Le corporature gigantesche dei servi della gleba aggiogati all’aratro come le loro bestie hanno dovuto affidarsi a tutte le risorse del corpo per conservarsi in vita e non esiste parte del corpo che non abbia subito le offese e le crudeltà. Le forze di polizia intervengono contro la popolazione inerme e i cadetti la caricano con salve di fucileria scendendo lentamente la scalinata che domina la città. La flotta punta le sue batterie contro i ribelli ma dall’incrociatore Potemkin giunge con i segnali e il linguaggio delle piccole bandiere una parola: fratelli! (meditazione su: l’incrociatore Potemkin di Sergio Micailovic Eisenstein).
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L’ U O M O E I L M A R E
Uomo libero, amerai sempre il mare!
Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima
nel volgersi infinito dell’onda che rotola
e il tuo spirito è un baratro altrettanto amaro.
Ti piace sprofondare nella tua stessa immagine;
l’abbracci con gli occhi e con le braccia, e il tuo cuore
si distrae qualche volta dal suo proprio rumore
al suono di quel lamento selvaggio e indomabile.
Siete ambedue tenebrosi e discreti:
uomo, nessuno ha sondato il fondo dei tuoi abissi;
o mare, nessuno sa le tue ricchezze intime,
tanto siete gelosi dei vostri segreti!
Pure, da un numero incalcolabile di secoli
voi due vi combattete senza pietà né rimorso,
talmente amate la carneficina e la morte,
o lottatori eterni, fratelli implacabili!
-Charles Baudelaire-