suoi interessi familiari e commerciali in un'altra regione
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