Ci sono storie vere che sembrano romanzi,storie che quando ne vieni a conoscenza vorresti essere una scrittrice vera per saperle raccontare,oppure sapresti benissimo chi potrebbe raccontarle per davvero.Ci sono storie vere che dicono a loro volta altre storie che potrebbero poi essere ri-raccontate, in altro modo, con altri mezzi.Vivian Maier era una bambinaia francese che ha vissuto a Chicago dagli anni ’30 fino al 2009, quando è morta sola e in miseria.Una vita come tante,una donnina come tante.Che però nascondeva un segreto: girava ogni giorno per la città con la sua rolleiflex a fotografare ciò che colpiva il suo sguardo: bambini, ragazze, lavoratori, freaks, coppie, famiglie, muri scrostati, lavori in corso, signori eleganti, mendicanti, poliziotti in azione, talvolta anche se stessa, riflessa in specchi o vetrine.Migliaia di immagini una cui selezione ora è diventata unlibro bellissimo che ho ordinato dopo Natale su Amazon e che ho trovato ad aspettarmi qui al rientro dalle vacanze. Regalo della Befana (che sarei io).Sono fotografie che niente hanno da invidiare alla forza di quelle di Diane Arbus,
sono una versione metropolitana di quelle di Walker Evans,sono immagini che avrebbe potuto scattare Robert Frank, se avesse avuto la delicatezza di uno sguardo femminile.Solo che lei, Vivian, queste foto non le ha mai viste.Di sicuro non le ha mai mostrate a nessuno.Inconsapevole del suo straordinario talento,inconsapevole del suo prezioso tesoro.E se io oggi le posso guardare, se posso vivere tutte quelle sue storie, è solo per una coincidenza assurda quanto fortunata, ché a volte il destino ci vede molto bene, capisce e si comporta di conseguenza.E mentre sfoglio le pagine vedo questa donna sola, che ha accudito bambini non suoi, che ha vissuto mille vite non sue catturandole con la sua macchina fotografica, aiutata da un aspetto anonimo, da una vita anonima, da un passo leggero, di chi non vuole farsi notare.E penso che la sua, di storia, avrebbe potuto benissimo pensarla e raccontarla Alice Munro, raffinata, potente e sommessa narratrice della complessità segreta delle storie apparentemente più semplici, di cui sto leggendo in questi giorni l’ultimo libro che si intitola Troppa felicità.Proprio come avrebbe potuto intitolarsi la vita (le vite) della Maier, a ben guardare, forse, chissà
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