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Un gruppo di ragazze, accomunate dal desiderio di non mancare la sfida con il Bahrein, decisiva per la qualificazione ai Mondiali 2006, si ritrovano a condividere la recinzione destinata alle fermate prima di essere trasportate in caserma.
Una riflessione lucida, disarmante e al contempo leggera della situazione politica di un Iran che pare ancora lontano anni luce dall'idea di democrazia.
Da queste parti l'ammirazione per il Cinema iraniano è sempre stata considerevole, pur se limitata dalle proposte che riescono a valicare confini, frontiere e proibizioni interne e giungere ai grandi Festival del vecchio continente e non solo.
Kiarostami e Panahi sono le due voci più autorevoli di una corrente artistica paragonabile al nostro neorealismo, ed autori di pellicole indimenticabili quali Il sapore della ciliegia - uno dei film più sconvolgenti degli ultimi vent'anni - e Oro rosso, tanto per segnalare i più importanti.
Il secondo tra i due registi, che cominciò la sua carriera come aiuto ed allievo del primo, ha percorso l'Europa come un ciclone con lo straordinario Il cerchio, vincitore del Leone d'oro a Venezia e responsabile di una nuova sensibilizzazione rispetto al Cinema di un Paese in cui la vita di artisti ed intellettuali - ma non solo - non è propriamente rose e fiori.
Nel caso di Offside - Orso d'argento a Berlino qualche anno fa - Panahi abbandona, almeno in parte, i toni cupi e senza speranza dei succitati Il cerchio e Oro rosso, arrivando quasi a sfiorare l'ironia di Persepolis, e ponendo sotto i riflettori il ruolo scomodo della donna nella società attraverso il calcio, disciplina storicamente a quasi totale appannaggio maschile, in un momento di grande aggregazione, la vittoria dell'Iran sul Bahrein che consentì alla compagine mediorientale di partecipare a Germania 2006 - POPOROPOPOPOPOOOO! -.
Le ragazze protagoniste, da quelle silenziose e rassegnate alle future libere pensatrici "combattenti", messe a confronto con la possibilità negata di stare accanto alla propria squadra nazionale in un momento così importante e con i militari di leva costretti a sorvegliarle prima dell'arrivo del loro superiore assume tutti i connotati di una satira sociale anche più spietata di quanto potrebbe essere quella di un qualunque film profondamente drammatico, e trasforma i momenti quasi comici che vengono a crearsi in una serie di riflessioni profonde sui cambiamenti di cui una nazione dalla Storia così importante necessita per poter definitivamente entrare nel nuovo millennio - magari senza un leader dispotico e dittatoriale come quello che si ritrova ora -.
I continui confronti tra le ragazze e i militari, dai ricordi del responsabile, legato alla sua casa e alla sua terra in provincia, fino alla straordinaria sequenza nel bagno degli uomini - perchè negli stadi iraniani non esiste una toilette per signore - paiono quasi un trattato sull'umanità e la sua complessità sociale che rimanda alla riflessione ben più terribile di Kiarostami nel di nuovo già citato Il sapore della ciliegia, in cui il protagonista chiedeva ad un religioso, un soldato e un contadino di aiutarlo a suicidarsi.
Il crescendo conclusivo e la festa a seguito della vittoria dell'Iran paiono quasi un sospiro di sollievo non soltanto per lo spettatore, ma per il regista stesso, che nonostante tutto pare nutrire speranze enormi per i giovani, siano essi figli della moderna Teheran o delle campagne ancora ancorate alle tradizioni, giovani donne coraggiose o soldati con il terrore di un prolungamento della leva.
Panahi è ottimista ancora oggi.
Panahi è in stato di fermo - dopo mesi di carcere e di appelli della comunità cinematografica internazionale, ai domiciliari - per aver minacciato il regime attraverso la realizzazione e la diffusione del suo lavoro, e così sarà per i prossimi cinque anni.
Panahi non potrà più girare, produrre, scrivere, montare un film, in Iran o all'estero, per una sala di quartiere o un grande Festival internazionale, per vent'anni.
Panahi, senza dubbio, nutre ancora speranza. Di lottare, di girare, di vivere.
E chissà che un giorno non ce la faccia, come questo sorprendente Iran dei mondiali 2006.
Chissà che un giorno l'Iran non riesca ad arrivare a vincerli.
Chissà che un giorno l'Iran non possa diventare un Paese libero.
MrFord
"Free as a bird,
it's the next best thing to be.
free as a bird."
The Beatles - "Free as a bird" -
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