Teo Teocoli compie 70 anni portando con sé una vita fatta di successi, spettacoli, clamore e periodi bui, tenendosi stretto nonostante la carriera e una vita vissuta altrove, un’infanzia fatta di Sud, di terra arsa al sole, di mare a bagnare le coste di una Calabria contadina.
Non ha mai rinnegato le sue origini Teo, all’anagrafe Antonio, che nonostante un’intera esistenza vissuta a Milano non ha mai dimenticato di essere un meridionale. Nato casualmente a Taranto da genitori originari di Reggio Calabria, a 5 anni si stabilì definitivamente in Lombardia per volere dei suoi genitori, emigranti come tanti, emigranti di all’ora, alla ricerca di un futuro fatto di qualcosa di diverso che non prevedesse solo polvere, fatica e sudore.
Non ha mai smesso di essere uomo del Sud, come dimostrano i suoi personaggi ed in particolar modo quello che lo ha reso famoso: “Felice Caccamo, giornalista sportivo nato a Calzone Sul Vesuvio, napoletano verace” che con i suoi bizzarri interventi ha fatto ridere un’intera generazione di calciofili.. e non solo!
Occhiali spessi, pettinatura demodè, giacca azzurra e portamento goffo (seppur visibile solo a mezzo busto) hanno fatto di Felice Caccamo un’icona degli anni ’90. Direttore e fondatore di ’O Vicolo, Caccamo ha un debole per il fritto di mare totale e per il Napoli, squadra del cuore!
Napoli è la sua città e lo dice apertamente, nonostante a qualcuno quell’ironia identitaria un po’ scanzonata faccia addirittura storcere il naso. E invece a noi no, non fa arrabbiare che Felice Caccamo parli un italiano incomprensibile e stentato, che sullo sfondo (come ad esibire uno stendardo) ci sia il Golfo di Napoli con tanto di Vesuvio a troneggiare, perchè i napoletani (se son quelli veri) sanno ridere anche dei propri difetti, quando si tratta di comicità.
Così anche noi gli facciamo gli auguri, riportando di seguito un significativo stralcio della sua autobiografia: “La città che ho amato di più è Reggio Calabria. Ci sono tornato tutte le estati fino a sedici anni. A diciotto sono andato a trovare la nonna con una Giulietta spider di terza mano che avevo comprato. Il quartiere era ancora uguale a come lo avevo lasciato, solo qualche casa nuova. […] Quando rientravo a Milano per un po’ parlavo reggino, ero spettinato, sporco, avevo le unghie nere, listate a lutto, e mi chiamvano terùn” portandoci dentro un unico desiderio..che un giorno o l’altro.. impari davvero a tifare Napoli!