Nonostante ci si vanti spesso di come i tempi siano cambiati rispetto al passato e si faccia sfoggio di termini densi di significato come tolleranza, sostegno, vicinanza, partecipazione, il più delle volte ci si ferma soltanto alla teoria, dimostrando tutto l’opposto con i fatti. Allora viene naturale chiedersi se davvero la storia ci ha insegnato qualcosa, e se non stiamo sempre più regredendo verso una vera e propria – triste a dirsi – involuzione.
Attraverso la sua pagina Facebook, Saviano è stato informato dell’accaduto e ha scritto una nota dove si evince tutta l’amarezza provata dallo scrittore, unita al dispiacere di constatare come sia difficile vivere in un paese raccontando e difendendo la verità: “Al di là dell’idiozia scritta, l’ennesima infamia subita non mi infastidisce. Mi ha fatto però riflettere. A volte mi sembra davvero di meritarla la camorra. Di meritarla io, di meritarla tutti. Nel paese in cui raccontare innesca rabbia in chi non l’ha fatto, bile in chi l’ha fatto male. Nel paese in cui raccontare ti rende bersaglio, a prescindere, di tutto e di tutti, di mafiosi e gente per bene. Per superare l’imbarazzo di non essere abbastanza, di aver fatto poco, spesso si riversa l’odio su chi racconta il male, non su chi lo fa. Il male conforta, fa sentire migliori. Osservare il suo racconto costringe invece ad agire o a cercare motivazioni valide per non aver agito. La codardia è un sentimento terribile con cui convivere e allora non resta che aggredire, denigrare, deridere, insultare. Da un paese del genere spesso è meglio star lontani.”
Numerosi sono stati inoltre i messaggi di sostegno rivolti allo scrittore, anche da parte di moltissimi catanesi che non si riconoscono in quella scritta e che credono ancora nella giustizia e nella lotta alla mafia, dimostrando così l’esistenza di una larga fetta di siciliani onesti.