"Oh Irene, hai visto che casino a New York?"New York. Filippo. Boccheggio. Il giorno dopo avrei dovuto incontrare Filippo per salutarci prima della sua partenza per New York, prevista per il 13 settembre. Direzione: Manhattan, a casa del suo amico (Marco, forse? Quante cose si dimenticano, in dieci anni). Boccheggio. Accendo la tv. Tg speciali ovunque. Un aereo che entra in un edificio come un ago in un pezzo di stoffa. Un videogioco? Un set hollywoodiano? No, le Twin Towers. E' un bel casino. Accendo il pc. Email assolutamente delirante a Filippo. Bus per andare al lavoro. Gli operai del turno spezzato che non sapevano niente, le notizie che continuavano ad arrivare dal tg radio, Filippo che mi dava notizie del suo amico (Marco, sì, sono quasi sicura che si chiamasse così. O forse era Luca?) via sms.La bandana di Riccardo, quella con la bandiera degli Stati Uniti, abbandonata su una sedia del ristorante è la prima cosa che vedo quando arrivo al lavoro. La voce di suo fratello Massimo è la prima cosa che sento: appoggiato al bancone del bar, osserva lo schermo dove gli aerei continuano a schiantarsi a ripetizione nelle Torri e constata: "Laggiù da Bin Laden ora ci verrà fuori un parcheggio".
Abbiamo tutti un ricordo personale di quel giorno che ha cambiato per sempre la storia dell'umanità. Il mio è questo e, dopo tanti anni, eccolo qua, nero su bianco. Io stessa cerco di prenderne le distanze, quando e se mi riesce. Mi sembra passata una vita. Dieci anni, in effetti, sono circa un terzo della mia vita.
Ah, volete sapere com'è andata a finire, poi, per me?Filippo alla fine non l'ho incontrato. Il suo viaggio è saltato (ma ci sarebbe davvero dovuto andare? è la domanda che mi feci più di una volta), e quindi anche il nostro commiato è slittato in fondo alla sua lista delle priorità, per poi uscirne velocemente. A New York non so se lui c'è stato. Io no, e continua a non essere tra i luoghi da visitare al più presto. Devo ancora farci pace: nella mia testa questa città è ancora troppo legata alla ragazzina ferita che ero, e ogni volta che credo di essere pronta ad affrontarla, poi faccio un passo indietro all'ultimo momento.
Un mese dopo stavo già insieme a Riccardo. Ci è voluta molta pazienza, all'inizio: più che stare insieme, i primi tempi abbiamo fatto una specie di mutua fisioterapia emozionale. Poi dalle macerie di quell'amore ne è nato un altro. Più saldo, che dura tutt'ora. Si può sempre ricostruire: è faticoso, ma niente ci impedisce di provarci.

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