"OF FREAKS AND MEN" - Aleksei Balabanov - 1998 (Michela)
Creato il 15 marzo 2012 da Cotone
Il grande orinatoio. Materia plastica (in seppia e arancio)Esistenza umana e consistenza sociale: Dai a Browning quel che è di Browning e lascia a Balanov il diritto di esercitare la sua arte. Diciamolo di gran carriera: il termine Freaks verrà associato al regista di Louisville in saecula saeculorum. Fin qui niente di male, ma in questo caso la parola è soltanto il pesante ornamento delle (poverissime) analogie tra le due pellicole. Appiccicare al sontuoso girato di Balabanov l'etichetta di affinità genetica col lavoro di Browning o -peggio ancora- di omaggio è semplicemente urticante, è come mettere un eczema sulla fronte di una bella signora. Intendiamoci: "Freaks" è in assoluto un cult movie e "Of freaks and men" è al massimo un buon film, ma partorito senza dubbio in un encefalo fertile. Chi ha amato il film di Johnny Eck e Compagni sa bene che Browning -girandolo- stava in sostanza facendo i conti con la propria adolescenza: la pellicola è intima, tossica e umanissima, in tutta la sua estensione. La ricca partitura dei corpi sgraziati e mutilati è scandita in una maniera così duttile e umana che ci è subito chiaro che in quei moncherini, in quelle proporzioni in frantumi abitano delle persone sensibili, delicate, in una inversione dialettica che continua a sbranare l'obesa morbosità della sua stessa platea. Freaks il tempo non lo conosce affatto: non perderà mai i denti e i capelli, perché il suo regista lo evirò (chirurgicamente) da qualsiasi contesto sociale e ambientale. Che differenza col film di Aleksei Balabanov! Il primo, nel '32 godeva a pieno titolo della modernità del sonoro; il secondo -a fine secolo- è costruito come un elegante archibugio muto, a cui persino le esagerazioni della mimica attoriale conferiscono l'idea di vecchia foto, di anticaglia in movimento. Inspirare/ Espirare. Browning filmava le trame dentro le sue stesse arterie e il regista russo è tutto rivolto all'esterno, alla percezione fisica -o meglio- sociale del tempo. (Mi piace quest'idea della percezione sociale del tempo). Ambientato in un annoiato 1917, poco prima della rivoluzione, Of freaks and men annusa la pelle stantìa di una classe borghese affaticata, lubrica e già colpevole. L'industria del porno e dei fenomeni da circo sveste le timide mani e le bianche cosce della classe da salotto: preceduto dall'orrido sorriso di Victor Ivanovich, ci viene incontro il corpo, bello e robotico, quasi innocente, della moglie cieca del dottor Stasov e persino la figura intatta, completamente nuda, virginale, della giovane Liza. Entrambe appartengono all'alta borghesia di Pietrogrado, entrambe hanno perso (per morte poco accidentale) le figure maschili della casa. Entrambe hanno subito il gioco perverso, goffamente pornografico, di Yohan e Victor (ogni sceneggiatura ha bisogno di -almeno- un antagonista, s'intende). Entrambe, infine, hanno incrociato la strana sorte dei due gemelli siamesi, i "mostri", per dirla con Victor: tema moderno e primitivo, davvero in auge nei primi decenni del '900, con le processioni di carrozzoni e vaudeville che li esibivano agli angoli delle fiere. L'incapacità di comprendere, di respirare a pieni polmoni i cambiamenti della propria epoca, la noia, la corruzione, in una parola: l' Involuzione del tessuto sociale borghese, privato letteralmente delle sue ricche stoffe, fu l'utero o la terra fertile per la Rivoluzione sartoriale di un altro vestito, quello bolscevico. Perché non è la lingua, ma il linguaggio che può vantarsi di tradurre ogni cosa. Toc-toc: -"Dovrò punirti. Perché sei stata così cattiva? Stavolta, siccome è la prima volta, ti colpirò poco"-"Frrrrr-Frrrrr" . (Rumore di piccole verghe, fotogrammi per maschi solitari)E scendano tutti i sipari del caso. Qualcosa di memorabile:-Il "girato" del film, praticamente per intero: bisogna riconoscere che è impeccabile. Splendidi i piccoli battelli che solcano il fiume, come grossi scarabei, annunciando la rivoluzione industriale, con la locomotiva e agli alti comignoli delle fabbriche cittadine.-La scelta del tono narrativo: sontuosa, elegantissima, con la sua svolta caricaturale, didascalica e certamente grottesca nel rispetto di una "stravagante" sceneggiatura.-Infine, la faccia, anzi no: la bocca di Victor Ivanovich, coi denti larghi come piccole zattere solcate da corde di pece.
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