Obscene Extreme 2014

Creato il 02 agosto 2014 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Repubblica Ceca, Trutnov, Battlefield.

Due anni fa il mio precedente live report dell’Obscene Extreme 2012 esordiva (e si concludeva) con delle perplessità di fondo. Il festival ceco, l’evento grindcore più importante a livello mondiale, vanta una popolarità sempre più sconfinata. Puntualmente, la cosa che più colpisce è come non solo il resto degli europei, ma soprattutto gli americani invidino una cosa del genere: il Maryland Deathfest (ormai considerato La Mecca per tutti gli amanti della musica estrema) avrà pure un bill dieci volte migliore, ma non regge a livello di “situazione”, un fattore cardine nella riuscita di un evento.

Un paio di anni fa lasciai Trutnov distrutto ma felice (per diversi fattori personali, anche di più degli anni precedenti), così come tutti, ma con la consapevolezza che il grindcore stava diventando progressivamente un fattore secondario all’interno del festival: sempre più gruppi death metal, brutal e perfino crust (un genere, secondo me, da eliminare dalla faccia della Terra) venivano chiamati sia come gruppi minori sia in quanto headliner, cosa che anni prima sarebbe stata impensabile.

Quest’anno, paradossalmente, c’è ancora meno grindcore rispetto al 2012, ma gli headliner sono nomi che difficilmente lasciano scontenti e che anzi, mi hanno convinto a tornare a Trutnov per la quinta volta. Andiamo a vedere come si è svolto il festival nei dettagli.

Giorno 1: Italian Hardcore Night

Questo primo giorno dell’Obscene Extreme è stato considerato da molti come un “pre-fest”, per molti versi a ragione. Dall’anno scorso Curby, l’organizzatore, ha deciso di allargare il festival da tre a quattro giornate (che diventano cinque con l’aftershow al tendone delle birre, nel quale suonano una seconda volta alcuni gruppi visti nei giorni precedenti), la prima delle quali “a tema”, con poche band che suonano tutte la sera. Nel 2013 era la volta del Doom fest con Hooded Menace, Esoteric e altri. Quest’anno è invece il turno dell’Italian Hardcore Night, con tre gruppi di casa mia a inaugurare quattro giorni di delirio, alcolismo e estremismo sonoro. I primi a calcare il palco sono i bolognesi ED, nella loro prima volta in giro per l’Europa. Il quintetto è sempre stato una certezza nell’hardcore italiano, probabilmente il miglior gruppo del genere uscito da dieci anni a questa parte. Mentre suonano c’è già diversa gente a vederli: si scatena subito un circle pit molto partecipato, segno che la band è più che apprezzata questa sera, nonostante non abbia avuto le possibilità di girare il continente come tanti altri nomi meno talentuosi. La scaletta di oggi contiene sia roba vecchia, sia pezzi dal nuovissimo Life Ruined My Skateboarding, in uscita quest’estate. Come da copione, questa sera spaccano tutto e si fanno valere, davanti ad un pubblico non così vicino al loro genere. Dei 45 minuti a disposizione ne suonano solo 20: come non amarli?

Dopo buoni 40 minuti salgono sul palco gli Eu’s Arse, vecchie glorie riunitesi da poco. La band di Udine questa sera è in formissima e ci regala uno show incredibile, molto ben suonato e con una grande partecipazione a livello di pubblico. Normalmente, quando si tratta di gruppi che non stanno più insieme da vent’anni, sono molto scettico, ma stasera è innegabile che siano stati i migliori. Finalmente una reunion sensata.

Gli headliner oggi sono i Raw Power, che non avrebbero bisogno di alcuna presentazione, visti i trent’anni e più di onorata carriera. Strano ma vero, è la prima volta che li vedo e non so esattamente che aspettarmi: si dice che dal vivo loro a volte rendano molto bene, ma altre siano di gran lunga evitabili. Anche se su due chitarre se ne sente solo una, il loro concerto è molto convincente: il pubblico sembra reagire con minore intensità rispetto a chi li ha preceduti, ma d’altronde, quando metà della scaletta è tratta da Screams From The Gutter, come rimanere delusi? Questa prima, breve giornata, si conclude più che bene, tra diverse birre che accompagneranno il riposo dei viaggiatori.

Giorno 2 – Giovedì 17 luglio

Non so se sia stata una scelta voluta o meno, ma tutti i gruppi grind più interessanti sono concentrati nella giornata di oggi.

Il primo gruppo a salire sul palco sono gli Implore, band tedesca che accompagna gli ACxDC in tour. Il terzetto va molto veloce e a tratti sembra anche carino, ma quel dannatissimo pedale Metal Zone della Boss (per chi non è esperto di effetti: il suono graffiante tipico degli Entombed e di tutto il death svedese), a tratti è davvero fastidioso, oltre che incredibilmente abusato. Il loro show non è male e in quanto trio lavorano molto bene, ma serve ben altro per lasciare un segno.

Dopo di loro è il turno degli Sperm Of Mankind dalla Slovacchia, noti per aver preso parte al famigerato “4 Way Spermholocaust”, assieme ai nostri Spermbloodshit, agli Spermswamp e agli Sperm Overdose. Anche loro, però, non convincono e annoiano dopo molto poco: sotto già ci sono diverse persone con i classici travestimenti tipici (per lo più da animali), ma anche questo non è abbastanza.

Mi concedo un’ora e mezza di giri vari, tra i primi acquisti alle distro e qualche birra, ritornando vicino al palco per la performance dei Livstid, gruppo neocrust norvegese, che già ha suonato qui in passato. Non amo il genere che suonano e normalmente questo è il tipo di band che snobbo senza pensarci due volte, ma il loro concerto è tutto tranne che brutto: chi segue il crust è rimasto senza dubbio soddisfatto, come si è desunto dalla grande partecipazione del pubblico.

Finalmente è turno del grind puro con i Chiens, trio francese per la seconda volta all’Obscene Extreme. La loro resa live è incredibile: velocissimi, carichi e molto rumorosi, ci regalano una delle migliori performance di oggi, scatenando un incredibile mosh tra i presenti. Da tempo aspettavo di vederli: sono senz’ombra di dubbio una delle migliori formazioni degli ultimi anni e recentemente, grazie allo split 7” con i The Afternoon Gentlemen e all’ottimo 10” Voltures Are Our Future, si stanno facendo sempre più spazio nel panorama europeo.

Seguono gli australiani Dark Horse, con un grindcore un po’ metallico ma nel complesso molto valido. Pur non incidendo molto nella velocità dei pezzi, guadagnano terreno con riff oscuri, riuscendo a convincere la grande quantità di spettatori: è la loro prima volta in Europa e per un gruppo non celebre fa sempre un po’ strano vedere così tanta gente (va detto che la loro partecipazione all’Obscene Extreme australiano ha contribuito a far girare il loro nome).

Ora tocca ai colleghi di tour dei Chiens, i connazionali Whoresnation, anche loro di ritorno su questo palco. Nel 2010 li snobbai perché, come al solito, qui è impossibile star appresso a tutti i gruppi (sono quasi sempre più di 70). In questi quattro anni sono diventati molto più noti e oggi si dimostrano davvero convincenti. Sembra ormai che la Francia sia rimasta l’unico paese in grado di sfornare nuovi nomi interessanti nel genere (da qualche anno privo di nuove leve), il che inizia a non stupire più.

Rallentiamo bruscamente i tempi con i Gutalax, che giocano in casa. I porno-grinders in questione riescono a richiamare il doppio degli spettatori di chiunque quest’oggi (almeno per quello che riguarda il pomeriggio): il loro genere all’Obscene Extreme è sempre andato moltissimo, sia per il fattore “goliardia”, sia perché live è molto più divertente che su disco. D’altronde, un gruppo che sale sul palco sulle note della sigla di Baywatch, tirando rotoli di carta igienica in aria, non può non strappare almeno un sorriso. La loro notorietà cresce in maniera esponenziale e oggi ne abbiamo la dimostrazione: ci sono minimo venti persone sul palco mentre suonano, il che non capita a tutti.

Ritorniamo a pestare duramente con gli ACxDC da Los Angeles, uno dei gruppi più attesi quest’oggi, anche loro per la prima volta in Europa. Da qualche anno stanno “andando di moda” e ora sono uno dei nomi più conosciuti a livello mondiale in ambito powerviolence. Sergio Amalfitano e compagni ci regalano mezzora di mosh, stagediving violento e furioso, con una setlist in buona parte composta di pezzi nuovi, tratti dal loro lp omonimo e dagli ultimi split (vedi quello con i To The Point).
Secondo molti il loro è stato il miglior concerto di questa giornata, io invece continuo a non essere di quest’opinione (li ritengo un tantino sopravvalutati), però è innegabile che siano stati sul serio devastanti.

Salto i Katalepsy e ritorno sotto il palco per uno dei gruppi che più attendevo, i giapponesi Final Exit. Il duo è uno dei nomi più importanti del noisecore, attivo da vent’anni e con un sacco di uscite alle spalle (quasi tutti split, ma ricordiamo anche il 3” cd Seasons Are Going And Going, uno dei migliori dischi del 2008). Suonano uno di fronte all’altro come hanno sempre fatto, velocissimi e rumorosissimi, alternando stacchetti rock a sparate blurcore: non ho idea di quanti brani stiano suonando, visto che sono tutti lunghi pochi secondi, ma il pubblico li accoglie in visibilio, facendo stage dive in maniera compulsiva. Gli apici del loro concerto rimangono l’assolo di Detroit Rock City (ripreso dal loro tributo noise ai Kiss, ossia il loro lato del 7” con gli Ironia) e la cover di “Authority” dei Cripple Bastards (durata: un secondo) con Giulio The Bastard alla voce. Per quanto mi riguarda, i vincitori questa sera sono loro: tutti i presenti devono ritenersi molto fortunati, dato che il loro tour è limitato all’Est-Europa e che non suonano mai fuori dal Giappone.

Lascio perdere gli Zombie Inc., prendendomi una pausa per mangiare, ritornando mezzora dopo quando è il turno degli australiani The Kill. Anche loro come i Chiens sono in tre senza basso, ma se su disco stancano velocemente, live sono delle macchine da guerra, che riescono a suonare con rara intensità. Normalmente, i gruppi che esagerano coi blastbeat finiscono per annoiare velocemente, ma al contrario, questo diventa il loro punto di forza. Non si fermano mai e pestano ininterrottamente per tutti i 35 minuti a loro concessi, con una grinta che non può che lasciare sbalorditi. Ora che non ci sono più gli Insect Warfare, sembra che un grindcore così violento lo possano suonare solo loro (i due gruppi hanno anche condiviso uno split 7” flexi, della durata complessiva di 48 secondi). Sono stati la vera rivelazione del festival, rimanendo tutto tranne che sconosciuti.

Dopo così tante mazzate è difficile riuscire a seguire qualsiasi altro concerto: seguono i Master, ma dopo un “pelo e contropelo” del genere è impossibile esaltarsi ancora. Ho visto Paul Speckmann e soci ormai cinque volte e non sono il tipo di band che continua a stupire in sede live. Fanno un lavoro onesto, con gli stessi alti e bassi di sempre (più o meno con la stessa scaletta, oltretutto): uno show senza infamia e senza lode.

Termina qui la mia giornata, che a tutti gli effetti è la più veloce di tutto il festival.

Giorno 3 – Venerdì 18 luglio

Dopo un lungo e meritato riposo, mi sveglio con tranquillità in tempo per andare a vedere il primo gruppo di quest’oggi: sono i Kruger, formazione crust locale abbastanza scialba. Hanno due cantanti, un uomo e una donna, ma nessuno dei due è in grado di produrre qualcosa di decente. Come apertura, tutto sommato, ci possono anche stare. Convincono già di più i Deaf Kids, trio brasiliano di difficile catalogazione: la base è una via di mezzo tra il crust e gli Hellhammer, con una voce perennemente riverberata al massimo (il che genera un effetto “eco” continuo). I riff però non negano una pesante influenza stoner: i rallentamenti sono moltissimi, così come le parti più sludge e persino qualche divagazione noise. Il loro sound è ancora molto acerbo, ma ci sono diversi spunti per qualcosa di veramente grande. Una formazione assolutamente da tenere d’occhio. Il resto del mattino lo passo un po’ in giro per tutta l’aerea del festival (distro sopra ogni cosa), ritornando a seguire per bene i gruppi verso le 3 del pomeriggio. Sono inizialmente molto curioso per i Rectal Smegma, che vidi già qui nel 2008, e dei quali avevo un ottimo ricordo. A differenza di sei anni fa, c’è tantissima gente ad attenderli, ma mi duole costatare che non sono nulla di che: il loro pornogrind difficilmente riesce a convincere (se tanto mi dà tanto, a questo punto preferisco i Gutalax, che pur non avendo blast hanno sicuramente più talento). Seguono gli slovacchi Abortion, anche loro visti in quell’occasione, in un orario totalmente diverso (alle 2 di notte dell’ultimo giorno, con 4 spettatori sotto il palco). Questa volta però c’è veramente molta gente a seguirli: la resa live è buona, i 25 anni di carriera alle spalle si sentono eccome e tutti sono contenti.

Il gruppo successivo sono i Warcollapse, titani del crust svedese, oltre che uno dei nomi di punta del genere. Mi aspettavo veramente poco da loro, quasi sicuro che mi avrebbero annoiato. Invece, al contrario, si sono dimostrati convincenti: un bello tirato e mai stancante.

Mi fermo un secondo durante i Beheaded per alcuni problemi logistici, ritornando in tempo per i Vitamin X. Il gruppo di Amsterdam è il classico esempio di quel tipo di band che, anni fa, non avremmo mai visto su questo palco, una volta dedicato solo a gruppi grindcore. Non sta a me indagare il motivo per cui sono stati chiamati, anche perché live sono veramente una bomba: sono l’unico gruppo veramente hardcore (a parte i 3 italiani) all’Obscene Extreme, ma non sembrano minimamente curarsene. Riescono, come da copione, a suonare in maniera impetuosa, scatenando mosh e stagediving come se niente fosse. La setlist contiene estratti da tutti i loro dischi, in particolar modo dall’ultimo About To Crack, con una conclusiva cover di “Ready To Fight” dei Negative Approach.

Il clima “positive” viene però bruscamente interrotto dalla discesa di Satana e dei suoi ambasciatori, i Nunslaughter. Il loro sound si è sempre adattato bene a diversi contesti, e qui all’Obscene riesce alla grande. Don of The Dead non è più al basso ed è ormai solo frontman: non può che essere un punto a favore. Tempo due pezzi e Trutnov si trasforma in una bolgia, di cui loro sono gli unici regnanti. Le canzoni sono sempre annunciate e presentate dal batterista Jim Sadist, che si dimostra essere un grande intrattenitore. Riescono a dominare l’Obscene Extreme con una classe che pochi gruppi metal possono vantare, regalandoci una delle migliori performance di quest’edizione: pezzi come “Death By The Dead” e “Raid The Convent” sono cantati a gran voce da tutti i presenti. Il rituale è stato compiuto.

Dopo di loro sarebbero dovuti esserci i Cattle Decapitation, ma poiché hanno cancellato tutto il tour, non sono presenti. Al posto loro suonano i Wehrmacht: l’intro di “Shark Attack” ci fa capire che non abbiamo davanti un gruppo qualsiasi. Tutti accolgono con grande entusiasmo l’arrivo degli eroi del thrashcore, e loro rispondono con “You Broke My Heart I Broke Your Face”, “Gore Flix” e “Drink Beer, Be Free”. Il cantante nuovo, Eric Helzer, non lascia rimpiangere Tito Matos, dimostrando di essere un frontman di razza. Dal vivo sono delle vere e proprie macchine, con una carica veramente impressionante: così come quando li vidi nel 2010, anche oggi non si direbbe che si siano riuniti dopo quindici anni di inattività. “Suck My Dick”, “Beermacht”, “Balance Of Opinion” e la conclusiva “United Shoebrothers” (durante la quale Helzer riempie uno stivale enorme di birra, per farla bere ai presenti) sono eseguite con il massimo della carica. In tour assieme a loro c’è anche Scott Peterson, il batterista dei Cryptic Slaughter, che oggi canta la sola “Money Talks”, piccolo anticipo del set fatto appunto di sole canzoni della sua band, previsto per domani. Il quintetto decide di chiudere in gloria facendo salire sul palco più persone possibili e suonando “Ides Of March” e “Wratchild” degli Iron Maiden, cantate a squarciagola dagli avventori. Non riesco a credere che un gruppo così figo suoni per ben due volte, raddoppiando la felicità il giorno dopo.

Arrivati a questo punto, tutti si preparano psicologicamente per assistere all’ultimo concerto in Europa dei Brutal Truth. Il quartetto di New York è da sempre legatissimo all’Obscene Extreme: hanno suonato numerose volte gli scorsi anni e si sono sempre trattenuti per tutta la durata del festival, per vederlo tutto e far festa con chi passava. Kevin Sharp annuncia commosso l’inizio del concerto, ringraziando tutti per i venticinque anni di carriera della band, oltre che l’organizzazione per aver loro permesso di suonare anche questa sera. Le opener sono come al solito “Birth Of Ignorance” e “Stench Of Prophet”, eseguite al triplo della velocità: il loro è un addio alle scene sofferto, e ci tengono a performare il meglio possibile questa sera. Metà scaletta è tratta dagli ultimi due dischi, ma nessuno sembra curarsene: davanti ad una classe così grande, è difficile non divertirsi, consci che questo è l’ultimo giro. Pian piano si comincia a guardarsi all’indietro con “Dementia” e “Godplayer”, prima della botta finale di pezzi vecchi. Verso la fine del concerto, il gruppo si ferma perché oggi è il compleanno di Dan Lilker: parte la canzone del buon compleanno e in mezzo al pubblico emerge lo striscione “Danny, you are the legend!!! Happy Birthday!!!”, e il bassista ormai cinquantenne risponde con un “thanks guys” sommesso. Riprendono a suonare con la classica mazzata di canzoni prese da Extreme Conditions Demand Extreme Responses (“Time”, “Denial Of Existence”, “Ill Neglect”, “Walking Corpse”, “Collateral Damage”). Prima dell’ultimo pezzo, “Choice Of A New Generation”), Kevin Sharp ci tiene a ribadire i ringraziamenti, aggiungendo “I choose the grind life a long time ago and I have no regrets, Do what you want to do in you life and be yourself”. A concerto finito sono tutti un po’ malinconici, sapendo che purtroppo questa è stata l’ultima occasione per vedersi questo grande gruppo.

Ritorniamo su territori satanici quando è il turno di una vera e propria leggenda dell’estremismo sonoro, i Possessed. Sono probabilmente il gruppo più grosso che abbia messo mai piede all’Obscene Extreme dalla prima edizione, una delle principali novità della serata. Jeff Becerra e soci attaccano con “Pentagram”, creando subito il delirio tra i presenti. Ci tengono a portare alto il loro nome e dal punto di vista esecutivo saranno veramente eccezionali. La scaletta purtroppo è il vero punto debole della loro esibizione: strano ma vero, Seven Churches è stato quasi totalmente tralasciato, a favore di The Eyes Of Horror. Non nego che quei pezzi siano stati eseguiti alla perfezione, ma da un gruppo noto soprattutto per un unico, disco fenomenale, era lecito aspettarsi almeno i due terzi della setlist con solo canzoni tratte da quel lavoro. Per fortuna, nel finale si recupera con “The Exorcist” e la conclusiva “Death Metal”.

Quando è il turno degli Eyehategod, la musica cambia nuovamente. Nonostante tecnicamente la band non c’entri molto con il sound dell’Obscene Extreme, il pubblico qui a Trutnov li ha sempre apprezzati, inoltre, dal punto di vista “attitudinale” (vedi il suono sporco, diretto, le tematiche malate) si sposano perfettamente con l’atmosfera del festival. Partono col solito muro di feedback, ma decidono di puntare sulla velocità e scelgono “Lack Of Almost Everything” come opener. Si trovano perfettamente a proprio agio sul palco, il che da un lato non stupisce, visto che in America spesso e volentieri suonano in situazioni molto legate all’hardcore e/o al DIY. Il volume è nettamente superiore rispetto agli altri gruppi e la differenza si sente da subito. Anche se il loro concerto è più breve del solito, la scaletta è comunque ottima: canzoni come “Jackass In the Will Of God”, “Dixie Whiskey”, “Sisterfucker”, “Serving Time In The Middle Of Nowhere”, “My Name Is God (I Hate You)” e “Shoplift” vengono suonate con la classe che li ha sempre caratterizzati. Il loro sound qui sembra anche più sporco rispetto al loro solito, sarà un caso? Ammetto che una delle ragioni che mi hanno spinto a tornare nuovamente all’Obscene Extreme quest’anno è stata la curiosità che nutrivo nel vedere gli Eyehategod in questa cornice molto particolare. Ero sicuro che avrebbero spaccato come al solito e sono molto contento che abbiano dato il meglio di sé.

Sono distrutto da una giornata di estremismi, ci metterò un paio d’ore a farmi passare i fischi nelle orecchie e ad addormentarmi.

Giorno 4 – Sabato 19 luglio

Spesso all’Obscene Extreme l’ultimo giorno è quello meno interessante. D’altronde, dopo una carrellata come quella di ieri, è difficile tenere alto lo standard anche oggi.

Sono molto curioso riguardo i Filthy Charity, trio francese attivo dalla fine degli anni Ottanta. Il loro è un grindcore vecchia scuola, con tinte crust e divagazioni noisecore, marcissimo, come vuole la migliore tradizione. Suonano una ventina di minuti davanti a pochi spettatori, ma non sembrano curarsene granché. Da qui in poi il mio pomeriggio sarà abbastanza rilassato: fa un caldo pazzesco e per forza di cose è quasi impossibile rimanere sotto palco a guardare i concerti. I seguenti Nuclear, Bolesno Grinje e Radiolokator li vedo a tratti e tutti e tre sono più o meno discreti, sia come sound che come resa live. Mi ribecco per la millesima volta gli Ultimo Mondo Cannibale, constatando come, oltre ad essere molto migliorati dal vivo, siano l’unico gruppo fino ad ora con molta gente sotto il palco. Purtroppo mi arriva di lì a poco la notizia che i Machetazo non suonano più (scoprirò al mio ritorno che si sono sciolti), venendo sostituiti con i Gutalax, che ripropongono la stessa scaletta di giovedì: mi dispiace molto non poterli rivedere, ancora ricordo la loro performance all’Obscene Extreme 2009 come una delle migliori di quell’edizione.

Sono abbastanza curioso per i Vallenfyre, supergruppo inglese con membri ed ex membri di Paradise Lost, My Dying Bride, Amebix, Solstice, Extinction Of Mankind e At The Gates. Il loro è un misto tra death metal, crust e doom, che a tratti riesce bene, ma in altri sa molto di già sentito. Purtroppo non basta avere musicisti famosi per convincere a pieno.

I successivi sono i Cripple Bastards, altro gruppo che ho visto milioni di volte, ma non mi stancherà mai. Da quando sono in cinque non mi era mai capitato di vederli: la seconda chitarra crea un muro di suono molto più potente e nei pezzi tratti da Nero In Metastasi questa line up rinnovata dà il meglio di sé. D’altronde, ora che ci sono assoli molto complicati sui nuovi pezzi, tornare in quattro è molto difficile. I brani vecchi rendono alla perfezione e il pubblico è in delirio come al solito. Loro sono veramente in forma ed è sempre un piacere assistere ad un loro show: all’Obscene Extreme ormai sono più che di casa (sono uno dei gruppi che ha suonato più volte). La setlist è molto prevedibile, con qualche nuovo inserimento (“Mondo Plastico”), ma più o meno quella rimane. Giulio The Bastard è in formissima e dal punto di vista sia vocale, sia come frontman, è una delle sue performance migliori. Li rivedrei altre mille volte.

Discorso diverso posso fare per i Morgoth, dai quali dal vivo mi aspettavo molto di più. In ambito death metal sono tra i nomi principali usciti dalla Germania, i loro dischi non sono fondamentali ma molto ben riusciti. Dal punto di vista strumentale i suoni sono ottimi e la parte ritmica rende molto bene. Marc Grewe però ha ormai una voce totalmente diversa da quella che aveva negli anni d’oro, che non si sposa bene col loro sound. Di per sé non è neanche così pessima, ma i pezzi così suonano veramente troppo diversi, il che dispiace, visto che la scaletta contiene molti brani dai primi due ep (a mio avviso, il loro materiale migliore). A questo punto, sebbene lui sia il cantante originale, farebbero meglio a trovarne un altro.

Cresce l’attesa per i Wehrmacht, che questa sera proporranno molti brani dei Cryptic Slaughter. Non mi era mai capitato di vedere per due volte di fila il gruppo migliore del festival e anche questa sera il risultato è stato eccezionale: moshpit estremo, stagedive e circle pit come se piovesse e una resa live complessiva forse addirittura superiore a ieri. Loro sono presi benissimo e ci tengono a specificare che l’Obscene Extreme è il miglior festival a cui abbiano mai suonato. Quando sale sul palco Scott Peterson la magia si realizza: si mette dietro la batteria per suonare “M.A.D” e il primo pezzo di “Lowlife”, per poi tornare alla voce e farla finire a Brian Lehfeldt, mentre sia sul palco sia sotto c’è il delirio più totale. Di lì seguiranno “Freedom Of Expression” e “Money Talks”. Scott Peterson è commosso da tutto quel clamore e ringrazia vivamente l’Obscene Extreme. Come ieri, la chiusura è affidata alle cover degli Iron Maiden, richiamando sempre più gente sul palco a cantare assieme alla band. La classe non è acqua, bisogna ricordarlo.

Tornando a parlare di death metal, chi regna su tutti quest’anno sono gli Immolation. Già a Roma ho avuto modo di tesserne le lodi e non avevo dubbi che anche qua avrebbero dato il meglio di loro. Sono fuori contesto, ma tutti rimangono a vederli. Quadrati e precisi come al solito, per quasi un’ora pestano ininterrottamente, conquistando Trutnov. Dei toni più lenti e “rilassati”, dopo l’overdose di velocità dei Wehrmacht, ci volevano.

L’ultimo gruppo che mi vedo sono i Doom, prima di crollare inevitabilmente dalla stanchezza. La band inglese non è, a mio avviso, mai stata eccezionale live (o almeno non regge il confronto con i connazionali Extreme Noise Terror), però riesce comunque a regalarci una buona mezzora di divertimento. Le classiche “Nazi Die” e la finale “Police Bastard” sono le canzoni durante le quali il pubblico è maggiormente in visibilio. Termina qui la mia esperienza di quest’anno, con la classica distruzione morale e fisica addosso, sensazioni classiche di ogni ogni fine Obscene Extreme.

Conclusioni

Questo è stato forse l’Obscene Extreme più anomalo di sempre, segno che ormai, dal punto di vista strettamente musicale, il festival appare cambiato in modo radicale. D’altro canto, però, è d’obbligo precisare che proprio i gruppi fuori contesto sono stati i vincitori, quelli che all’inizio potevano lasciare perplessi i “veterani”. È proprio qui che si dimostra la classe di una band: quando riesce a convincere anche un’audience molto diversa. Questo sembra un particolare da poco, ma ci aiuta ad inquadrare un fenomeno che da anni rimaneva secondario: il pubblico non è cambiato. Molte sono le facce note di chi già era venuto in precedenza, quando il grindcore era ancora il genere dominante. Fino a quando sarà così, l’Obscene Extreme potrà vantare un nocciolo di fedelissimi che tornano ogni anno a prescindere da chi suoni. D’altronde ormai lo spettatore medio dell’Obscene Extreme è e rimarrà vicino al grind, al crust e al powerviolence. Lo stesso discorso lo si può fare per il Keep It True: anche lì hanno suonato i Possessed, eppure il pubblico è rimasto quello. La fedeltà degli avventori è una garanzia che qualcosa è rimasto nelle persone: sono ormai cinque edizioni che mi faccio e sono sicuro che anche con pochi nomi riuscirò sempre a divertirmi in qualche modo. Continuo però ad avere stampate in testa le immagini del mio primo festival, quello del 2008, con Regurgitate, Cock And Ball Torture e Agathocles tra gli headliner: l’Obscene Extreme così dovrebbe essere.

Lode però ad Eyehategod, Nunslaughter, Final Exit, The Kill, Cripple Bastards e soprattutto all’accoppiata Wehrmacht/Cryptic Slaughter, che si è rivelata il vero coniglio dal cilindro del 2014. Trutnov continuerà a mancarmi per il resto dell’anno, come tutte le altre volte.


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