Bisogna dire che la 'famiglia ideale' che da sempre ha sbandierato la Barilla mi fa sorridere e non poco, anzi ha sfiorato molto spesso l’indecenza per chi, come la stramaggioranza delle persone mortali, non può identificarsi in nessun modo con certe immagini di ‘benessere kitsch’ che farebbero rabbrividire anche i sostenitori più accaniti della famiglia tradizionale. Non mi sorprende quindi che il signor Barilla abbia detto quello che ha detto, salvaguardando un’ideologia commerciale che gli ha da sempre fruttato dei gustosi guadagni. Ciò che invece mi preoccupa è la reazione spropositata delle associazioni gay e di quelle tante persone che si sono accanite sulla rete e che hanno tuonato contro il presunto omofobo di turno. Ora, lungi da me la pur minima intenzione di difendere Barilla, che di peccatucci sulla coscienza ne avrà pure parecchi: di sicuro però certe dichiarazioni non meritano una risposta così accesa, che oltretutto è controproducente rispetto alla causa che si vuole difendere. È verissimo che l’Italia - paese a stragrande maggioranza cattolico - è uno degli ultimi in Europa per quanto riguarda l’integrazione e l’accettazione della cosiddetta ‘diversità sessuale’, ma proprio per questo è necessaria una tattica che non sia semplicemente quella dello scontro frontale ad ogni costo. Mi spiego meglio. Se ad ogni opinione contraria all’integrazione sociale dei gay, o anche solo davanti all’esternazione di una battuta si devono alzare ogni volta le barricate e ci si deve mettere sul piede di guerra, significa che ci si sente in realtà preventivamente battuti. Se siamo sicuri veramente di noi stessi, se siamo coerenti con le nostre idee, se vogliamo esportare davvero il diritto alla nostra unicità - sia sessuale che di altro genere -, allora dobbiamo innanzitutto mostrarci sereni. Dobbiamo dimostrare ai detrattori che si sbagliano, e dobbiamo farlo attraverso il nostro modo di essere, con la naturalezza delle nostre espressioni e con l'atteggiamento persuasivo di chi è lui per primo convinto di sé.
Bisogna dire che la 'famiglia ideale' che da sempre ha sbandierato la Barilla mi fa sorridere e non poco, anzi ha sfiorato molto spesso l’indecenza per chi, come la stramaggioranza delle persone mortali, non può identificarsi in nessun modo con certe immagini di ‘benessere kitsch’ che farebbero rabbrividire anche i sostenitori più accaniti della famiglia tradizionale. Non mi sorprende quindi che il signor Barilla abbia detto quello che ha detto, salvaguardando un’ideologia commerciale che gli ha da sempre fruttato dei gustosi guadagni. Ciò che invece mi preoccupa è la reazione spropositata delle associazioni gay e di quelle tante persone che si sono accanite sulla rete e che hanno tuonato contro il presunto omofobo di turno. Ora, lungi da me la pur minima intenzione di difendere Barilla, che di peccatucci sulla coscienza ne avrà pure parecchi: di sicuro però certe dichiarazioni non meritano una risposta così accesa, che oltretutto è controproducente rispetto alla causa che si vuole difendere. È verissimo che l’Italia - paese a stragrande maggioranza cattolico - è uno degli ultimi in Europa per quanto riguarda l’integrazione e l’accettazione della cosiddetta ‘diversità sessuale’, ma proprio per questo è necessaria una tattica che non sia semplicemente quella dello scontro frontale ad ogni costo. Mi spiego meglio. Se ad ogni opinione contraria all’integrazione sociale dei gay, o anche solo davanti all’esternazione di una battuta si devono alzare ogni volta le barricate e ci si deve mettere sul piede di guerra, significa che ci si sente in realtà preventivamente battuti. Se siamo sicuri veramente di noi stessi, se siamo coerenti con le nostre idee, se vogliamo esportare davvero il diritto alla nostra unicità - sia sessuale che di altro genere -, allora dobbiamo innanzitutto mostrarci sereni. Dobbiamo dimostrare ai detrattori che si sbagliano, e dobbiamo farlo attraverso il nostro modo di essere, con la naturalezza delle nostre espressioni e con l'atteggiamento persuasivo di chi è lui per primo convinto di sé.
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