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Odissea: Finale

Da Andrea Venturotti

ODISSEA

Quarta e ultima parte

E la vacanza ha inizio. Tranquillamente, se sorvoliamo sui conflitti tra coloro che ritengono indispensabile andare al mare prestissimo e i pigri, che ritengono indispensabile dormire fino a tardi, sui litigi tra i bambini che si contendono dei giocatoli indispensabili e introvabili sull’isola, se non parliamo degli adolescenti annoiati che vorrebbero la sera andare a ballare, ma noi siamo in mezzo al nulla e la discoteca più vicina è irraggiungibile e loro per rappresaglia diventano fastidiosi come solo gli adolescenti sanno essere. Comunque sia riusciamo ogni mattina a infilarci tutti nelle macchine e a raggiungere una delle spiagge che punteggiano la costa. La giornata marina tipo del nostro gruppo di amici è soprattutto una giornata di giochi da spiaggia. E poi siamo in Grecia, la patria delle olimpiadi. Quale posto migliore per crearne di personali? Gare di atletica, nuoto, canoa, partite di calcio e pallavolo, si susseguono a ripetizione. Gli altri abitanti della spiaggia hanno solo due possibilità: farsi coinvolgere nella nostra caciara agonistica o sloggiare. Ma siamo simpatici e generalmente troviamo in ogni baia compagni di gioco con cui diventiamo amici per la pelle solo per giorno. Le donne sono ammesse anche ai giochi più dichiaratamente maschili, anche perché gli uomini non vedono l’ora di mortificarle e far valere la loro superiorità. Io mi lascio trascinare in tutte le gare possibili e immaginabili, perdendo ogni tipo di competizione, compreso il ruba bandiera, e portando alla sconfitta anche la mia squadra di calcetto, ma rimango tranquilla tanto so che il mio momento arriverà. E il mio momento arriva nel pomeriggio, proprio quando il sole picchia più forte e dopo tutte quelle olimpiadi da spiaggia vincitori e vinti pensano di meritare un riposino. Questa è la situazione ideale per dichiarare aperta la grande gara di gavettoni. Specialità nella quale, modestia a parte, sono maestra.
La gara di gavettoni è il momento clou di ogni giornata al mare. Le regole da seguire sono poche, e devo ammettere anche piuttosto vaghe. Bisogna prima di tutto accertarsi di avere fatto amicizia con gli altri eventuali bagnanti, perché saranno coinvolti, che lo vogliano o no. E poi bisogna sfruttare l’effetto sorpresa. Lo so, può sembrare scorretto cominciare senza preavviso con la prima secchiata d’acqua, una cosa cinica e crudele come l’attacco giapponese a Pearl Harbour, ma vi assicuro che ogni gara di gavettoni che si rispetti inizia così e che, dopo tante frustrazioni olimpiche, la cosa che più desiderate è innaffiare generosamente il vostro ancora marito che legge tranquillo il giornale sotto l’ombrellone. Io non so come mai sia diventata così esperta in questa entusiasmante attività da spiaggia, ma fatto sta che ho collezionato, negli anni, una striscia di vittorie da record. Se fossi redattrice di uno di quei settimanali stupidi che si leggono d’estate, potrei pubblicare un articoletto del genere:

VUOI DIVENTARE LA REGINETTA DEL GAVETTONE DELLA TUA SPIAGGIA PREFERITA?
Segui i consigli della nostra esperta.
Cara lettrice, se pensi che il gavettone sia il più divertente dei giochi da spiaggia, ma credi che non sia alla tua portata, non avvilirti! Insegui il tuo sogno, non mollare mai e attieniti con molta attenzione a questi piccoli, elementari suggerimenti.
Prima di tutto l’equipaggiamento: ti consiglio di usare un semplice secchiello. I tuoi avversari maschi cercheranno di incuterti timore adottando armi di gavettone di massa quali buste di plastica o enormi sacchi neri per i rifiuti. Ma tu non preoccuparti, le buste hanno una grande capacità, contengono litri e litri d’acqua, questo è vero, ma pesano troppo, rallentano la corsa e soprattutto sono fragili, dopo un paio di carichi si romperanno.
Il secondo suggerimento riguarda le alleanze: quella del gavettone si chiama gara, ma in realtà è una guerra, e le guerre si vincono solo con le alleanze giuste. Non sperare, cara lettrice, di trovare solidarietà tra le tue amiche. Puoi giurarci che si sono lavate i capelli o sono indisposte o hanno il mal di testa. Se ne andranno tutte al bar a prendere il caffè e a criticare la tua voglia intollerabile di metterti in mostra a tutti i costi. Scegli quale alleati un paio di ragazzini, i dodicenni sono l’ideale, velocissimi e crudeli, così desiderosi di farla pagare al mondo adulto da essere spietati anche con la loro stessa madre.
La terza cosa da non dimenticare riguarda la tua posizione sul campo di battaglia: non allontanarti mai dalla riva. Prima di tutto il bagnasciuga è compatto e correrai più veloce che sulla sabbia asciutta e poi ricordati, lettrice carissima, devi sempre assicurarti una possibile ritirata strategica. Quando le cose si mettono male buttati in acqua e allontanati! Se ti bagni spontaneamente il gavettone nemico non ha più senso, vatti a fare una bella nuotata, poi torna a riva tranquilla con in pugno la vittoria che ti meriti.
E sull’imperdibile numero della prossima settimana: Come ti conquisto un uomo sfidandolo a gavettoni.

Insomma, questo è il clima della partita sulla costa di Corfù. Giochi da spiaggia, mare limpidissimo e american coffee. Sì, sempre e solo american coffee, una volta preparatoci anche da una specie di pope allampanato, vestito di nero e con una massa di inquietanti capelli grigi che gli cadono sulle spalle. Lui ci serve il più imbevibile caffè della nostra vacanza muovendosi con solenne lentezza, come officiando un rito ortodosso antichissimo. Il suo caffè è orrendo, ma io e le mie amiche lo beviamo lo stesso perché il pope ci mette paura e non vogliamo irritarlo.
Mentre ci occupiamo delle nostre frenetiche attività da spiaggia c’è sempre qualcuno che prende in mano l’organizzazione del gruppo e si allontana per prenotare la cena in trattoria. Siamo sempre e comunque venti, e non vai in una trattoria greca in venti senza avere prenotato. Anzi, a dire il vero, sarebbe meglio non andarci affatto, ma noi dobbiamo pur mangiare. Sì, perché quando ci troviamo davanti al ristoratore che sonnecchia sotto il pergolato (ogni trattoria greca è provvista di pergolato) per chiedere in un inglese approssimativo: «Possiamo venire a cena questa sera? Siamo in venti» il simpatico greco fa una faccia che ha un significato chiaro: indecisione, perplessità, ellenico filosofico tentennamento. Desiderio di incassare una bella cifra, con cui magari portare a termine i lavori al piano di sopra (le case di Corfù hanno tutte un piano di sopra da terminare, uno locale grigio e desolato, solo pilastri, pavimento e tetto, che in genere ospita cassette d’acqua minerale), ma allo stesso tempo il suo viso ci parla di un incontenibile avvilimento, di una stanchezza antica. Dovrei cucinare per voi, per tutti e venti, con questo caldo? Sembrano dire i suoi occhi spossati. E cosa dovrei cucinarvi? E poi, troverò piatti per tutti, e tovaglioli e sedie? Signori miei, venite, ma vi assicuro che mi chiedete una cosa davvero complicata!
E così arriviamo alla trattoria affamati dopo tanto mare e aspettiamo tempi interminabili per avere da mangiare. Pollo generalmente, o qualche pesce alla brace e del riso avvolto in foglie di fico che i bambini trovano orribile mentre la mia piccola insaziabile figlia divora in quantità industriale. Sulla lunga tavola ci accoglie una straordinaria esposizione di bicchieri di ogni tipo: boccali da birra, calici di cristallo, coppe da macedonia, bicchieri da acqua, da vino e da liquore di ogni forma e colore. Una antica usanza greca? No, semplicemente l’unico sgangherato, improvvisato servizio di bicchieri che il ristoratore stanco ha reperito per far bere tutti e venti.
I giorni passano, un gavettone dopo l’altro, un american coffee dopo l’altro. E la vacanza sembra consumarsi senza scosse. Sembra, finché non arriva il colpo di scena. Da qualche turista con cui stringiamo amicizia sulla spiaggia veniamo a sapere che al centro di Corfù c’è un casinò. Un richiamo irresistibile per i nostri ancora mariti. Io, al casinò non ci sono mai stata e mi piacerebbe andarci, ma naturalmente i bambini non possono entrare e chi dovrà rimanere con loro? Le mamme! Si sa, che la mamma è sempre la mamma, ma una mamma felice per una straordinaria vincita alla roulette non sarebbe una gran bella cosa? Sembra di no, per i nostri ancora mariti non è una gran bella cosa. È una bella cosa, invece, lasciare mogli e figli negli studios sorvegliati dall’orco e dagli asinelli grigi e partire sgommando nel cortile polveroso alla volta del casinò. Io e le mie amiche andiamo a dormire presto, fingendo disinteresse per la spedizione a cui non abbiamo potuto partecipare. Mi addormento, vicino alla mia piccola figlia. Le giornate di mare sono così faticose che la sera il sonno arriva veloce. Sarà l’una, forse le due quando mi svegliano i tuoni. Può darsi che sull’Olimpo gli dei stiano litigando tra loro, ma quel che è certo è che sull’isola di Corfù si scatena un temporale di dimensioni epocali. Faccio per alzarmi e andare a ritirare gli asciugamani da mare ormai fradici e finisco… con i piedi nell’acqua! La stanza è allagata, completamente. Tiro su veloce gli zaini e le valige lasciate sul pavimento e cerco di capire da dove viene tutta quell’acqua! Chiudo il balcone e la finestrella del bagno, ma niente. Il temporale continua a infuriare e il livello dell’acqua continua a salire. La famiglia di papere di gomma che ho comprato a mia figlia sulla spiaggia galleggia indisturbata in quel laghetto improvvisato. Che fare? Uscire dallo studio e affrontare la bufera e l’orco? No grazie, l’orco mi spaventa e non ho alcuna intenzione di svegliarlo in piena notte. Le amiche? Forse dormono in stanze asciutte, le lascio in pace perché non mi piace rompere le scatole. Non mi resta che aspettare, aspettare che il temporale finisca e che il marito giocatore d’azzardo torni. Ma il temporale sembra non avere alcuna intenzione di finire. E il marito di tornare. Nel cuore della notte abbarbicata sul letto e circondata dall’acqua che sale continuo a pensare al da farsi: decido che andrò a svegliare l’orco solo se l’acqua raggiungerà il materasso e poi, e poi l’occhio cade sulla luce all’ingresso, che avevo lasciata accesa prima di addormentarmi, per accogliere il marito giocatore e spero vincitore di una bella somma. La fisso e l’immaginazione va per strade inaspettate e pericolose. Potrei spegnerla, con molta cautela: l’interruttore è proprio lì alla mia portata, se mi sporgo un po’ dal letto ci arrivo. E poi l’ancora marito tornerebbe, e senza accorgersi che l’acqua gli sta inzuppando le scarpe girerebbe l’interruttore e chissà, potrebbe esserci una scintilla, una piccola scintilla e un impianto elettrico non a norma (non credo che l’orco abbia fatto costruire qualcosa a norma) ed ecco il tragico incidente, il delitto perfetto, la vendetta che si gusta fredda, anzi bagnata dalla pioggia che continua a scendere sui miei diabolici pensieri notturni. Ma poi ci ripenso. Lascio la luce accesa e il marito ritorna all’alba, sano e salvo e inconsapevole dello scampato pericolo, si butta sul letto farfugliando qualcosa su tutta quell’acqua di cui mi ritiene ovviamente responsabile. Come se non bastasse non ha vinto una sola dracma, anzi ha perso tutto quello che aveva portato con sé.
La mattina dopo siamo tutti di pessimo umore. L’acqua, vengo a scoprire, è entrata in tutte le stanze, bagnando scarpe e bagagli. I mariti incolpano le mogli perché c’erano e non hanno fatto niente. Le mogli incolpano i mariti perché non c’erano e stavano al casinò a perdere troppi soldi. Ma tralasciamo le discussioni perché abbiamo altri problemi da risolvere: prima di tutto spiegare all’orco e alla moglie sciupata cosa è successo, in seconda battuta scoprire perché è successo, come sia possibile un allagamento del genere e trovare un modo per riavere camere asciutte.
Ma le comunicazioni sono complicate. L’orco parla solo in greco. La moglie conosce un po’ di inglese. Nessuno di noi è un asso nelle lingue. Io mi pavoneggio per la mia vaga dimestichezza della lingua inglese mutuata dalla conoscenza dei testi di tutte le canzoni dei Beatles. Ma i testi dei famosi quattro di Liverpool, pur avendo alcuni spunti interessanti, a tratti surreali, a tratti poetici che hanno dato il via a approfondite riflessioni di critici e appassionati, non comprendono informazioni utili per raccontare di una stanza allagata. Con un brutto mal di testa per avere dormito troppo poco, mi aggiro per il cortile polveroso ripassando mentalmente tutta la discografia dei Fab Four. Campi di fragole, sottomarini gialli, legni norvegesi, uccelli neri e cieli di marmellata. Nulla che faccia al caso mio. E l’orco e la sua moglie sciupata non sono affatto collaborativi. Non capiscono e non fanno nulla per capire. Ma ecco che arriva uno dei nostri amici, quello che andava bene a scuola, che aveva fatto il liceo classico e che era il cocco dei professori, quello che si era maturato col massimo dei voti. In poche parole quello che viene generalmente considerato un insopportabile secchione. Adesso ha il suo momento di gloria. Rispolvera il suo greco antico studiato benissimo a scuola e si fa capire dall’orco e dalla moglie che a questo punto vogliono anche loro scoprire cosa stia succedendo nei loro studios. Ed è successo che un muratore troppo zelante ha pensato bene di chiudere con malta e intonaco il canale di scolo che serve per far defluire la pioggia dai balconcini. La donna bionda si arma di un piccone (dove lo avrà preso? Forse sta elaborando un piano per far fuori l’orco? Sta ideando anche lei il suo delitto perfetto?) e con inaspettata energia, con un colpo secco, ripristina lo scolo murato. L’acqua scorre veloce sgombrando in pochi secondi balconcino e stanza. Gli asinelli grigi assistono alla scena con la loro aria di impassibile idiozia. Questo è il primo temporale dopo la costruzione degli studios, che non stati ancora stati testati per la pioggia. Ecco come può accadere che, se l’antico, dispettoso Fato non è dalla tua parte, anche una circostanza positiva come il fittare degli appartamentini appena fabbricati può trasformarsi in una calamità.
La vacanza non offre altre emozioni. E voglio ben dire. Torniamo in Italia dopo pochi giorni, tutto sommato contenti che il nostro soggiorno greco sia finito. Possiamo finalmente riprendere le nostre abitudini cittadine.
Ciao Corfù, chissà, forse un giorno ritornerò con una compagnia più limitata e una prenotazione alberghiera come si deve. Sarà un soggiorno sereno, ma poi non ci scriverò su nessun racconto. Perché si sa, non si può avere tutto nella vita. Peripezie e racconti. Vacanze tranquille e nessuna ispirazione.

Odissea: Finale

Lady Madonna


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