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Oblivion

Creato il 16 maggio 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

ghhghgfnAnno 2077, sono trascorsi dieci anni da quando la memoria di Jack Harper (Tom Cruise) e della sua compagna Victoria, Vika, Olsen (Andrea Riseborough) è stata cancellata, così da poter svolgere con totale dedizione la missione affidatagli.
In base agli ordini impartiti da Sally (Melissa Leo), Jack, coadiuvato via computer da Vika, ogni mattina sale a bordo della sua Bubbleship e decolla dalla dimora svettante fra le nuvole, in rotta verso quelli che un tempo erano densi agglomerati urbani, dove le vestigia cadenti di grattacieli o monumenti fanno capolino qua e là, tra le dune di sabbia. Deve infatti controllare il corretto funzionamento sia delle idro-trivelle costruite allo scopo di trasformare l’acqua degli oceani in nuova fonte d’energia, sia dei Droni, robot guerrieri posti a protezione nell’eventualità di un attacco degli alieni Scavengers, i quali, circa sessant’anni addietro, dopo aver distrutto la Luna, avevano attaccato la Terra, che si era difesa ricorrendo al nucleare. Quanto restava della popolazione umana si trasferiva su Tet, una colonia spaziale orbitante, in attesa di poter raggiungere Titano, satellite del pianeta Saturno, come nuova sede.
Ma nella mente di Jack è sopravvissuto un ricordo ben preciso…

Tom Cruise

Tom Cruise

Diretto da Joseph Kosinski, su soggetto della sua omonima graphic novel, scritto da Karl Gajdusek e Michael DeBruyn, Oblivion è un film di fantascienza improntato a un essenziale classicismo, che sarebbe troppo sbrigativo liquidare come un copia e incolla cinematografico di quanto è stato già proposto da altri registi o scrittori dai cui romanzi i primi hanno tratto ispirazione (per esempio I Am Legend, ’54, di Richard Matheson, Philip K. Dick e il suo Do Androids Dream of Electric Sheep?, ’68, Fahrenheit 451, ’53, di Ray Bradbury), in quanto il nostro, alla sua opera seconda dopo Tron- Legacy (2010), si conferma, almeno a mio parere, un autore dotato di una certa visionarietà. Il suo gusto per le belle inquadrature e la composizione delle immagini (coadiuvato al riguardo dalla pregevole fotografia di Claudio Miranda) meriterebbe una maggiore coerenza fra quanto espresso a livello di fascino visivo e ciò che è delineato, almeno come buon intento, nell’ambito della sceneggiatura:il motore propulsivo di Oblivion è costituito infatti da non inediti ma sempre interessanti risvolti metafisici ed analitici, che un plot piuttosto articolato e arricchito da tutta una serie di colpi di scena, rappresenta dibattendosi nel tentativo di coniugarli con un senso dell’avventura (e dell’azione) volto ad una spettacolarizzazione funzionale, mai “fracassona” o fine a se stessa.
Andrea Riseborough

Andrea Riseborough

In una visione distopica dal sentore ammonitrice, ulteriormente sottolineata dal motivo sonoro in crescendo (la musica è del gruppo M83) si delinea l’importanza del fattore umano, la ricerca dell’umanità perduta, rappresentata dai ricordi indelebili di Jack, personaggio ben reso da Cruise, reinterpretazione in chiave futurista dell’eroe di frontiera, forte dei suoi ideali e sentimenti pulsanti, mai del tutto domi, il quale riesce a riportare un ordine morale, rivolto tanto a quanti sono stretti intorno a lui che a se stesso, in vista di una conciliazione definitiva con entrambi.
Purtroppo, mentre Kolsinski è intento ad offrirci affascinanti riprese, in particolare nel contrasto fra gli scenari desertici e la tecnologia futuristica della Skytower, la casa svettante oltre le nuvole (calorosa ed accogliente, asettica solo in apparenza), lo script procede per accumulo, inserisce tutta una serie di sottotrame non sempre coerentemente assemblate (dove fanno la loro comparsa Morgan Freeman e Olga Kurylenko), per giungere, senza mai veramente coinvolgere ed avvincere (stupire sì, a volte), ad un finale un po’ troppo frettoloso nel chiudere il sipario.
Olga Kurylenko

Olga Kurylenko

Le citate tematiche, insieme ad altre presenti nel corso della narrazione (biogenetica, clonazione, giochi di potere), rimangono sospese, offrendo una curiosa sensazione di straniamento, come se si fossero volute aggiungere sin troppe spiegazioni a quanto era intuibile visivamente e poi agire improvvisamente per sottrazione.
Un film che mantiene le sue promesse essenzialmente nel titolo (Oblivion, oblio, totale dimenticanza …), anche se ritengo che di un regista come Kolsinski convenga ricordarci il nome, in attesa di opere dove possa esprimere maggiore personalità e conformità narrativa.

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