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Creato il 29 ottobre 2012 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Partire dall’hardcore per creare un magma nero di difficile catalogazione, una negazione in note della luce, ma anche un percorso circolare che porta a scoprire, ascolto dopo ascolto, successivi livelli e sfumature. Questo in breve (per la versione lunga vi rimandiamo alla recensione) il parto sulla lunga distanza degli O, una delle realtà più stimolanti e personali dell’attuale panorama “post” nazionale. Si accettano scommesse.

Partiamo con quella vecchia foto corrosa a mo’ di biglietto da visita (o magari, cartolina dall’Inferno). Come nasce l’idea e che legame c’è tra nome del gruppo, titolo del disco e artwork?

L’immagine deriva da una vecchia lastra fotografica trovata in un mercatino francese, indicativamente è di fine Ottocento. La gente ritratta è sicuramente gente morta, finita. Il tempo, senza pietà, ha divorato l’immagine dal centro creando un nero vuoto… Ecco il vuoto perfetto di cui parliamo! Ed ecco anche l’inizio e la fine, l’eterno ritorno, quel senso di morte è comunque l’inizio di qualcos’altro… Il cerchio si chiude!

Il tutto mi ha dato l’idea di una sorta di percorso iniziatico, di un cammino interiore che alla fine torna al punto di partenza, in una sorta di ciclo senza fine. Solo deliri di uno scribacchino pretenzioso o c’è del vero? 

Lo stesso riff che apre il disco si ritrova anche alla fine, questo è per dare un senso forte di circolarità. Inoltre, sia in apertura sia in chiusura del disco abbiamo voluto fortemente aggiungere una ciotola tibetana, che è lo strumento “più circolare” mai esistito… Abbiamo voluto dare un senso alla musica. Per svelarti alcune particolarità del disco, possiamo dirti che ad esempio all’inizio di “Apnea” c’è una citazione di Coltrane, il jazzista più mistico e tormentato di sempre. In “Creatori Nascosti”, invece, abbiamo legato il testo al suono, partendo dalla distruzione (e da lì il noise efferato!) che poi sfocia in una sorta di ricostruzione sonora. Ci sono anche alcuni messaggi subliminali… È un disco complesso e stratificato e se ci vedi un cammino ciclico sicuramente ci hai visto giusto!

Di Vita E Altri Veleni… Come vedono la condizione umana gli O e che tipo di rapporto intercorre tra i vostri testi e le vostre esperienze quotidiane?

Sicuramente non vediamo solo nero! Capitano però delle giornate, dei lunghi momenti o all’opposto magari mesi dove fra noi e il resto c’è una nebbia densa: è quello il mondo dal quale nascono i testi. Tutti noi O abbiamo una parte inestinguibile che ci porta a pensare che vivere è, di base, un’esperienza negativa e degradante. La nostra musica è uno sfogo, è la valvola da dove esce il nostro più profondo dolore, dove urliamo il non detto, lo scantinato dove vivono tutte quelle emozioni “ombrose” che pochi vogliono aprire.

La vostra musica riesce ad apparire al contempo diretta e ricca di sfumature, così da crescere ascolto dopo ascolto. Quasi un premio per chi non si limita alla prima impressione e voglia scavare più a fondo nel disco. Una semplice coincidenza o un effetto voluto? 

Non siamo capaci di fare i pezzi completamente “in your face”! Ci viene naturale arricchirli di sfumature, anche perchè ciascun brano è frutto di uno “scontro compositivo” dove discutiamo a fondo i vari aspetti musicali… Così facendo, creiamo un disco che al primo approccio può sembrare ostico, ma che poi si svela all’ ascoltatore. È uno scoprire, è come entrare in un’architettura sonora e scoprire mano a mano nuove stanze.

Nonostante una spinta “post” (in senso quanto più ampio possibile) evidente sia a livello di suoni che di attitudine, direi che nel vostro background ci sia parecchio hardcore. Con cosa siete cresciuti musicalmente? 

Di base siamo cinque stronzi che sono nati e cresciuti con il punk/hardcore! Da ragazzini andavamo da Rudy (cantante degli Indigesti) e facevamo incetta di dischi più o meno belli… Abbiamo ascoltato un po’ tutti i vari Nerorgasmo, Negazione, Wretched. Poi abbiamo scoperto i Cripple Bastards e successivamente è venuta la folgorazione per il black metal norvegse. Nei primi anni 2000 suonavamo in una band che appunto mischiava (maldestramente e primitivamente) questi due generi: black metal e grind… Molti ci hanno confermato di essere stati i primissimi a farlo in Italia. Comunque sia non siamo fissati sulla musica estrema, ma siamo capaci di ascolti davvero vari… dai Beach House ai Deathspell Omega!

Prima de Il Vuoto Perfetto avete realizzato uno split con gli Hungry Like Rakovitz, come è nata questa collaborazione e con chi altro vi piacerebbe condividere un vinile?

Avevamo dei pezzi pronti per un vinile e volevamo assolutamente farlo uscire al più presto… La scelta degli amici Hungry Like Rakovitz è stata quanto mai naturale! Ci piacerebbe in futuro rifare uno split, anche perché adoriamo il supporto vinilico…  Apprezziamo moltissime band italiane, ma forse cercheremmo qualcuno di fuori.

Viene da sé la curiosità di comprendere se credete sia possibile ancora individuare una qualche scena di riferimento per una formazione come la vostra, o per lo meno un circuito cui sentirsi in qualche modo legati…

Ci piacerebbe credere che esista la famigerata “scena”! Purtroppo però siamo ancora in un paesello dove non sono rare le malelingue e gli invidiosi… In Italia abbiamo ottime band, però esiste un problema culturale: la gente va pochissimo ai concerti, i locali di conseguenza non pagano e si è un po’ tutti in questo limbo dove si fa fatica a fare girare seriamente la propria musica.

Cosa ci dobbiamo aspettare oltre il vuoto perfetto… 

Stiamo lavorando sodo a molte cose, tra le quali il nuovo album (che sarà registrato come minimo fra un anno)… Sono dei pezzi più diretti ed incazzati che narrano una storia nera come la pece!

Vi salutiamo lasciando i nostri contatti: MySpace, Facebook, Bandcamp, YouTube.

Grazie per l’intervista!

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