Offendere via social è reato, attenzione alle vostre bacheche (e un piccolo manuale di netiquette)!

Creato il 16 marzo 2016 da Valentinap @mammeaspillo

Offendere via social è reato: lo conferma una sentenza della Corte di Cassazione. Ecco un piccolo manuale di bon ton per Facebook & Co

Vi è mai capitato di avere una voglia irrefrenabile di dire ciò che pensate di una persona su Facebook o su altri social? Attenzione, perchè secondo la Cassazione offendere via social è più grave che offendere a voce e si rischia di dover pagare risarcimenti pesanti.

Chi sui social ha un profilo o una fan page piuttosto conosciuti lo sa bene: le critiche spesso arrivano e in molti casi sono anche pesanti e strettamente personali.

Mi è stato detto da persone che evidentemente non hanno di meglio da fare che voglio uccidere i bambini visto il mio attivismo sul tema vaccini, che sono una persona da poco, che le mie figlie un giorno mi odieranno perchè sono egoista e non penso minimamente a loro, persino che mia figlia non è in realtà mia figlia e che nelle foto si mostra schifata nel prendermi la mano. Tutte cose prese di solito con un sorriso per la pochezza intellettuale del commentatore stesso. Ma ignorare non sempre è giusto è possibile, specialmente quando con una serie di commenti offensivi o post riconducibili alla mia persona cercano di arrecare danno al mio lavoro, quello con cui mantengo le mie figlie.

Oggi gli amanti del commento selvaggio sui social devono fare molta attenzione: offendere via social è diffamazione aggravata ed è paragonabile a quella a mezzo stampa. In pratica, se offendete qualcuno in un commento o in un post, potreste essere accusati al pari di un giornalista che diffama un personaggio pubblico.

A stabilirlo è una sentenza della Corte di Cassazione, che sentenzia che offendere via social e nello specifico insultare su Facebook è grave anche più dell’insulto a voce, visto che il giudizio negativo sulla persona si propaga in maniera incontrollabile. 

L’esempio viene da un post su Facebook del 2010, quando l’allora commissario straordinario della Croce Rossa aveva scritto un post nella propria bacheca, a cui un componente della stessa associazione aveva risposto in un commento apostrofandolo come “parassita” e “cialtrone”.

Ebbene nella sentenza delle Corte di Cassazione n°8328/2016, ha confermato la condanna per diffamazione. Come si legge si sito Studio Cataldi, dove è riportata la sentenza, il reato di diffamazione “può essere commesso a mezzo di internet, sussistendo, in tal caso, l’ipotesi aggravata di cui al terzo comma della norma incriminatrice, dovendosi presumere la ricorrenza del requisito della comunicazione con più persone, essendo per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti”. L’uomo è stato quindi condannato a pagare un lauto risarcimento e le spese processuali.

Attenzione quindi a ciò che scrivete e a come commentate e in generale seguite questi semplicissimi consigli di “Netiquette”:

– se non vi piace una persona e la ritenete poco intelligente fate il semplice sforzo di non seguirla;

– se questa persona vi ha fatto un torto, fate la stessa cosa, perchè ahimè i social scatenano la voglia di replicare e il rischio di essere offensivi è dietro l’angolo;

– non scrivete post contro altre persone, anche non facendone il nome: non solo per una questione legale, ma anche e soprattutto epr una questione di dignità personale. Leggere chi parla male di altri non è mai piacevole;

– in generale, non sono i social nè il web in generale il luogo per farsi giustizia: la giustizia si cerca altrove, con il dialogo o se non basta per vie legali. Ma non certo in un post di facebook;

– state lontani da chi diffama gli altri via social, perchè saranno gli stessi che un domani potrebbero diffamare voi e perchè, in generale, la negatività deve essere lasciata morire lì dove nasce.