A me interessa richiamare tre punti. Primo, per Gerges la “primavera araba” ha un potenziale rivoluzionario – nel ridisegnare il mondo – pari a quello del 1789 in Francia. Secondo, la Turchia è l’attote geostrategico e geoeconomico decisivo nella regione (più esempio che modello): e Obama, avendo deciso di riposizionare gli interessi degli Usa nell’area del Pacifico e di liberarsi dall’impegno militare in Iraq e in Afghanistan, punta su Ankara per riempire il conseguente “vuoto di potere”. Terzo, la partnership con la Turchia è “il più importante successo strategico di Obama”: le critiche degli ambienti neocon sulla Turchia che “guarda a oriente”, su chi ha “perso” la Turchia, non hanno assolutamente senso perché la Turchia – da un punto di vista strategico (e nonostante le tensioni con Israele e sul nucleare iraniano) – è stata abbondantemente “vinta” alla causa di Obama.
Peccato che fossi l’unico giornalista straniero presente, alcuni colleghi che continuano a propinare – anche se negli ultimi tempi con meno convinzione – idee farlocche sul rapporto tra Usa e Turchia e sull’orientamento strategico di Ankara avrebbero tratto sicuro beneficio da questa lezione.