Of our elaborate plans, the end.

Creato il 13 luglio 2010 da Vilipendio

Siamo come i bambini. Vogliamo vivere avventure, scovare misteri. Solo che i bambini accettano ogni qual cosa li emozioni; noi abbiamo bisogno di un chaperon razionale. Senò, niente emozioni per noi, grazie. Sciocco tu ad averci provato, con me che sono così furbo. I bambini sono sempre pronti alla favola, noi preferiamo occuparci di cose serie come costruire le nostre personali routine.
Quanto mi dà fastidio quando manco sono finiti i titoli di coda e mi chiedono “allora? che dici? sbrigati perlamadonna, hai pochissimo tempo per dire la cosa intelligente che ci si aspetta da uno che vorrebbe passare per sveglio”. Mentre io vorrei solo godermi le mie emozioni, se ne ho. Ero andato lì apposta per averne. Poi si può innescare il prossimo livello, quello razionale, e iniziare a nalizzare, verificare, catalogare.  Anche questo è divertente. È un cerimoniale ludico, un rito. Come un tempo le femmine giocavano a Mamma&figlia (cosa del tutto incomprensibile) e i maschi con le macchinine (ora sì che ci siamo); così adesso una cosa divertente, in un secondo momento, può essere prolungare l'orgasmo nella razionalizzazione. A capirlo, l'ho capito; solo che non mi riesce granché applicare il concetto in tutti i contesti.


La notte, o meglio la mattina presta in cui ho finito di vedere l'ultima puntata di Lost ero più sconvolto di quanto mi accorgessi. Sono andato a letto, ho messo a '3' il ventilatore sul soffitto. Come d'inconsueto, ho spento quasi subito la luce. Invece di leggere per ore, ho giusto gironzolato per qualche minuto su internet (ci vado pure a letto con internet, “Vuoi tu, baldo pelato, prendere in moglie Internet, nella buona e nella cattiva connessione?” “Sì. Lo voglio.”). Poi ho spento, e mi sono addormentato quasi subito.
Qualche ora dopo, già cinguettavano gli orridi uccellini mattutini che mi affliggono il fuso orario d'estate, ho avuto freddo, e mi sono ficcato sotto il piumone che ancora mi giace affianco, pigro più di me, nonostante l'umido luglio assassino.
Mi sembrava di dormire da solo, all'aperto. Come se fossi in mezzo ai giunchi di Jack. Che vergogna, avrei sperato fossero meno banali, le mie suggestioni. Avevo bisogno di un riparo. Capivo che era una specie di sogno, e che coprirmi col piumone per quanto assonnato fossi poteva imbarazzarmi. Ma facendolo stavo meglio.
È incredibile quanto anche a livello inconscio fossi impressionato. È finito, le peripezie sono finite, nell'unico modo che ci sia dato per farci finire le cose. Mille peripezie, una e una sola possibile conclusione. Altro che cento: eterni anni di chiassosa solitudine. Che con tutto l'eccesso di entropia prodotta, finisce anche stavolta. È finito, e io li rivorrei subito. Come una bimbetta vorrebbe indietro la bambola, se gliela levassero. La bambola sta lì, e la sua immutabilità serve da consolazione quando non si capiscono le cose. Allo stesso modo, quei personaggi servono a illudere che tutto si possa controllare, provando e riprovando, fuggendo le routine, vivendo speciali, piegando gli eventi o autodisciplinandosi, attraversando rivoluzioni o cambiando sfumature. Alla ricerca, mica di molto; di un senso? di uno scopo? di una spiegazione? di una rivincita? Questo li muoveva, questo ci muove. E ora che è finito, nell'unico modo, l'unico modo! in cui le cose ci finiscono, sento freddo. Ho bisogno di un riparo. Anche uno effimero e fastidioso come un piumone d'estate.

Centinaia di anni di solitudine. È incredibile come le cose più brutte possano essere così belle. È incredibile come le cose più belle possano essere tanto brutte.
No safety or surprise.
Qui una bestemmia ci starebbe bene.

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