Magazine Cucina

Oggi parliamo con… Gaia Conventi

Da Gialloecucina

Alessandro Noseda incontra oggi per Gialloecucina Gaia Conventi.

Ulteriori info sull’Autrice sul suo blog che è Giramenti: http://gaialodovica.wordpress.com/

 

Gaia Conventi ci presenta Giallo di Zucca, il suo nuovo romanzo. Ciao e benvenuta! Cosa bevi?

Ehilà, grazie per l’invito! Io vado a Gattabianca, uve Tocai dell’ultimo vigneto dei conti Gulinelli. La storia ferrarese da degustare, tanto per non farsi mancare niente. Non che sia come Michele – l’intenditore di whisky degli spot –, però mi piace bere bene. In compagnia.

Ci racconti chi sei e perché leggi e scrivi?

Sono una blogger ferrarese, una lettrice accanita e una tizia che scrive di continuo. Libri, blog, racconti. E quando non leggo e non scrivo, fotografo. A dirla così sembro una con parecchio tempo libero, in realtà mi riduco sempre all’ultimo quando devo consegnare un lavoro. Forse perché, nel frattempo, leggo e fotografo. E bevo Gattabianca con gli amici. Leggo perché non posso farne a meno, credo sia un malanno legato alla curiosità. Tanto me ne frego dei fatti altrui quanto m’interessa il resto. È più forte di me. Perché scrivo, chiedevi? Perché lo trovo divertente, la cosa più divertente da fare restando vestiti, ecco tutto.

 

Perché hai accettato di accordare un’intervista a Giallo e Cucina?

Da quando in qua si rifiutano gli inviti a raccontarsi? Chi scrive ha un ego grande quanto piazza del Duomo – ovviamente quella di Ferrara, per me l’ombelico del mondo – e mai perderebbe occasione per sproloquiare di sé. Io non faccio eccezione. Anzi!

È un Blog che segui?

Vedo i post passarmi sulla bacheca di Facebook, e devo dire che mi fanno paura: non so cucinare, odio stare in cucina, ho una cucina solo perché era inclusa nella casa che ho comprato. Mi avessero fatto uno sconto, gli avrei detto di tenersela.

Il tuo libro. Come ti è venuta l’idea?

Volevo raccontare Ferrara, cosa che faccio spesso e sempre con grande entusiasmo. Avrei potuto scrivere una guida turistica, ma non è il mio genere. Che fare, dunque? Scrivere quello che mi riesce più semplice – non ho detto “che mi riesce meglio”, hai notato la finezza? – e quindi l’ho buttata sul giallo. Una delle mie grandi passioni assieme all’enigmistica.
Ferrara in giallo, con tanta Ferrara e tanta ferraresità.
Giallo di zucca è un giallo comico, ma è anche un tributo alla mia città. E poi sì, certo, ci sono i cadaveri e occorre scovare il colpevole.

Dove scrivi? Hai un luogo deputato?

Ho un piccolo studio che condivido coi miei gatti. In famiglia siamo due bipedi, quattro gatti e un quinto gatto in prestito, un gattone che va e viene quando gli pare.
I miei gatti hanno nomi umani, quando parlo di loro qualcuno ci scambia per la famiglia Bradford.

Carta e penna o direttamente al pc?

Direttamente al computer, la mia pigrizia ne viene nobilitata. Ho però parecchie agende in cui prendo appunti, il difficile è scovare quella giusta con le note che mi servono al momento. Chiamiamolo “casino creativo”, in realtà mi occorrerebbe una badante.

Preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo? Che musica ami?

La radio è sempre accesa, 101 di giorno e Monte Carlo di notte. Mi piace sentire la gente che chiacchiera, e se qualcosa non mi sta bene mi lamento su Facebook. Tra gli amici ho parecchi conduttori radiofonici di quelle e di altre radio, mi piace pensare che i miei appelli non cadano nel vuoto. Probabilmente sono in tanti a sperare che cambi frequenze.
E la musica? Be’, ho gusti decisamente anomali, adoro Alberto Rabagliati, Natalino Otto e il Trio Lescano. In realtà poi ascolto di tutto, ho sposato un musicista.

Quando scrivi segui una scaletta? Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura?

Scrivere un giallo senza seguire una scaletta è roba che proprio non si fa. Immagino che ideare una vicenda delittuosa sia come inventare un gioco di prestigio: lo provi finché non riesce, e finché sei sicuro che la gente non noterà il trucco.
Per farlo uso un grafico ad albero, e poi mi rimastico la trama fino a convincermi che funziona e non ha discrepanze. Sono una lettrice pignola, cerco di esserlo anche quando scrivo.
Il lettore merita rispetto e, come mi piace dire, non è un cretino: se la storia non prende, se occorre tornare indietro per capire chi e perché, dare la colpa al lettore è l’ultima cosa da fare. Un libro piace o non piace, ecco tutto.
Le difficoltà maggiori – e io mi ci diverto sempre – sono quelle relative ai dialoghi: devono essere credibili. Li scrivo a voce alta, i miei vicini probabilmente mi pigliano per matta.

Hai altri progetti letterari?

Sto ultimando un racconto per un’antologia, si tratta di gialli ambientati in varie città, delitti che rispecchiano il territorio e chi ci vive. E muore. Ovviamente sono stata chiamata in causa per raccontare un misfatto ferrarese, e certo non mi sono tirata indietro.
Nel frattempo ho completato e consegnato alla mia agentessa due manoscritti. Storie ferraresi: un thriller e una raccolta con due novelle comiche. Mi piace ammazzare e riderci su.
Prossimamente scriverò il seguito di Giallo di zucca, è già tutto nella mia testa e nella mia agenda, devo solo trovare il tempo di zompettare sulla tastiera. E ovviamente l’agenda giusta.

Descriviti come lettrice? Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo?

Sono una lettrice puntigliosa che prende appunti, rigorosamente a matita e spesso in dialetto.
Leggo con piacere e, con altrettanto piacere, ne parlo sul mio blog. Le mie recensioni sono piuttosto strambe: Giramenti fa satira editoriale, e quando stronca un libro lo fa mettendosi dalla parte del lettore. Dovessi stilare una classifica, direi che sono un blogger, un lettore e uno scrittore. No, non scrittrice, proprio scrittore. Al neutro.
Leggo gialli e noir – mi piacciono Lansdale e Elmore Leonard, vado matta per i dialoghi scoppiettanti –, saggi storici e saggi strambi – ora sto leggendo Parolacce di Vito Tartamella –, biografie e romanzi umoristici. Leggo di tutto, compro libri a ogni occasione e li sistemo sugli scaffali dei “prossimi da leggere”. Ormai i “prossimi” ammontano a qualche centinaio. Mi tiro avanti col lavoro: dovesse venire un nevone come nel ’29, saprei come trascorrere le giornate.

E se devi regalarlo un libro come scegli?

Un libro è come un profumo, una faccenda molto personale. Regalo libri solo a chi conosco davvero bene, e anche in quel caso mi affido al fiuto e alla fortuna. Prenderci è sempre un terno al lotto!

Un consiglio a chi ha la propria storia nel cassetto?

Se vale la pena tirarla fuori da quel cantuccio, allora occorre lavorarla e lavorarla, impastarla per bene. Nessuna storia tolta dal cassetto è già pronta per essere infornata, meglio lasciarla riposare per qualche tempo per poi metterci dentro le mani senza paura d’aggiungere o togliere. E quando dico togliere, so di fare un dispetto a parecchia gente.
Volete testare la vostra storia? Mandatela a qualche concorso letterario, meglio se serio. Sul mio blog parlo spesso di concorsi letterari, tentando di dare qualche dritta per sopravvivere a quelli poco chiari e poco onesti.
E dunque mandate il vostro manoscritto ai concorsi: se non se lo filerà nessuno, occorrerà rivedere il plot e la stesura. Chi decide di non cogliere questi segnali ha già perso in partenza: se l’idea è scrivere per se stessi, in cartoleria vendono i diari di Peppa Pig.

Ami la carta o apprezzi anche gli eBook?

Sono un onnivoro cartaceo, ho letto qualche ebook ma il mio reader fa sempre un sacco di storie. Una volta si blocca, una volta la pila si scarica di schianto… L’ho preso come segno del destino: carta e solo quella. E poi ho una vera passione per i mercatini di libri usati, e per le note a matita, già lo dicevo.

Come consuetudine di Giallo e Cucina, ti chiediamo di chiudere con una ricetta ed una citazione!

Per la ricetta ho pensato al “ragù ragù” di zia Italia (Giallo di zucca, pagina 123).
Zia Italia non è balbuziente, semplicemente, a Ferrara, raddoppiare un termine serve da rafforzativo. In questo caso indica il ragù fatto in casa, alla vecchia maniera.
Tanto per capirci, quello che fa anche mio marito. Non era incluso nella casa che ho acquistato, ma è stato lui a farmi intendere che la cucina serviva tenerla.
Ricetta del “ragù ragù” della zia Italia.
La zia ne fa venti porzioni per volta, poi le caccia nel freezer – la zia ha un Rex del ’58, non è un transatlantico ma le dimensioni sono le stesse – e le sghiaccia all’occorrenza. Ma non in microonde, sia detto. E non ditelo nemmeno a lei, non proponeteglielo, potrebbe pigliarvi a ciabattate.
La zia – grembiulino d’ordinanza e ascoltando l’ultima hit del Quartetto Cetra – prepara il soffritto con cipolla, sedano e carota. In alternativa, se volete un “ragù ragù” più figo, lasciate la cipolla in frigo e sostituitela coi porri.
Nel frattempo vi sarete procurati – cacciando o andando nelle bottegucce sotto casa, la zia detesta i supermarket – quattro etti di macinato di manzo, quattro etti di macinato misto manzo/maiale, quattro salsicce ferraresi – sono salsicce all’aglio –, un etto e mezzo di guanciale (o di pancetta). Tenete pronti un dado, uno spicchio d’aglio e mezzo chilo di passata di pomodoro. Olio, sale, pepe in base ai gusti, all’occhio e al palato.
Seguiamo quindi la zia Italia ai fornelli – la zia Italia si avvale della vecchia cucina economica, l’ha acquistata col Rex – e facciamo dorare il soffritto. Aggiungiamoci la carne e facciamo cuocere con mezzo bicchiere d’acqua finché la carne passa da viva a cottarella. La zia è solita usare termini tecnici.
Fatto questo, aggiungete la passata, il sale, il dado e l’aglio. Lasciate bollire per quasi due ore – almeno e se proprio andate di fretta – a fuoco basso finché il ragù non ha raggiunto la giusta consistenza. E ricordatevi di mescolarlo, di prestargli attenzione e di fargli tanti complimenti. Meglio se in ferrarese.
Ringraziando zia Italia per la ricetta, alla citazione penso io.
Chi vuol andare a torno, a torno vada: vegga Inghelterra, Ongheria, Francia e Spagna; a me piace abitar la mia contrada.
(Ludovico Ariosto)
E così anche la citazione è fatta in casa.



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