A Miele non piace il mare. Non c'è voluto molto per capirlo: il sole gli dà fastidio, la sabbia bollente sotto le zampe lo irrita, gli altri cani non vogliono giocare con lui, l'acqua è troppo salata e le onde gli entrano nel naso. Non riesco a leggere, il sole e la sabbia bollente danno fastidio anche a me. L'unica cosa che mi dà pace è l'odore del sale. Mi alzo e vado sul bagnasciuga. Lo guardo mentre corre verso di me prima che l'acqua lo raggiunga e lo travolga, poi saltare come un razzo verso il mare quando l'onda si ritrae, infine tornare indietro quando fa la sua ricomparsa. Anche se è piccolo ha una voce potente, quel posto così nuovo non lo fa stare zitto. La gente lo guarda, sono un po' imbarazzata ma non potrei fare nulla per cambiare la situazione. Vorrei portarlo via, ma si è deciso che staremo almeno fino al tramonto. Non che la serata in quell'agriturismo deserto - e pieno di altri cani con poca voglia di giocare – sia tanto meglio. Cinque ore in macchina chiuso in una gabbietta, per arrivarci. Alla prima sosta in autogrill non riuscivamo a tenerlo fermo, tutti quei rumori di macchine lo spaventavano. Aveva solo otto mesi, la prima volta che lo abbiamo portato in vacanza con noi. Io non dovrei essere qui: ho ventidue anni, alla mia età è raro che si vada ancora in vacanza con i genitori, ma non avrei troppo da fare restando in paese. Una delle mie valigie contiene solo libri: ne leggo uno al giorno. Quello di oggi è La fabbrica dei corpi di Patricia Cornwell. Al nostro ritorno dovrò iniziare a scrivere la tesi. Con il senno di poi, avrei potuto portare le prime cose da studiare anche qui.
Prima di Miele avevo paura dei cani. Un trauma infantile mai risolto, la cockerina che i miei avevano preso appena sposati era gelosa di me. Diventò aggressiva, era malata da tempo. Si chiamava Carlotta. Non ho alcun ricordo di lei. Vent'anni e un altro figlio dopo, ai miei è tornata la voglia di un cane. Me lo dissero. Risposi che avrei preferito aprire un rettilario. Una domenica pomeriggio uscii, e al mio ritorno c'era Miele. Era rannicchiato sotto il calorifero, mia mamma gli aveva dato un colpo con un giornale arrotolato perché aveva fatto la pipì in casa. Era grande come la mia mano. C'è voluto del tempo, ma Miele mi ha insegnato a non avere paura di lui. Né degli altri cani. Mi erano rimaste altre paure, per esempio quella di restare a casa da sola se avessi deciso di non andare in vacanza con i miei. Oppure quella di laurearmi troppo presto, non trovare un lavoro e passare il mio tempo ad annoiarmi.
Ero lontana anni luce dall'aprire un blog.
(qui le puntate precedenti di Officina letteraria...)