Mantiis ha rappresentato un piccolo caso, in primis per l’incredibile amalgama musicale in grado di assorbire all’interno di un suono sempre ben calibrato e personale moltissimi input differenti, senza per questo perdere un briciolo della sua incredibile forza d’insieme, summa di una voglia di contaminazione coraggiosa, ma non pretenziosa o fuori luogo. In secondo luogo aveva stupito la capacità della band di fare tutto con le proprie forze, a cominciare da un utilizzo consapevole e mirato della rete, con la pagina Bandcamp che è diventata base di partenza per una campagna promozionale fondata esclusivamente sul passaparola e sulla condivisione tra fan e ammiratori sparsi per tutto il globo. Così, una formazione di Barcellona, località non proprio sotto i riflettori della scena metal mondiale, ha saputo conquistarsi il proprio momento di gloria e la propria posizione tra le sorprese più eccitanti dell’ultimo anno, il tutto grazie a un concept morboso e dalle tinte oscure, al cui interno ogni aspetto è minuziosamente curato e portato al massimo delle potenzialità, dalla scelta dei suoni e del già citato interscambio tra linguaggi differenti, alle grafiche e all’artwork che donano alla realizzazione fisica la classica marcia in più. Per celebrare un anno a dir poco gratificante per gli Obsidian Kingdom, giunge a suggello la versione remix affidata ad artisti che ne hanno saputo estrapolare singoli aspetti e sfaccettature, dai quali partire per dar vita a sette tracce che dell’originale hanno mantenuto il mood ma di certo non la forma. A partire dal contributo di Oktopus (Dälek), che apre le ostilità e che, guarda caso, aveva già dato il suo contributo agli Starkweather (altro nome con cui gli Obsidian Kindom hanno più di un punto di contatto), ci si trova assorbiti all’interno di un caleidoscopio di suoni mai dozzinali o stucchevoli, che tocca abstract hip-hop e idm, breakcore e dubstep, senza perdere un briciolo di quella forza evocativa e immaginifica che di Mantiis aveva contribuito a determinare il successo. Senza voler fare la conta dei punti per attribuire la palma di miglior interprete del Mantiis pensiero, si preferisce sottolineare come la maggior parte delle re-interpretazioni riesca a colpire nel segno grazie alla capacità di cogliere il nucleo portante delle tracce, che poi verrà piegato e rimodellato senza snaturarne la portata emotiva. Miglior modo per celebrare un anno vissuto intensamente – nonché ribadire come la qualità possa ancora farsi strada senza bisogno di talent show o budget da multinazionale – non poteva davvero esserci.
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