di Claudia Boddi
Un turbine di energia investe la sala non appena l’occhio di bue illumina il drappo rosso che nasconde la scena. La platea inizia a scaldarsi, si sistema sulle poltrone, imposta la schiena, alza lo sguardo e si prepara a gustare lo spettacolo. Non siamo a un concerto rock, molto atteso in città, ma a teatro a vedere l’Oblivion Show 2.0 il Sussidiario. Immagino che ai più il nome non dica nulla anche se, sono sicura, che fra qualche tempo sarà una tendenza di cui tutti saremo a conoscenza perché ne sentiremo parlare. Francesca Folloni, Lorenzo Scuda, Davide Calabrese, Graziana Borciani e Fabio Vagnarelli, in arte Oblivion, si cimentano in una commedia musicale esilarante che propone un’intelligente parodia dei tempi moderni. Anche la regia, firmata Gioele Dix, è garanzia di qualità.
Gli Oblivion – ertfvg.it
Una combinazione di musica e comicità che imperversa anche sul web – perché è lì che è nata – quella del quintetto che ha toccato quasi tutte le città e i teatri italiani, registrando ovunque il tutto esaurito. Anche gli spettatori più compunti non possono esimersi dal lasciarsi andare a qualche risata davanti alle storie messe in scena dai nostri cinque. Dalla dipendenza da yoga, di questi tempi “unico e irrinunciabile antidoto antistress”, ai balli scatenatati sui cubi con movenze da tarantolati, su basi techno unz unz, fino a improbabili telecronache calcistiche di partite giocate a Troia o a Cartagine, passando per geniali mix di canzoni che uniscono la melodia di Beethoven alle parole di Lady Gaga o che accostano il Papa alla Sardegna. Questi alcuni degli ingredienti dello spettacolo che è composto anche da divertentissime riletture di fiabe come quella di Pinocchio e dal rifacimento dei “Promessi sposi” in dieci minuti.
Il genere della commedia musicale, come tutti gli altri generi teatrali, può raccogliere più o meno consensi. Ma la qualità artistica mette d’accordo tutti. Due ore di canzoni dal vivo, ad un’intesità che raramente si trova, unite a movimenti e parti recitate, il tutto realizzato con precisione e vivacità eccellenti. Il ritmo dello spettacolo non cala mai e il pubblico rimane sempre attento, partecipe e con il sorriso sulle labbra. Specializzati singolarmente in varie discipline artistiche (tra cui la musica jazz, la musica antica, il cabaret ad ampio raggio ed altre), gli Oblivion vantano curricula ricchi di prestigiose esperienze professionali con nomi importanti del teatro italiano e internazionale.
L’era new age, scimiottata da chi cerca nella “lievitazione” una fuga dalla realtà e pensa che bastino alcuni elementi di arredo di eco lontanamente indiana per far parte del movimento, apre lo spettacolo e traghetta subito nello scoppiettante clima della serata. Tra una risata e l’altra anche un angolo serio, realizzato sempre nel linguaggio Oblivion, su temi politici e storici attuali e trascorsi, e un numero di mimo, ad opera di Davide Calabrese, davvero pregevole.
Giocando con le parole e i loro significati senza ricorrere inutilmente al turpiloquio o alla gestualità volgare, l’Oblivion show apre uno squarcio positivo che coinvolge sia gli addetti ai lavori che il pubblico, che esce da teatro alleggerito nello spirito ma, conscio di aver assistito a uno spettacolo intelligente e di qualità, porta con sé suggestioni interessanti sulle quali riflettere e… sorridere. D’altronde si sa: “l’ironia è il primo indizio che la coscienza è diventata cosciente” (Ferdinando Pessoa, Il libro dell’inquietudine, 1982 – postumo -).