Chiusura del mese col botto! L’Autore che si è prestato oggi alle domande di Alessandro è Giuliano Pasini, Autore di Venti corpi nella neve e Io sono lo straniero. Ringraziandolo ancora per la sua disponibilità, andiamo a leggere cosa ci ha raccontato nell’intervista realizzata da Alessandro Noseda.
Intervista a Giuliano Pasini a cura di Alessandro Noseda
Benvenuto a Giallo&Cucina Giuliano. Cosa bevi?
Grazie per l’accoglienza! Parliamo con i piedi sotto la tavola e un bicchiere in mano, quindi. Da emiliano, apprezzo molto. Data l’ambientazione dell’ultimo romanzo, io prendo un Prosecco. Col fondo, o sur lie come dicono i francesi (che suona in tutt’altro modo…)
Anche se sei conosciutissimo, ti preghiamo di presentarti ai lettori. In breve, chi sei e perché scrivi? Quali messaggi, sensazioni, emozioni vuoi trasmettere?
Conosciutissimo? Diciamo famigerato. Ho quasi 40 anni, e per i parametri italiani sono un “giovane scrittore”. Scrivo da sempre, pubblico da poco. Nel 2012 è uscito il mio primo romanzo “Venti corpi nella neve” per Fanucci/TimeCRIME e nel 2013 “Io sono lo straniero” per Mondadori. Nel mezzo, un racconto per la raccolta “Alzando da terra il sole” (Mondadori) il cui ricavato sarà devoluto alla ricostruzione della biblioteca di Mirandola, uno dei centri più colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Io cerco di fare la cosa più banale che può fare un autore: raccontare una storia. Quando scrivo non penso mai a me, penso ai personaggi e ai lettori, e cerco di fare in modo che si incontrino. Io credo il luogo, il resto non dipende da me.
Dicci una cosa che avresti voluto raccontare di te ai tuoi aficionados e nessun intervistatore t’ha mai chiesto…
Ti senti uno scrittore?” Risposta: “No, sono un lettore fuori posto.” Tanto che quando intervengo a un festival o a un Premio letterario assieme ad autori che magari amo… mi trattengo a stento da chiedere loro l’autografo.
Quando e come ha avuto origine la tua passione per la scrittura? E per la buona tavola? Sai cucinare?
Scrivo da sempre, ma la costanza per mettermi tutti i giorni prima dell’alba alla tastiera mi è venuta da pochi anni. La cucina è l’unico tratto che ho in comune con il “mio” Roberto Serra. Entrambi sentiamo i sapori nella testa, prendiamo gli ingredienti e li amalgamiamo senza seguire ricette, immaginando l’armonia che ne deriverà. Tanto che quando mia moglie mi chiede di ripetere un piatto, sono in difficoltà: dipende se ci sono gli stessi prodotti in frigorifero e dispensa, altrimenti mi è impossibile. La gastronomia è cultura, idem il vino. Nei miei romanzi, prodotti e bottiglie mi servono per restituire il colore e gli aromi di una terra: l’Appennino nel primo, le colline del Prosecco (appunto!) in “Io sono lo straniero”.
La musica per scrivere?
Nonostante nei romanzi ci sia molta musica, quando scrivo ho bisogno di silenzio. Anche perchè scrivo dalle cinque alle sette del mattino, se mettessi anche musica…
Sei legato alla carta o lavori direttamente al p.c.?
Direttamente sulla tastiera. Anzi, mi chiedo spesso come facessero un tempo a fare tutto il lavoro di “taglio e cucito” che c’è dopo la prima stesura (quella di pancia) senza i preziosissimi tasti “sposta” “taglia” “copia” “incolla”!
E che tipo di lettore sei? Ci sono degli autori ai quali ti ispiri o che rappresentano per te un modello di riferimento?
Sono un lettore goloso e onnivoro. Leggo tutto ciò che mi incuriosisce. Ci sono una pletora di autori a cui devo molto, moltissimo. Da Omero a Sofocle fino a Stephen King e Michael Connelly. Senza dimenticare i miei amori italiani: Piero Chiara e Giovannino Guareschi e, nel giallo, Loriano Macchiavelli e Giorgio Scerbanenco.
Il tuo ultimo libro, com’è nata l’idea? Per la caratterizzazione dei personaggi ti sei ispirato a persone conosciute o è solo frutto della tua fantasia?
L’idea è nata a Dachau. Ho pensato che avrei scritto di campi di concentramento sino a quando non ho capito che stavo scrivendo, in generale, di idee che parlavano di uomini che si consideravano superiori ad altri uomini per puro diritto di nascita e che quindi pensavano di avere l’autorità di eliminare gli inferiori. Idee che ci sono sempre state nella storia, prima, durante e dopo l’esperienza dei campi di sterminio nazisti. Idee che diventano fatali quando vengono tradotte in pratica. Le parole hanno un peso e una consistenza, possono essere dei macigni. Bisogna stare attenti a invocare pulizie etniche o crociate contro questo o quello perchè prima o poi qualcuno pensa di passare dalla teoria alla pratica: così sono nate le peggiori tragedie della storia dell’umanità.Tutti i “miei” personaggi hanno qualcosa di mio e qualcosa preso da altri. Osservo molto, e quando qualcosa mi colpisce… lo catturo.
Il racconto è ambientato in Veneto, tua terra d’adozione. Perché questa scelta? Che legame hai con questi luoghi? Come ti trovi nella locomotiva d’Italia?
Ho radici ben salde nella mia Zocca, in Appennino. Da tredici anni, però, vivo e lavoro in Veneto. Mi sentivo pronto a raccontare la visione di un “foresto” sulle contraddizioni di questa terra. Treviso è più nota per le sparate dell’ex sindaco sceriffo (dall’invocata “pulizia etnica contro i culattoni” a “i negretti bisognerebbe vestirli da leprotti e liberarli nei campi dove si caccia”) che per la propria bellezza e accoglienza (secondo la Caritas, è la provincia italiana in cui c’è la migliore integrazione tra italiani e gli stranieri, proprio nella culla del leghismo più becero ed estremo). Io ho voluto giocare un po’ con i luoghi comuni, in parte demolirli, in parte enfatizzarli. Essendo io uomo d’Appennino, poi, ho cercato di sfuggire alla pianura e ho trovato le colline del Prosecco. Vale la pena visitarle, e non solo (ma anche) per il vino, che vi sorprenderà.
Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nella stesura del romanzo?
Rispetto a Venti corpi nella neve, Io sono lo straniero è un romanzo molto più cupo, nero. Mi ha messo di fronte alle paure della paternità che stava arrivando: è andato in stampa il 22 febbraio e mio figlio è nato il 23. Sulla carta ho messo timori, ansie per il piccolo che stava arrivando e per la neo mamma, e li ho sfogati. Catartico, certo. Ma ora faccio fatica a leggere alcuni passaggi.
A chi e perché consiglieresti la lettura del tuo libro? A chi no?
Non lo consiglierei a chi ama i “gialli all’italiana”, espressione che detesto. Quelli pieni di luoghi comuni e folclore, per intenderci. Per il resto, non pongo limiti alla provvidenza e non spetta a me farlo.
Dopo il grande successo di “Venti corpi nella neve” non temi il confronto?
Sinceramente no, perchè per me la scrittura è un gioco, per quanto faticoso e impegnativo. Entrambi i miei romanzi sono storie che volevo raccontare, che mi appartenevano e che ora sono di altri oltre che mie. In “Io sono lo straniero” ho circondato Roberto Serra di personaggi femminili proprio perchè in “Venti corpi nella neve” erano quelli che mi avevano creato maggiori difficoltà. Scrivo per crescere nella scrittura, se mi sentissi arrivato, adesso, sarebbe un guaio.
Cosa ci puoi dire della tua esperienza editoriale?
Sono un ragazzo fortunato, ho lavorato con due editori che amo. Ho trovato persone collaborative, grandi professionisti ed entusiasti che hanno sempre e solo migliorato i romanzi. Se posso fare una battuta, ho scoperto che nell’editoria esistono due soli tempi: “siamo in anticipo” e “siamo in ritardo”… non si è mai puntuali. O si cammina lenti o si corre a perdifiato. In ogni caso, non so dove mi porterà questo percorso ma so che mi piace e che avere la possibilità di giocarsi le proprie carte come sto facendo io, è un privilegio. Comunque vada a finire.
Che pensi degli eBook? Sei conservatore o progressista sul tema?
Penso che sia inutile negarne l’esistenza o tentare di arrestarne lo sviluppo. Sono anche fermamente convinto, però, che non uccideranno il libro di carta. Si tratta di una variabile in più, un ulteriore mezzo di fruizione… tutto qui.
Hai altri progetti letterari in cantiere? A breve?
“Venti corpi nella neve”, con il titolo di “Die Toten im Schnee” è appena uscito in Germania. Progetti a breve: sopravvivere. In un periodo più lungo: a ottobre 2014 dovrebbe essere in libreria la nuova avventura di Serra, sempre per Mondadori. Si torna in Emilia, ma nella Bassa di Guareschi, tra culatello e malvasia, con sempre gli occhi fissi all’Appennino. Chissà che non spunti qualche altra sorpresa, nel frattempo. Ormai mi aspetto di tutto!
Un tuo consiglio agli esordienti?
Riporto quello di un altro autore: “ci vuole tigna”. Non bisogna scoraggiarsi ai primi rifiuti, bisogna tener duro. Anche perchè se poi si arriverà all’esordio, le difficoltà non saranno terminate, anzi. Mi permetto di dare un altro consiglio: leggere tanto, tantissimo, prima di provare a scrivere. Non conosco nessuno che provi a comporre una sinfonia senza saper leggere la musica, ma conosco molti che vorrebbero scrivere romanzi senza averne letti. Ah, ne aggiungo un altro: decidete per chi volete scrivere. Se volete scrivere per voi stessi, siete liberi di farlo… poi però non dovete avere la pretesa che gli altri vi leggano!
A tua scelta: lasciaci con una citazione o con una ricetta!
Le ricette sono tutte nei miei romanzi (sperimentate, garantisco!) quindi mi butto sulla citazione. Un celeberrimo testo di Guccini che mi torna in mente quando cerco di capire se sto facendo la cosa giusta mettendo la sveglia alle cinque per scrivere: “Ma s’ io avessi previsto tutto questo, dati causa e pretesto, forse farei lo stesso, mi piace far canzoni e bere vino, mi piace far casino, poi sono nato fesso. E quindi tiro avanti e non mi svesto dei panni che son solito portare: ho tante cose ancora da raccontare per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!”