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Oggi parliamo con… Antonio Parrilla

Da Gialloecucina

È un grande onore intervistare per primo Antonio Parrilla, un autore che ho “visto nascere” e che mi è piaciuto da subito, finalmente in libreria con “Tresette col morto”. Intervista a cura di Alessandro Noseda.

Ciao Antonio e grazie dell’invito!

Ciao Alessandro e grazie a voi.

Cosa prepari?

Io vado sempre sul classico: ho un figlio amante della pasta, quindi sono diventato un mago della carbonara.

Descriviti brevemente ai lettori di Giallo e Cucina!

Banalmente, sono un cancro ascendente leone, la miscela più bipolare che si possa ottenere unendo i segni dello zodiaco. Mi ci ritrovo molto, e mi piace! Nasco come informatico puro: dopo la laurea, anni di programmazione, analisi, direzione di progetti… ma a un certo punto scatta la molla della scrittura. Ho sempre letto molto, finché un bel giorno ho deciso di provare a buttar giù qualcosa di mio. All’inizio racconti, scritti per partecipare ai tanti concorsi che ci sono in Italia. “Tressette col morto” è nato proprio così: stavo scrivendo un racconto per un concorso ma mi sono accorto che già col primo capitolo avevo sforato il numero massimo di caratteri. Cosa fare? Continuare o seguire altre strade? La storia mi intrigava, ero convinto di avere qualcosa di buono tra le mani, e sono andato avanti. Per fortuna, direi! Da lì in poi scrivere è diventato qualcosa di più importante di un hobby, e anche la mia vita professionale ha seguito questa nuova passione. Da qualche mese, infatti, ho abbandonato l’informatica. Ora mi occupo di comunicazione istituzionale e… mi pagano per fare una cosa che mi piace! Bello, no?

Ci racconti senza spoilerare “Tressette con il morto”?

La storia è semplice: un noto personaggio politico viene trovato morto nella sua auto, bruciata ai lati dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria. L’indagine è affidata a un tenente dei Carabinieri di stanza a Roma, ma originario dello stesso paese della vittima. Questo tenente è un tipo un po’ particolare: colleziona oggetti vintage, ha un odio viscerale per il telefono cellulare e, da buon investigatore, ha una capacità di ragionamento laterale superiore alla media.

Tre buoni motivi per leggerlo?

  1. Se vi piacciono i gialli della scuola scandinava, è il libro che fa per voi. Col vantaggio che, anziché essere ambientato in luoghi molto diversi da quelli in cui viviamo, questo libro racconta non solo una storia, ma anche un paese. Un paesino italiano, di quelli che tutti noi conosciamo a causa delle nostre origini o anche solo perché li visitiamo durante le nostre gite fuori porta.
  2. Il personaggio principale è intrigante, una sorta di combinazione tra Hercule Poirot e il commissario Montalbano. Con le dovute proporzioni, ovviamente: la Christie e Camilleri sono dei Maestri con la M maiuscola.
  3. Anche se non vi piacciono i gialli, merita una chance. La formula del noir è quasi un artificio letterario per raccontare i miei luoghi di origine, il legame esistente tra presente e passato. Il tutto senza essere eccessivamente pesante, tutt’altro. I capitoli corti e la prosa scorrevole ne fanno una lettura divertente.

La cosa che più ti piace e quella che proprio non sopporti nel mondo dell’editoria.

La cosa che più mi piace è… vedere il proprio nome scritto sulla copertina di un libro, con la consapevolezza che qualcuno ci ha creduto talmente tanto da investirci del denaro. La cosa che mi piace di meno, ma credo che sia così per tutti gli esordienti, è l’attesa. Che va a braccetto con la difficoltà di trovare qualcuno che legga davvero ciò che proponi.

Un buon consiglio per un esordiente?

Studiare molto. Prima di scrivere anche solo la prima parola, bisogna sapere bene come si scrive. E non parlo di sintassi, grammatica e quant’altro. Parlo proprio della struttura del libro, dello show and tell e degli altri meccanismi di narrazione. Insomma, se non sai cos’è il viaggio dell’eroe, fermati e approfondisci.

Qual è il libro che avresti voluto scrivere tu e perché?

Uh, potrei farti decine di titoli. Tra quelli letti di recente, anche se è stato pubblicato una ventina di anni fa, direi “Follia” di    Patrick McGrath. I personaggi sono fantastici, i colpi di scena non mancano, in più il lettore si trova, a lettura ultimata, nella condizione di dover decidere a quale o a quali follie faccia riferimento il titolo.

Che rapporto hai coi lettori? E con gli altri autori?

Coi lettori ho un rapporto improntato alla meraviglia e alla curiosità di capire cosa li abbia portati, tra migliaia di titoli a disposizione, a scegliere proprio il mio libro. E sono ovviamente interessatissimo alla loro opinione: prima della pubblicazione si fa una gran fatica a trovare qualcuno che legga il manoscritto in bozza e ti dica schiettamente cosa funziona e cosa no. Di solito ci si rivolge a parenti o amici, che cercano in ogni modo di enfatizzare le cose positive minimizzando su ciò che non va, e che invece per lo scrittore è ciò che più interessa. Il lettore, invece, ha pagato per il prodotto e si sente più libero di darti la sua opinione. Con gli altri autori ho invece un rapporto di stima che prescinde dal mio gradimento sulle loro opere. Si scrive per passione: anche i nomi più affermati hanno iniziato per il piacere di raccontare, la gratificazione economica, se arriva, arriva solo molto dopo.

Altre passioni, oltre ai libri?

La chitarra! La suonicchio, ma non è solo la musica ad attirarmi. Mi piace come oggetto in sé, e ne ho una piccola collezione. Di conseguenza, mi piace la musica. Di qualsiasi genere, se c’è una chitarra che suona!

Come nostra consuetudine, congedati con una ricetta e una citazione. E grazie per tempo e ottima cena.

Prima la citazione: “Ho capito che tutti, più o meno, sono come me, che tutti cioè vengono da un paesino, non un paesino inteso come luogo fisico ma come sfera di esperienza”. È una frase di Massimo Troisi, che ho letto per caso mentre scrivevo il libro e si sposava perfettamente con ciò che volevo ottenere raccontando la mia storia.

La ricetta invece è quella di un piatto che mi piace molto, la pasta e fagioli.

Mettete un filo d’olio, la pancetta, la cipolla e il concentrato di pomodoro in una pentola, e lasciate che soffriggano finché la pancetta non arriva al livello di cottura usato per la carbonara. A quel punto aggiungete i fagioli borlotti, la maggiorana e l’acqua e fate cuocere a fuoco basso per almeno mezz’ora. Occorre fare attenzione per evitare che si consumi tutta l’acqua, quindi… vigilare ed, eventualmente, aggiungere.

A questo punto aggiungete la pasta (io uso quella mista, fatta di tanti formati corti tutti diversi tra loro) e il sale. Qui occorre essere bravi perché bisogna calcolare la quantità di acqua in modo che, a cottura ultimata, la pasta sia brodosa quel tanto che ci piace. A me piace molto asciutta, ma so che molti la preferiscono un po’ più “lunga”. Se vi piace, e io da buon calabrese lo apprezzo molto, aggiungete un po’ di olietto piccante secondo il vostro gusto.



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