Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957)
(…) Quando la famiglia si fu messa in carrozza (la guazza aveva reso umidi i cuscini), Don Fabrizio disse che sarebbe tornato a casa a piedi; un po’ di fresco gli avrebbe fatto bene, aveva un’ombra di mal di capo. La verità era che voleva attingere un po’ di conforto guardando le stelle. Ve n’era ancora qualcuna proprio su, allo zenith. Come sempre, il vederle lo rianimò, erano lontane, onnipotenti e nello stesso tempo tanto docili ai suoi calcoli; proprio il contrario degli uomini, troppo vicini sempre, deboli e pur tanto riottosi. (…) Da una viuzza traversa intravide la parte orientale del cielo, al di sopra del mare. Venere stava lì, avvolta nel suo turbante di vapori autunnali essa era sempre fedele, aspettava sempre Don Fabrizio alle sue uscite mattutine a Donnafugata prima della caccia, adesso dopo il ballo. Don Fabrizio sospirò. Quando si sarebbe decisa a dargli un appuntamento meno effimero, lontano dai torsoli e dal sangue, nella propria regione di perenne certezza?(Estratto dal Capitolo VI de Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, 1958, Feltrinelli)
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“O stella, o fedele stella, quando ti deciderai a darmi un appuntamento meno effimero, lontano da tutto, nella tua regione di perenne certezza?”
(Burt Lancaster, Don Fabrizio principe di Salina ne Il Gattopardo, Luchino Visconti, 1963)