Un intero post off topic, addirittura. Perché oggi parlo d'altro.
Qualche commentatore faceva notare che, a guardarlo su Fb, nei giorni scorsi, il referendum era ormai ad un quorum del 110%.
Sarcastico, il commentatore, ma neanche poi tanto. Perché aveva visto giusto, aveva visto una cosa che, in altri Paesi del mondo, era già successa e che qui da noi invece tardava ad accadere. Insomma, un'altra classifica nella quale solennemente accomodarci agli ultimi posti.
Ad esempio, era già accaduto in Spagna quando, all'indomani dell'attentato di Madrid, un passaparola fatto tutto di sms (almeno così racconta la "leggenda" ma, forse, anche la cronaca) ribaltò ogni sondaggio: Aznar, che aveva mentito di fronte al Paese, fu sconfitto. Al Governo andò Zapatero.
Non sto a ridire del Maghreb, dell'Egitto e degli altri Paesi dell'area: sappiamo tutti quando sia stato determinante il web.
Il risultato clamoroso del referendum è doppiamente, scusate il raddoppio, clamoroso. Perché avvenuto in un contesto occidentale avanzato, democratico, eppure in assenza di comunicazione e informazione. Ancora una volta, una fazione di oligarchi aveva deciso di mettere a tacere i Comitati Promotori, di nascondere sotto al tappeto la questione.
Il diktat era: "boicottare".
La vera grande campagna informativa è partita da un luogo completamente diverso dal solito. Non le televisioni, non i giornali, pochissimi partiti politici e, alcuni, anche solo all'ultimo minuto (riparliamo di questo, domani).
Ancora una volta, come accaduto in parte per la campagna elettorale delle amministrative, si è mobilitata la cittadinanza, la società civile, quella famosa "base" (comitati, associazioni, cittadini) che ha saputo portare la campagna referendaria dapprima nel tam-tam di internet poi a volare radente sui territori per tornare infine alla rete. Anche alla forma stessa della rete. Maglie, legami sempre più saldi e stretti.
A ben guardare, tra gli altri elementi, sulla rete internet ha funzionato il meccanismo del marketing virale. Ricordo la primissima comparsa dei vari loghi dei Comitati, il "vota sì", le faccine, le scritte, i widget. Nacque una etichetta immediatamente riconoscibile che ha saputo veicolare, all'inizio, l'attenzione e l'interesse verso quella campagna e, di seguito, una forma di immedesimazione: "il problema mi riguarda".
Non so dire quanta parte di chi ha votato lo abbia fatto essendo davvero e concretamente coinvolto, per consapevolezza reale, perché abbia seguito il pochissimo dibattito o si sia informato a fondo sui contenuti (quanti avranno letto davvero i quesiti?).
Quel che so è che la viralizzazione ha funzionato, ha raggiunto persone che non avrebbero ascoltato un dibattito tv, che non avrebbero letto decine di pagine di articoli o di libri (che invece, accanto al web, sono comparsi numerosi nelle librerie). Che grazie a quel contatto così "leggero e facile" ha preso coscienza di un problema e ha dato il suo parere, la sua opinione, Il suo segnale precisissimo.
Per correttezza confesso che sono stato (e forse un pochino lo sono ancora...) molto scettico sull'effettiva valenza di spazio propulsivo del cambiamento del web. Per tutta una serie di motivi che è inutile ripetere qui. L'ho sempre visto come un luogo di invasivo marketing, fatto per venderci qualcosa (e così mi pare sia andata, appunto, anche stavolta) e non come spazio critico.
Stavolta forse qualcosa, nella mia percezione e nella mia testa, cambierà.
Dopotutto, questo clamoroso risultato ha posto non la prima pietra ma il primo macigno.
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