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ODISSEA NELLO STRAZIO. Marion, ricordati che devi morire.

Creato il 12 dicembre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

ODISSEA NELLO STRAZIO. Marion, ricordati che devi morire.

Mentre osservavo lo zucchero filato dei mercatini di Natale che evapora nel freddo berlinese mi chiedevo perché nessuno riesce ad avere notizie di Nibiru. Eppure tra poco potrebbe piombare qui, sui mostri da presepe in legno, il nauseabondo Glühwein e i guanti di pecora. Nibiru è un asteroide forse in rotta verso la Terra, che dovrebbe, speriamo, capovolgere i poli magnetici e creare un nuovo allineamento galattico. Insomma, la fine del mondo e di ogni rata che ci resta da pagare. Ma esiste davvero Nibiru e se si perché nessuno scienziato lo vede? Forse si nasconde anche lui in qualche mercatino natalizio, alle prese con una grossa mela caramellata, oppure pattina sul ghiaccio e non vuole rotture di scatole. Magari anche lui aspetta silenzioso l’armageddon. Secondo il quotidiano Bild, in base ad un loro accuratissimo sondaggio, il 35% degli uomini e il 27% delle donne vorrebbe attendere il 21 dicembre immersi in un eccitante ménage à trois, come ultimo desiderio di un condannato a morte. Per quanto mi riguarda non è che debbo attendere gli appunti di Nostradamus per organizzare piacevoli diversivi. Certo, se citofona Johnny Depp spacciandosi per un adepto di Geova, stavolta, ma solo stavolta, potrei accoglierlo in casa invece di spacciarmi per la domestica polacca che no parlare bene tua lingua. Comunque a Berlino, per ora, non si è visto ancora nessuno. Agli angoli delle strade a volte scorgo delle vecchine apparentemente adorabili che brandiscono per le mani dei pamphlet apocalittici. Dietro il loro riso sardonico si nasconde, in verità, la strega di Hänsel e Gretel e se varcassi la soglia mi ritroverei nel pentolone bollente, servita in seguito come currywurst. Forse preferirei essere travolta da Nibiru.

Una di queste dolcissime streghe, che di volta in volta possono diabolicamente materializzarsi come cassiere dell’Aldi, impiegate al job center, conducenti baffute di autobus, ebbe il coraggio di rimproverarmi in metropolitana perché non avevo lasciato il posto ad un bambino che a mala pena aveva l’età per reggersi in piedi. In primis io non prendo ordini dalla moglie di un ex criminale di guerra, in secundis sono più vecchia io del bambino e quindi è lui che deve lasciarmi sedere. Poi quando avrà quindici anni potrà dirmi zitta stronza. Ma solo allora. Forse con il sangue di chi fa il volantinaggio millenaristico ci fanno il Glühwein nei mercatini berlinesi di un dicembre ancora non nevoso, ultimo scorcio di questo folle mondo. Non c’è nulla di cui scandalizzarsi. Mia nonna preparava il sanguinaccio con i chiodi di garofano dopo aver sgozzato un suino e qualcuno, se non erro, ancora incita altri a bere il suo sangue. E di fronte a questo mi sembra molto più concreta l’esistenza di Nibiru. Ma dove si è cacciato? Non è neanche sulle giostre. Quando serve non è mai disponibile. Dobbiamo decidere dove passare il capodanno e cosa indossare. Non possiamo ridurci sempre all’ultimo.

Ma in fondo perché preoccuparsi di un evento che non accadrà mai? Allora decidiamo dove trascorrere il 21 dicembre. La visita di Depp potrebbe soddisfare i miei appetiti pagani mentre un ritorno a Gerusalemme farebbe pendant con i miei istinti sacri. Su e giù per la via Dolorosa scacciando i mercanti dal tempio. Tuttavia molto più verosimilmente sarò in qualche lurido spätkauf del mio quartiere a sentire dal proprietario turco aneddoti assurdi. Storie malsane di vita berlinese ai confini del mondo, ovvero a Neukölln. L’altra sera ci chiedevamo se sarà come sarà questa fine di tutto. Potrebbero arrivare gli alieni e colonizzarci completamente oppure aver voglia di diventare profondamente umani, come i robot Daft Punk di Electroma. Oppure un bel buco nero che ci inghiotte e non se parla più. Se preferiamo una morte lenta e con infiammazioni purulente arriverebbe in nostro aiuto un virus, anche se ne abbiamo già visti tanti e forse non ce ne accorgeremmo nemmeno più di tanto. Tutti lo annuncerebbero come il virus definitivo, che si beffa di ogni vaccino antinfluenzale e scardina completamente il nostro sistema immunitario, ma noi continueremmo a lavare i piatti e ad assecondare le emicranie.

Vorrei che questo virus si chiamasse Sue Ellen, come l’eroina di Dallas. Nei primi anni Ottanta molte mamme scriteriate affibbiavano nomi di questo tipo ai nascituri. Sarebbe come tornare alle origini dei miei primi anni di vita in un vorticoso e inverso giro sull’ottovolante. Resta in sospeso, come il turco mi faceva notare, una tempesta solare, una guerra atomica o la nostra trasformazione in zombie, così che potremmo vendicarci a morsi di quella collega che è il nostro privato e segreto incubo da ufficio di sempre.

Il turco ne sa una più del diavolo. Potrebbe arrivare Nostradamus, gli alieni, Brenda Walsh, e lui troverebbe comunque un modo per patteggiare, contrattare, trovare una via di fuga. Forse ha ragione lui. Bisogna sempre barare con il carnefice.

Natasha Ceci


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