I padroni della notte
James Gray dirige un noir come se fosse un melò e conferma che, per essere perfetti o vicino alla perfezione, bisogna scavare nell'imperfezione pura. E così "I padroni della notte" guarda nell'imperfezione della vita famigliare, piuttosto che nella perfezione assoluta dei personaggi che, con i loro limiti, i loro clichè, i loro dubbi, sono molto più vicini a noi di quanto lo siano gangster-mitologici o piedipiatti-eroi. E il trio verticale, sotto la forma di piramide, capeggiato dal padre Robert Duvall, con all'estremità i figli Mark Wahlberg e Joaquin Phoenix, trasmette una ramificazione dei rapporti di sangue imperfetta, umana, e destinata ad una difficile riorganizzazione dall'interno. Proprio quest'aspetto, con una sorta di barriera nel rapporto tra il padre con i due diversi fratelli, uno tendente all'onestà di poliziotto, l'altro piccolo scansafatiche cerca-grana, ma anche cerca-grane, mette in moto la vicenda. Il film si apre con una sequenza molto forte, che trasmette in parte la volontà del regista di spingere verso un'emotività anche fisica. Nel cast, trova posto una brava Eva Mendes, perfettamente a suo agio con Phoenix (una delle coppie cinematografiche più riuscite), Il film scava nel profondo dei sentimenti, senza perdere di vista la commerciabilità del prodotto, ma soprattutto è intessuto di sequenze complesse e riflessive, con un uso della macchina da presa dinamico, capace a volte, però, di congelare un momento con dei piano-sequenza che appaiono frutto di un accorato studio visivo. James Gray continua la strada del noir, ma sbanda, positivamente, sul melò vero e proprio. Una strada che lo porterà al punto massimo della sua carriera, quando "Two lovers" segnerà la fine-inizio di Joaquin Phoenix, troppo grande per essere un attore a tempo pieno, troppo grande per essere solo un attore. da vedere.