Obama è un nuovo Machiavelli? Difficile crederlo

Creato il 12 luglio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Michele Marsonet. Ormai da parecchio tempo fioccano i tentativi d’interpretazione della politica estera di Barack Obama. I più cattivi affermano che si tratta di un’operazione assurda poiché, a loro avviso, l’attuale Presidente USA una politica estera non l’ha proprio, ed è quindi inutile porre degli interrogativi sulla sua natura.

Altri, meno animosi, si limitano a rilevare la costante incertezza dimostrata dagli Stati Uniti sulla scena internazionale da parecchi anni a questa parte. Opinione del resto condivisa da larghi settori dell’opinione pubblica, sia in America sia all’estero.
E’ pure comune il pensiero che a giudizi così negativi contribuisca in misura decisiva il peggioramento della qualità dello staff del Dipartimento di Stato. Tra John Kerry e Hillary Clinton, pur con tutti i difetti addebitati alla seconda, corre comunque una bella differenza.

Può essere allora interessante registrare ciò che pensano al riguardo due guru del pensiero neocon: Edward Luttwack e Michael Ledeen. Interessante perché si tratta di personaggi che si collocano sul versante opposto dello spettro politico rispetto a Obama, e talvolta i giudizi degli avversari sono più franchi e diretti di quelli delle persone affini ideologicamente.
Luttwack continua a ripetere cose che afferma da tempo. Per quanto riguarda il peggioramento dei rapporti con il mondo islamico, egli sostiene che “il 90% della politica americana nei Paesi musulmani è condivisa da tutti, o quasi, i cittadini statunitensi”. A suo avviso, in questa fase della loro storia gli islamici “preferiscono l’oscurantismo al progresso, e quindi rifiutano tutto quello che viene dall’America”.

Ne consegue che gli USA debbono “abbandonare” quelle nazioni e lasciare che esse risolvano internamente i loro problemi, qualunque sia il prezzo da pagare, “limitandosi a far fuori i terroristi da lontano”.

Parole che suonano quasi come una sorta di endorsement del democratico Obama, il quale ha deciso da un lato il ritiro anticipato dall’Afghanistan e, dall’altro, ha ignorato le esortazioni a intervenire militarmente prima in Siria e ora in Iraq.
Più decise – ma anche più interessanti – le tesi espresse da Michael Ledeen, noto in Italia per la sua “Intervista sul fascismo” a Renzo De Felice. A suo parere Obama non è affatto ingenuo e sprovveduto come tanti credono, e la sua politica estera altro non sarebbe che la realizzazione pratica di un disegno teorico assai preciso.

Partendo dalla premessa che l’attuale Presidente è un radicale di sinistra (nell’accezione americana del termine, ovviamente), Ledeen sostiene che “Obama vuole un’America più debole, più chiusa in se stessa, dedita solo ai suoi problemi economici e sociali interni. E, di conseguenza, vuole abbandonare il mondo al suo destino rinunciando ad incidere sugli equilibri globali”.
Dulcis in fundo, lo storico neocon afferma senza remore che proprio per tali motivi il Presidente “ha favorito in tutti i modi i nemici degli Stati Uniti, dai jihadisti agli ayatollah iraniani. Non si tratta di errori, bensì di scelte politiche ben precise”.

A ciò va aggiunta la percepibile freddezza – o addirittura antipatia – nei confronti di Israele, alleato storico degli USA in Medio Oriente. Freddezza e antipatia che, com’è noto, sono del resto ricambiate da parte dello Stato ebraico. Obama, conclude Ledeen, preferisce gli islamisti radicali e gli iraniani: una scelta dettata dall’ideologia” (quella della sinistra radicale USA).
Una volta esaurita la sorpresa per parole così forti, alzi la mano chi non è stato sfiorato – almeno una volta – da sospetti analoghi. In effetti abbiamo un Presidente che non si comporta come gli altri, non importa se democratici o repubblicani. Di qui la sensazione che l’attuale inquilino della Casa Bianca sia una sorta di “alieno” (dal punto di vista americano, s’intende).
Se così fosse, dovremmo per l’appunto smettere di attribuire a Obama le qualifiche di ingenuo e sprovveduto e iniziare a considerarlo una reincarnazione di Machiavelli, abile al punto da ingannare gran parte dei suoi concittadini per realizzare un piano strategico di grande respire.

Davvero possiamo crederlo? Ognuno è libero di esprimere il giudizio che preferisce. Per quanto mi riguarda, ritengo l’analisi di Ledeen da un lato interessante e dall’altro tirata per i capelli. Continuo insomma a pensare che le incertezze del primo presidente nero della storia USA siano reali, e dovute più alla sua personalità che alla sottile influenza di Niccolò Machiavelli.

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