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Mentre passeggiavano si sono imbattuti in un piccolo nodulo di roccia con un pezzo di legno sporgente dal suo interno. Incuriositi dall’oggetto, i coniugi lo hanno custodito intatto fino al 1946, quando loro figlio George decise di frantumare il nodulo per ispezionarne l’interno. La rottura del nodulo di roccia rivelò quello che aveva tutta l’aria di essere un martello, con tanto di testa metallica. Come riportò lo stesso George Hahn, la testa del martello mostrava segni minimi di ossidazione, era liscio al tatto e ricoperto da una sorta di rivestimento fossile brunastro. La forma della testa è sostanzialmente rettangolare e il manico sembra essere composta di legno mineralizzato. Certamente, ciò che lasciò sconcertati i primi esaminatori dell’oggetto fu scoprire che la roccia calcarea nella quale era inglobato il martello risaliva ad un formazione geologica del Cretaceo (più di 100 milioni di anni fa), contraddicendo in modo spudorato il calendario evolutivo standard. Come riporta The Epoch Time, nel 1983 il martello fu acquistato da Carl E. Baugh, un ricercatore indipendente a caccia di anomalie geologiche, il quale coniò il nome di “Artefatto di London”. Il presunto martello fu presentato al pubblico da Baugh nel 1986 in una conferenza stampa tenuta a Pittsburgh, Pennsylvania. In un intervento successivo, tenuto nel Creation Evidence Museum da lui fondato in Texas, Baugh ha presentato i risultati delle analisi eseguite sulla testa del martello dal Battelle Laboratory a Columbus, Ohio, un laboratorio che ha testato rocce lunari per la NASA. I test mostrano che la testa metallica del martello risulta essere composta per il 96,6% di ferro, il 2,6% di cloro, lo 0,74% di zolfo, e nessuna traccia di carbonio. Si tratta di una mescola molto insolita per la metallurgia, dato che l’utilizzo del carbonio serve a rafforzare il ferro fragile. Inoltre, è particolarmente inusuale la presenza del cloro. Il metallo, comunque, mostra un alto grado di raffinatezza, senza la presenza di bolle d’aria al suo interno. Inoltre, pare essere rivestito da una pellicola di ossido di ferro, la quale molto difficilmente può formarsi in condizioni naturali e che è capace di prevenire l’avanzare della ruggine. Si tratta di una tecnica di lavorazione molto simile a quella riscontrata nell’enigmatica colonna metallica di Ashoka, in India. Glen J. Kuban, scettico rispetto all’autenticità dell’artefatto, nel 1997 ha scritto un articolo intitolato “Il martello di London: un presunto artefatto fuori posto”, nel quale mette in discussione i risultati dei test. Secondo Kuban, anche se la pietra attorno all’artefatto può contenere minerali che sono antichi più di 100 milioni di anni, ma questo non significa che la roccia formatasi attorno al metallo sia altrettanto antica. La roccia calcarea, infatti, potrebbe facilmente essersi sciolta e poi solidificata di nuovo attorno al martello. L’opinione di Kuban almeno ammette che l’artefatto sia autentico, anche se ne contesta l’antichità. Ma Baugh non si dà per vinto. Sul suo sito web, infatti, il ricercatore indipendente fa notare che alcuni fossili che fanno parte della roccia non sono stati modificati, ma fanno parte della formazione originaria: “Questo suggerisce che i fossili e il martello risalgono allo stesso periodo”. Kuban ribatte facendo riferimento ad una datazione al radiocarbonio eseguita nel 1990 sulla testa del martello, mostrando che il martello potrebbe essere antico di pochi anni, fino ad un massimo di 700 anni. Ma David Lines, un supporter di Baugh, ha detto che si tratta di risultati inconcludenti, in quanto il metallo sarebbe stato contaminato da sostanze organiche più recenti. Certamente, come spesso avviene quando si ha ha che fare con artefatti controversi, entrambi le fazioni utilizzano i risultati dei test per argomentare le proprie tesi e confutare quelle degli avversari. Purtroppo, anche per il Martello di Londra, manca la “pistola fumante”, ovvero quella prova definitiva che dimostri in maniera chiara la natura e l’epoca dell’oggetto.Fonte: www.ilnavigatorecurioso.it
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