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Oggi parliamo con… Annalisa Alfano

Da Gialloecucina

Ci apre le porte della sua cucina Annalisa Alfano, giovane scrittrice che ha da poco pubblicato “In viaggio verso la libertà”, un romanzo di carattere storico ed esoterico pubblicato da Ananke edizioni. Il precedente romanzo, I FIGLI DELL’AQUILA è un thriller esoterico particolare, ambientato nella Gerusalemme italiana. Federico II ha da sempre inseguito il suo grande sogno di costruire una nuova Gerusalemme. Sorge, cosi’, Aquila, su una pianta uguale a quella della Città Santa, anche se con i punti cardinali invertiti.

Leggiamo cosa ci racconta nell’intervista rilasciata ad Alessandro Noseda

 

Buongiorno Annalisa e grazie per l’invito nella tua cucina! cosa prepariamo?

Buongiorno a voi e grazie per l’invito. Mi complimento anche con il vostro blog; l’idea di associare la scrittura alla cucina è fantastica. In effetti, a pensarci bene, anche cucinare è un’arte creativa sublime. A me piace associare sempre la figura del cuoco a quella degli alchimisti medioevali: soltanto miscelando gli ingredienti giusti e nelle giuste dosi si arriva alla creazione di pietanze sublimi, che metaforicamente potremmo associare alla pietra filosofale. Io oggi sono alle prese con un dolce che, solitamente, dalle mie parti si fa durante le festività della Pasqua cristiana. E’ un dolce tra i miei preferiti ed è la pastiera napoletana. Mi piace a tal punto che le ho dedicato un passo nel mio ultimo romanzo. Posso citarlo?

Dal CAP VIII

“Unica, unica, mia cara Rosina! Una fetta della tua pastiera delizia per il palato e, nel contempo, per lo spirito”.
“Oh, mille grazie, signora Laura. E dire che è un dolce fatto di ingredienti poveri…come posso dire, semplici, ecco”.
“Una leggenda narra che la sirena Partenope, incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo e il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave, che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti. Accorsero verso il mare, commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero. Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, e in tutto l’universo. La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena. C’è un’altra storia attorno alla pastiera che ha per protagonista la Regina Maria Teresa D’Austria. La donna, consorte del re Ferdinando II di Borbone, soprannominata dai soldati la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di Pastiera e non poté far a meno di sorridere. Pare che a questo punto il Re esclamasse: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera. Ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.

Be’, mentre cuciniamo, ti faccio qualche domanda, o.k.? Mi racconti chi sei e perché leggi e scrivi?

Ti rispondo con la frase con la quale solitamente mi definisco nei miei profili dei social network: folle sognatrice che racconta i suoi viaggi già vissuti. Io sono convinta che ho sentito fortemente l’esigenza di indagare due periodi storici particolari, il Medioevo per il primo romanzo, e il Risorgimento per il secondo, perché in un certo qual senso è come se avessi vissuto in quelle epoche. Perché scrivo? E’ un’esigenza, metaforicamente una questione di vita o di morte. Scrivo per liberarmi e per condividere.

Perché hai accettato di accordare un’intervista a Giallo e Cucina? È un Blog che segui?

E’ un blog interessante, ha un suo carattere, ben lontano dalla banalità e dai tanti luoghi comuni che, ahimè, popolano tantissimi blog. E poi la frase del blog “non c’è nulla di più personale che leggere un libro” la condivido in pieno. L’incontro con un libro è davvero un qualcosa di personale e coinvolgente. Ti cattura lo sguardo con la copertina, ti coinvolge con le note e con le foto, ti attira a sé con il tipo ti carta e ti conquista con il contenuto.
Lo seguo da poco, ma mi incuriosisce. E’ doppiamente utile: mi fa conoscere libri e ricette nuove. E dato che a me piace sia leggere che cucinare…

Come nasce l’idea per i tuoi romanzi ?

Tutti e due i romanzi hanno avuto un periodo di incubazione molto lungo. Il, I FIGLI DELL’AQUILA, è nato dopo una visita della città de L’Aquila. Grazie ad un amico appassionato di storia ed esoterismo ho conosciuto una città piena di misteri e simboli, dietro la cui fondazione aleggia il nome di Federico II. Da lì mi si è aperto un mondo. C’è da dire che io sono da sempre appassionata di storia, con focus particolare sul Medioevo. Il secondo romanzo, IN VIAGGIO VERSO LA LIBERTA’, nasce dall’esigenza di rispondere ad una frase di Corrado Augias nel suo libro I SEGRETI DI ROMA. In quella frase l’autore affermava che se Mazzini e Garibaldi fossero nati in un qualsiasi paese estero, sarebbero eroi nazionali e non figure pressoché dimenticate, di cui si conosce poco o nulla. Aggiungo che io sono cresciuta in una casa “repubblicana” e certi ideali e valori li ho respirati sin dal primo istante della mia vita. Tutti e due i fattori, una visita ad un luogo e una frase letta su un libro,sono stati il pretesto per indagare a lungo, cercando nella maniera giusta, scavando molto nel sapere esoterico e non solo in quello exoterico. Dopo anni di ricerche sono nati i libri, molto diversi tra loro. Il primo ha un arco temporale di quarant’anni, il secondo poco più di ventiquattrore. Il primo ha come protagonista Bonaventura Vacalebre, un giovane giullare di origine occitana, che finisce al servizio di Federico II, prima, e Cavaliere Templare, poi. Il secondo libro ha come protagonista Antonio De Santis, settantenne chirurgo napoletano, che sta vivendo gli ultimi anni della sua carriera lavorativa e della sua vita. Antonio è stato carbonaro prima ed affiliato alla Giovine Italia poi.

Dove scrivi?

Prevalentemente a casa, sul mio scrittoio. Se non posso, nei caffè.

Hai un luogo prediletto?

Durante la fase di scrittura, direi di no. Durante la fase di elaborazione delle idee, ho bisogno di trascorrere del tempo al mare. Io ho un periodo di incubazione delle idee piuttosto lungo, mentre la fase di scrittura è alquanto breve.

Carta e penna o direttamente al PC?

Il pc per comodità. Ma il fascino dell’esperienza tattile con carta e penna non lo faccio mai mancare, soprattutto quando prendo appunti.

Preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo?

Mio marito è un compositore e la musica mi accompagna davvero sempre in tutte le fasi della giornata ma, quando scrivo, preferisco il silenzio per ascoltare quella interiore. Solo così riesco ad ascoltare i miei personaggi e quello che mi raccontano. Anche se traggo parecchia ispirazione dalla musica. Il finale del secondo libro mi è apparso subito chiaro nella mente, durante un concerto. Stavo ascoltando Beehetoven e le note mi hanno chiaramente detto cosa dovesse accadere al protagonista. Un finale inaspettato, che fino a qualche istante prima dell’ascolto nemmeno immaginavo.
“I figli dell’Aquila” è un thriller storico davvero originale . Da dove hai tratto l’ispirazione?

Dai misteri e segreti del capoluogo abruzzese, dalla straordinaria figura di Federico II, dai fermenti del Medioevo, un’epoca straordinaria e poco conosciuta.

Quanto rubi alla realtà e quanto è frutto della tua fervida fantasia?

Essendo romanzi storici, date e avvenimenti sono realmente accaduti ma i personaggi sono totalmente inventati, così come le loro vite.

Come delinei i personaggi? Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia?

Il personaggio nasce per caso. Nel primo romanzo Bonaventura doveva essere un giullare, figura straordinaria nel Medioevo, e doveva nascere in Occitania, perché in “In queste terre ho imparato il vero significato della parola libertà. Qui in Occitania i feudatari rispettano i poteri cittadini e si accontentano di un’autorità formale. Non esiste la sevitù della gleba. Il contadino è libero di contrattare il canone col proprietario della terra. I soli schiavi esistenti sono i prigionieri di guerra. Tra la nobiltà e il popolo ci sono due ceti intermedi, i menestrels (artigiani e imprenditori) e i mercadiers (mercanti), ai quali appartiene mio padre. Si sono organizzati in corporazioni per far sì che si limiti il profitto individuale a vantaggio della collettività. La comunità occitana è una comunità originale, aperta a ogni genere di esperienza. Qui ariani, ebrei, cattolici e musulmani vivono insieme”. (tratto dal romanzo)
Il personaggio principale del mio secondo romanzo, al quale se ne contrappone uno femminile, è un chirurgo napoletano. Mi sembra superfluo dire il perché della scelta di Napoli, con le sue stratificazioni sociali e culturali, con la sua storia millenaria, col suo inglobare diverse culture e tradizioni. Dicevo, Antonio è un chirurgo mentre sua moglie, Eleonora, era un’attrice e cantante di opera lirica. “Antonio ha sempre cercato di capire quanto il suo modo di agire influenzasse il corso degli eventi e viceversa. Si è sempre posto come proposito quello di studiare le dinamiche che sottendono l’essere di ogni singola forma vivente. Ed ecco la scelta di studiare medicina e, dopo, chirurgia. Ed ecco il perché del suo forte legame con Eleonora. Sono molto simili. Si sono posti gli stessi obiettivi, anche se hanno scelto metodologie diverse. Antonio ha cominciato dallo scavo minuzioso in ogni singola cellula. Eleonora si è dedicata allo studio della proiezione del corpo nello spazio. Antonio è partito dal macro per arrivare al micro. Eleonora ha fatto l’inverso, espandendo, attraverso il canto, la danza e la recitazione, tutte le pulsioni cellulari verso l’esterno.” (Tratto dal romanzo).

Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura del romanzo?

Le mie difficoltà maggiori sono di carattere narrativo, nel senso che mi pongo sempre mille interrogativi prima di scrivere: perché un personaggio agisce in un certo modo? Nel primo romanzo racconto un tentativo di aborto. Prima di farlo ho dovuto chiedermi il perché il personaggio giungesse a tanto e raccontare senza giudicare, né condannare, né giustificare. I miei interrogativi nascono quando devo immedesimarmi nel personaggio, anche se naturalmente in ognuno dei personaggi c’è qualcosa di me. Mi piace irradiare positività quindi vi dico che l’aborto non andrà a buon fine e nascerà il figlio di Bonaventura.

E del rapporto con Editor ed Editore cosa puoi dirci?

Con la mia casa editrice da subito si è instaurato un incredibile rapporto di stima e fiducia al punto tale che le scelte grafiche di copertina, soprattutto nel primo romanzo, sono mie e sono state approvate e realizzate senza alcun tipo di obiezione. Certamente l’editoria è in crisi come tanti altri settori e anche la mia casa editrice paga la sua scelta di puntare sulla qualità, su argomenti di un certi tipo, su validi autori, anche sconosciuti, piuttosto che su nomi, che siano scrittori o meno, che vendono indipendentemente da quello che scrivono.

Hai altri progetti in cantiere?

Si. Sono alle prese con le ricerche per il mio nuovo romanzo che, molto probabilmente, ambienterò ai giorni nostri.

Descriviti come lettrice?

Leggo molto. Leggo per me e anche per mio figlio.

Quali libri compri?

Non di un particolare genere. Sono, piuttosto, gli argomenti a catturare la mia attenzione. Nel senso che posso comprare un romanzo solo perché dalle note di copertina leggo che è ambientato in un determinato paese che in quel momento sto indagando dal punto di vista storico, sociologico e culturale. Naturalmente compro parecchi saggi di carattere storico esoterico, religioso, .

Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo?

Credo di aver già risposto sopra.

Se devi regalare un libro come lo scegli?

Se conosco la persona, cerco di seguire i suoi gusti e di farla avvicinare ai miei, cercando un testo che possa essere un buon compromesso.

Un consiglio ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?

Insistere, insistere, insistere. Mandarlo a quante più case possibile e in extremis ricorrere al self-publishing.

Ami la carta o apprezzi anche gli eBook?

Dipende dall’utilizzo del libro. Se si tratta un libro che leggo solo per curiosità, allora lo compro anche in formato eBook. Se invece mi trovo di fronte ad un testo che devo metabolizzare ed interiorizzare, il rapporto tattile con un cartaceo non ha eguali.

Ti piace presentare i tuoi libri al pubblico?

Io sono convinta che un libro, come qualsiasi opera, debba essere letto. Non va ad una presentazione di una composizione musicale senza l’ascolto della stessa o ad una mostra senza la visualizzazione del quadro. Per questo le mie presentazioni sono dei veri e propri reading, molto spesso accompagnati anche da musica live. Ho la fortuna di avere un marito compositore e musicista e diversi amici attori. Con uno in particolare si è instaurato davvero un rapporto di profonda stima reciproca, tant’è che mi segue da un po’ per i miei romanzi. E’ l’attore Luciano De Luca, conosciuto al grande pubblico per le sue partecipazioni a Vivere, Centovetrine, Distretto Di Polizia. E’ davvero molto bravo e la giusta voce per i miei romanzi. Sarà presente anche lui il prossimo 17 aprile a Nola (NA). Insieme faremo rivivere Antonio De Santis, sua moglie Eleonora e i loro amici, in una chiesa sconsacrata, la Chiesa dei SS Apostoli.

Una domanda che non ti hanno mai fatto (e a cui avresti voluto rispondere) ed una che t’ha messo in difficoltà?

Ti emozioni quando scrivi o quando rileggi i tuoi libri o più semplicemente ti emozioni? Perché non scrivi un romanzo sul fascismo?

Oltre alla scrittura, alla lettura e alla cucina, come ami impegnare il tuo tempo?

Mi piace viaggiare. Quando posso, cerco di andare sempre alla scoperta di piccole realtà che non conosco. Trascorro anche moltissimo tempo insieme a mio figlio, cercando di fargli amare la vita e l’arte in generale. Ha quasi sei anni. Il tempo corre veloce e tra non molto a lui piacerà trascorrere il suo tempo con altre persone.

Come consuetudine di Giallo e Cucina, ti chiediamo di chiudere con una ricetta ed una citazione!

Rimanendo in tema medioevale, la ricetta la prendo dal mio romanzo I FIGLI DELL’AQUILA: “Berenice è già intenta a preparare le pietanze: Hyppocras, il vino dei romanzi cavallereschi, bevanda d’onore, essendo sempre offerto re, principi e nobili e alla loro solenne entrata in città; torta del re, fatta con cuore e fegato di pollo, timo, maggiorana, dragoncello, alloro, chiodi di garofano, vino rosso, sale e pepe; minestra di ceci e taillis di frutta secca, ricetta francese che Federico II amava tanto e che lei aveva dovuto imparare. E’ un budino denso fatto di latte di mandorle e frutta secca”.
Due sono le mie citazioni preferite:
Gnōthi seautón (conosci te stesso) e V.I.T.R.I.O.L (“Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem”, che significa “Visita l’interno della terra, e rettificando troverai la pietra nascosta”).
E grazie ancora dell’invito a pranzo!



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