Obamacrats

Creato il 02 ottobre 2013 da Coloreto @LoretoCo
Se sei un sostenitore di Obama e dei Democrats, nei giorni e nelle settimane passate, quell'immagine in foto, l'hai conosciuta bene. La conosci bene perché non è l'unico messaggio via mail che hai ricevuto. No. Cercare consenso e socializzare politicamente, anche e particolarmente tramite queste vie, è la rivoluzione di Obama. Lo sappiamo bene. Il suo staff ci ha abituato bene.

Però, non siamo in periodo di elezioni. Anzi, Obama ha raggiunto il suo secondo mandato da qualche tempo, ormai. Cosa sarà successo? Cosa accade nel paese dei sogni realizzabili a stelle e strisce? Beh, accade che il 15% circa delle famiglie statunitensi, nell'anno 2012, ha dovuto usufruire del programma federale di assistenza alimentare. Di fondi, cioè, adibiti appositamente ad uno scambio nel tentativo di alleggerire la pressione economica che grava sulle famiglie americane. I food stamps e le independence card sono un chiaro segnale di quanto gli Stati Uniti, come buona parte del resto del mondo, stiano ancora attraversando un periodo di crisi economica che non accenna ad allentare la sua morsa. Povertà. Non solo. I dati della disoccupazione riferiti al 2012 vedono ancora milioni di persone senza un lavoro stabile e, contemporaneamente, l'innalzamento della soglia per l'accesso alle prestazioni federali, non ha fatto altro che incrementare ulteriormente il disagio reso palese da dati ancor più inquietanti.
Non solo le pressioni interne contribuiscono ad irrigidire gli eventuali confronto della Casa Bianca. Come ricordiamo bene, altre questioni aleggiano sul piano internazionale a dar grosse noie alla presidenza Obama in territorio statunitense. La questione dei droni, lo scandalo dei big data, il dietrofront e le incertezze sulla Siria per citarne tre dei più noti e discussi. Eppure, tutto questo non basterebbe per mettere in crisi il governo di uno degli stati più determinati e grandi che conosciamo.Crisi. Si, perché le notizie scorrono veloci e i giornalisti già titolano usando la verve catastrofica di sempre: “Shutdown”. Imputando all'amministrazione Obama la pesante battuta d'arresta che in queste ore si sta verificando sulle politiche più importanti su cui il Presidente aveva posto richiamo. Tranelli che si susseguono meschini, giochi di politica tra politicanti che ancora una volta fanno saltare il tavolo delle trattative, arrestando la ripresa dalla paralisi dell'economia.   
“One faction, of one party, in one house of Congress, in one branch of government doesn't get to shut down the entire government just to refight the results of an election,” sono state tra le ultime dichiarazioni tuonate dal Presidente Obama.
Perché tutto questo? Per via di un accordo che tarda ad arrivare e che i Repubblicani hanno chiesto a gran voce sulla tanto nota Healthcare Reforms, affare da milioni di dollari. Nel qual caso, per via della mancanza di quell'accordo. Mancanza che nei giorni appena passati hanno prodotto un'imprevista reazione di “shutdown” appunto, causando l'incauto congelamento dei fondi federali. Probabilmente non si comprende l'enormità del gesto fin quando si arriva a focalizzare che i fondi federali, pagano le prestazioni federali, pagano il personale che lavora in ogni struttura federale, quindi anche nelle sedi estere. Conseguenza avvertita anche a livello diplomatico per via dell'improvviso annullamento che avrebbe visto il Presidente Obama, dal 6 al 12 ottobre in Malesia, Indonesia, Brunei e Filippine. Conseguenza che causerà l'ingiusta ed immotivata chiusura, in questa settimana, di uffici federali, case, parchi nazionali e beni di interesse nazionale. Una chiusura, questa, finemente realizzata con il precipuo intento di screditare l'azione di Obama negli interventi nazionali, seppur, nell'ultimo discorso pubblico ha affermato con fermezza “active duty servicemen stationed around the world will be exempt from the shutdown” aggiungendo con evidente sofferenza dovuta all'incarico da lui rivestito ”but civilian staff will not be protected and may be forced to take unpaid leave”.
Adesso, occorrerà molto lavoro per cercare di raggiungere un punto comunque, perché di certo, se non si riuscirà ad uscire dall'impasse, non si tratterà di milioni ma di miliardi e a quel punto si che saranno guai grossi. E non solo per Obama. 

Filippo M. R. Tusa



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