Alla vigilia di Halloween racconto una storia in cui appare una ‘strega’, nell’accezione malvagia del termine comunemente usata per definire donne cattive – terribili – crudeli – avide – che rovinano la vita al prossimo, ma alla fine spesso, e per fortuna, pure a se stesse.
Dunque…
C’era una volta, negli anni ’30, un giovane, Philip Carey, che dopo aver tentato a Parigi di diventare un pittore, deve arrendersi all’evidenza di non avere talento.
Chiede un parere al pittore suo mentore, e costui gli parla molto chiaramente: “Non si faccia conoscere per le sue qualità più modeste ma per qualcosa di meglio. Le consiglio di armarsi di coraggio e non continuare a rovinare la sua vita… C’è qualcos’altro cha la interessa?”.
Philip Carey non ha molto da scegliere: è affetto da ‘piede equino’ una malformazione che lo rende zoppo, e decide allora di diventare medico come era suo padre.
Ma nelle parole del maestro c’è già una traccia di un altro problema di Philip, quello che sarà base di tutta la storia: la debolezza di carattere di Philip, la mancanza d’iniziativa, l’adagiarsi in situazioni penose senza riuscire a liberarsene.
Egli torna dunque a Londra, e comincia a studiare medicina, modestamente mantenuto da uno zio…
Un giorno incontra in un bar la cameriera Mildred Rogers e ne è subito inspiegabilmente attratto, per quanto lei non abbia grandi qualità… è graziosa ma non particolarmente bella, è scostante, ignorante e volgare. Mildred, dentro di sé, è da subito disgustata dalla malformazione di Philip, pur cominciando a flirtare un poco con lui come fa con molti altri. Accetta di frequentarlo, ma nel contempo esce anche con altri uomini.
Un suo rivale, più anziano, un certo Miller, un giorno gli si avvicina all’uscita del locale dove Mildred lavora, e molto affabilmente si presenta (“Dato che siamo interessati alla stessa donna”) e sportivamente gli dà alcuni consigli: “Lei caro ragazzo è così… senza carattere… Guardi me, ci vuole polso!”
Ed ecco di nuovo sottolineato il problema di personalità debole di Philip.
Philip, nonostante la frequentazione con Mildred sia così infelice e saltuaria, condizionata dai capricci e dalle cattiverie di lei, è tanto preso che arriva a comprare un anello e chiedere di sposarla, ma Mildred gli annuncia che sta già per sposarsi con Miller.
Anche se Philip continua a sentire un forte legame affettivo e cade nella depressione, lei sembra dunque uscire materialmente dalla sua vita…
invece…
Tornerà periodicamente a sconvolgere la vita di Philip, spesso quando lui sta tentando di dimenticarla intrecciando rapporti seri con altre donne, migliori, più belle, intelligenti, gentilissime, che lo accettano per quel che è, e che lo farebbero certamente felice.
Come Norah. E poi Sally.
Donne alle quali non importa del suo ‘piede equino’, che lo amano genuinamente.
Ma ogni volta che Mildred riappare, sempre per interesse, quando è nei guai, e ogni volta che ricompare è caduta più in basso…
Ogni volta, ingannato dalle false moine iniziali di Mildred, e dalla sue bugie, Philip abbandona tutto quanto ha di buono, trascura e lascia chi lo ama davvero.
Solo perché torna Mildred, che lui non ha mai smesso di amare di quell’amore inspiegabile e sottomesso, e che tuttavia, dopo la finta grazia con cui si presenta alla sua porta, ogni volta si rivela una strega sempre peggiore che gli fa ogni sorta di cattiveria, nonostante Philip la mantenga con grande sacrificio, dato che a sua volta riceve solo una modesta cifra dallo zio per mantenersi agli studi.
Si susseguono svariate vicissitudini…
- Ora, il film non è eccelso, ma c’è la prima interpretazione strepitosa di Bette Davis nei panni di una perfetta strega, parte che la consacrò per sempre quale Dark Lady cinematografica- per la cronaca, il film è del 1934, lei aveva 26 anni – e per la quale fu nominata all’Oscar: ma quello era l’anno in cui ‘Accadde una Notte’ fece il pieno di Oscar, così rimediarono assegnando l’Oscar alla Davis l’anno successivo per altro film -
Ma la ragione che mi ha spinta a scrivere questo post è la… strabiliante ‘tesi’ psicologica, per così dire, sostenuta nel film.
Insomma io l’ho guardato con interesse soprattutto per l’affascinante psicologia del protagonista – Carey è interpretato da Lesley Howard, la cui recitazione non è all’altezza di quella della Davis, ma la cui faccia è perfettamente adatta a interpretare il tipo sottomesso-
Philip Carey è un uomo inspiegabilmente succube e attaccato a una donna per quanto lei sia una vera strega, e per quanto ne sia perfino disgustato!
E [spoiler] l’unico modo in cui riesce a liberarsi da questa schiavitù (il titolo in italiano è appunto ‘Schiavo d’amore’), è la morte della stessa Mildred!
E’ qui che questa tesi mi ha incuriosita, poiché è l’esatto contrario di quanto veniva mostrato in ‘Rebecca, la prima moglie‘ : in Rebecca, Hitchcock ci mostra la protagonista intimidita e depressa per la presenza ancora troppo ingombrante di una morta, Rebecca, la prima moglie appunto!
Ovvero, nel film di Hitchcock, le rivali, le donne tremende, non sempre è necessario che siano vive per rovinare la vita e il matrimonio: la povera seconda moglie di Max de Winter credeva che lui fosse ancora innamorato di Rebecca, credeva di essere stata sposata per mera compagnia (salvo poi scoprire che si sbagliava sui sentimenti del marito, e che questi non era affatto legato alla prima moglie)!
Mi lascia molto perplessa che per estinguere un forte legame, e specie un legame di sudditanza, basti la morte o la sparizione della persona ‘adorata’.
Non per niente alla fine del film, quando Mildred è morta – e solo allora lui chiede a Sally, che lo ama e lo aspetta da mesi, di sposarlo – dice alla ragazza: “Sono riuscito finalmente a capire che mi preoccupavo del mio piede, ma invece era il mio animo a zoppicare. Perché ero legato a una persona che mi rendeva infelice. Ma ora sono libero, la vita è nelle mie mani”.
Ecco, questo mi allibisce: che per lui sia normale che la vita torni nelle sue mani solo perché, e quando, quella tizia di cui era succube muore!
Nulla dei sentimenti di Philip è dipeso dalla sua volontà o buon senso, lui non ha fatto alcuno sforzo per liberarsi da solo dalla schiavitù affettiva nei confronti di quella donna.
Vivente o non vivente la persona verso cui era ‘addicted’!
E se Mildred non fosse morta?
Philip avrebbe continuato per sempre la sua… ‘NON vita’ ?
Quando chiede a quella ragazza, Sally – con così tanto ritardo – di sposarlo, la cosa anziché rallegrare lascia un sacco di perplessità, perché fino a 10 minuti prima, quando Mildred ancora era in vita, non ci sarebbe stato posto nel cuore di lui per un’altra!
La sottomissione affettiva per Mildred è sempre stata più forte di qualsiasi sentimento per Sally!
E dunque, fossi Sally, dubiterei seriamente di essere amata, e che Philip sia davvero libero anche dopo la morte della strega. [fine spoiler]
Ecco perché l’Happy End di questo film non mi convince per niente!
C’è qualche cosa di irrisolto in questo finale, come un nodo che non è stato sciolto, un problema e dei sentimenti troppo forti e complessi che si danno per chiusi e superati troppo facilmente e sbrigativamente, considerato il dramma doloroso di cui siamo stati spettatori: e dunque si percepisce che non c’è stata una vera soluzione.
Vale la pena di vederlo comunque, questo film, anche per questi motivi.
E poi, che ne pensate, o viandanti, di situazioni come questa esposta nel film?
Le mie riflessioni sono giuste o sbagliate?
Intanto me ne vado a fare un voletto a cavallo della scopa.
Buon Halloween!
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‘Of Human Bondage’, dall’omonimo romanzo di Somerset Maugham.
Titolo italiano: ‘Schiavo d’amore’
Drammatico, 1934, USA
Regia John Cromwell
Philip Carey: Leslie Howard
Mildred Rogers: Bette Davis