Magazine Cucina

Oggi parliamo con… Marco Lugli

Da Gialloecucina

L’ospite di oggi di Gialloecucina è Marco Lugli, autore de “Nel tuo Sange” recensito nel blog. Intervista a cura di Elio Freda

Buongiorno Marco e grazie per il tuo tempo!

Ciao Elio, è un piacere.

Ci racconti di te? Chi sei e perché scrivi?

Scrivo perchè poi arriva qualche inatteso complimento da persone sconosciute, come nel tuo caso, e mi accorgo che questo è fonte di grande energia. La risposta vale per gli ultimi anni. Quando ho iniziato a scrivere, alle scuole elementari, forse avevo soltanto un’inconsapevole necessità di esprimere la mia creatività. Francamente non me lo ricordo più.

Sono una persona che intraprende nuovi progetti, li porta a un discreto livello di realizzazione e poi si sposta altrove. Ogni dieci anni cambio mestiere portando nel nuovo un po’ delle precedenti esperienze. La scrittura rimane l’unica costante compagna di viaggio.

Come nasce l’idea di “Nel tuo Sangue”?

Credo che sia successo il giorno in cui in televisione parlarono della decapitazione di Foley da parte dello Stato Islamico. Andai sul web alla ricerca del filmato integrale. Orrore a parte, capii subito che questa banda di pazzi aveva inventato una nuova forma di comunicazione. Qualcosa che era in grado di scuotere un pubblico ormai abituato dai media a digerire ogni cosa con sufficienza.

L’idea centrale del romanzo nasce da una semplice considerazione: il valore e la qualità letteraria di uno scritto, di una poesia o di qualunque forma comunicativa rimane immutato nel tempo. La sua potenza emozionale, invece, no. Perde efficacia perchè il linguaggio evolve, perchè il pubblico si abitua a ogni cosa e alza il livello della sua soglia emotiva. Mi spiego meglio. Se Dante oggi si rivolgesse a Beatrice con “Tanto gentile e tanto onesta pare” pensando di conquistarla, rimedierebbe solo due risate in faccia perchè lei da buona lettrice della saga delle sfumature di grigio si aspetterebbe un uomo che le preannuncia che sta per sbatterla contro il muro e scoparla a sangue.

Ho pensato allora a un gruppo di liceali della fine degli anni ’80, appassionati di letteratura, che rendendosi conto di questo fatto, provano a elaborare un nuovo metodo di comunicazione delle emozioni, adatto ai tempi moderni. Per semplificarsi la vita in questo esperimento decidono di lavorare su una specifica emozione: la paura.

Tre buoni motivi per leggerlo?

Mi spiace, questa è una domanda alla quale dovresti rispondere tu, avendone da poco finito la lettura.

Quando scrivi pianifichi in anticipo la trama o questa si crea durante la scrittura?

Ogni cosa è pianificata, preparo diagrammi con lo sviluppo cronologico dei fatti e l’ordine in cui questi fatti devono essere presentati al lettore. Decido le linee guida della personalità dei personaggi per evitare di far diventare ciascuno di essi un clone di me. Sembrerà strano ma la disciplina e la pianificazione sono l’unico modo in cui poi si può lasciare che la creatività e la fantasia colorino il libro e lo rendano personale. Affidarsi solo all’improvvisazione del momento rende il libro sincopato, disomogeneo nello stile e nella narrazione. I muri in una casa servono. Poi li puoi dipingere come ti pare.

I tuoi personaggi, come sono nati?

Mi piace che siano personaggi “possibili”. Stereotipati quel tanto che basta per far emergere il lato predominante della loro personalità e far affezionare il lettore, ma dotati di una personalità sfaccettata. O forse dovrei dire contradditoria. Come lo sono la maggior parte delle persone. I precedenti romanzi sono narrati in prima persona. Non è così in “Nel Tuo Sangue”, ma credo sia necessario comunque un io narrante, un singolo punto di vista. Il lettore deve poter sposare quel punto di vista o criticarlo in modo netto. La mia attenzione è sempre rivolta al lettore, ripongo molte energie nel rendere fruibile il rapporto emotivo tra il lettore e i personaggi. Faccio sempre l’esempio di libri alla “Codice da Vinci”. Sono fantastiche architetture dietro le quali si cela una profonda ricerca storica. Però quando il libro è finito il lettore non sente recidere alcun cordone ombelicale, perchè i personaggi erano solo pedine, non anime con emozioni, contraddizioni, storie e cicatrici.

I tuoi libri nascono su carta o direttamente al p.c.?

All’inizio rigorosamente su un computer. Devo avere tutto ordinato. Poi succede che a un certo punto della scrittura il libro si impossessa di te e ti segue durante tutta la giornata. Sei dentro al libro. Da quel momento in poi posso scrivere anche sui sassi.

C’è una colonna sonora che ti accompagna o regna il silenzio?

Il silenzio è perfetto. Ma se la musica è quella dei Sigur Ros mi trovo altrettanto a mio agio.

Leggi libri cartacei o ebook? Cosa pensi di questo formato?

Leggo entrambi e mi trovo bene con entrambi. Non sono un nostalgico.

L’autopublishing è (a mio modo di vedere) un’arma a doppio taglio. Leggo molti libri autoprodotti e quello che manca spesso è un buon editing. Non è il caso tuo. Tutta farina del tuo sacco o c’è qualcuno da ringraziare?

C’è assolutamente qualcuno da ringraziare. Lei, un editor professionista, sostiene che un buon lavoro si fa se la materia grezza è di buona qualità, ma io sostengo che tu, scrittore, non ti accorgi mai di aver scritto una materia grezza di buona qualità fino a quando una persona competente e rispettosa del tuo stile ha messo le mani su ciò che hai scritto e ha eliminato le sovrastrutture che ti sono proprie e di cui non ti accorgi più.

Tre autori che sono per te un benchmark? Un particolare del tuo libro mi ha ricordato Fitzek. Sono fuori strada?

Adesso faccio una pessima figura… Non conosco questo autore. Non sono un gran lettore di gialli. Ho letto qualcosa prima di scrivere il libro ma generalmente in un giallo moderno mi disturba il fatto che ci sono troppi personaggi, a volte poco definiti e che alla fine, quando si scopre il colpevole, si finisce per corrucciare la fronte e dire: ma chi accidenti è questo? Sono più per impostazioni alla Tenente Colombo, alla Poirot. Alla Ellery Queen. Dialogo, forte caratterizzazione di pochi personaggi. Sono per far sì che il lettore conosca a fondo le persone con cui ha a che fare leggendo e possa facilmente parteggiare o disprezzare ciascuna di esse.

Prossimi progetti?

Mi sto documentando sulla storia del Tarantismo non per riscrivere un pezzo di antropologia ma per capire quale poteva essere l’atmosfera negli anni in cui il Tarantismo era diffuso nel tessuto sociale salentino. Il commissario Gelsomino sta infatti per risolvere un caso in un immaginario paese del Salento in cui tutto è rimasto come nei prima decenni del ventesimo secolo e dove sembra che la Taranta stia mietendo vittime.

Cosa consiglieresti ad un esordiente?

Il primo consiglio è noto a molti: non pensare che la propria storia personale sia interessante per gli altri. Attingere al proprio vissuto per il primo romanzo è normale, ma di solito occorre qualcosa di più. Occorre creare una storia nella quale il lettore può riconoscere parte di se stesso.

Il secondo consiglio riguarda la frenesia da pubblicazione ad ogni costo. Come se trovare un editore fosse il riconoscimento del proprio valore letterario. Non lo è. Pubblicare è facile. Lo è sia con un buon prodotto che con uno mediocre. Essere distribuiti come si deve e avere supporto commerciale da parte dell’editore è invece fortuna di pochi e comunque appannaggio di chi pubblica con grandi case editrici. Il piccolo editore fa quello che può, privilegia la vendita di 300 copie di 300 autori diversi a 90.000 copie di un singolo autore. Come biasimarlo? Il self publishing oggi è diventato un’opportunità interessante. Le grandi case fanno scouting tra gli autori auto prodotti. Se non vieni scoperto da una grande casa non venderai comunque meno di quanto ti venderebbe un piccolo editore (che sfrutterebbe comunque solo il tuo bacino di conoscenze) ma almeno saprai sempre quanto vendi e soprattutto potrai permetterti di controllare il pezzo del libro in modo che sia accessibile a tutti.

Altre passioni oltre ai libri?

Di studi sono un informatico, dopo oltre dieci anni da imprenditore in quel settore ho mollato tutto, ho preso la patacca da sommelier e ho aperto un ristorante. L’ho tenuto aperto sei anni creando eventi di cucina, di letteratura e mostre di arte contemporanea. Venduto quello, mi sono dato all’arte a tempo pieno con una produzione di opere uniche a base fotografica. Ho continuato fino a ieri a fare il fotografo sia nel mondo dell’arte che commerciale. Da due anni a questa parte da Carpi (MO) mi sono trasferito in Salento dove aiuto la mia compagna nella gestione di un B&B. Dici che basta come inseguimento di passioni?

Una domanda che non ti ho fatto e a cui vorresti rispondere?

Sarebbe più un dialogo che una domanda secca:

«Marco, sono dei gialli anche i tuoi due romanzi precedenti?»

«No, sono delle commedie romantiche con alcune pagine porno»

«Porno?»

«Perchè, non si può indagare l’anima delle persone attraverso il sesso e l’ironia?»

«Ah certo che si può.»

«E poi vuoi mettere immedesimarsi in un personaggio di una commedia porno invece che in un commissario della Omicidi?»

Grazie per la chiacchierata. Come consuetudine di Giallo e Cucina ti chiediamo una ricetta e una citazione che ami.

La citazione “The sound is deep in the dark” (imprinting anni ’80)

Riguardo alla ricetta, anni fa tenni per alcuni mesi una rubrica di cucina per un portale di ristorazione. Erano ricette per un menù completo di quattro portate unite da una storiella. Te ne allego una. Magari puoi prendere l’intro e la ricetta dell’antipasto.

Nel ringraziarti per il tempo dedicato al blog colgo nuovamente l’occasione per consigliare la lettura del libro di Marco a tutti, lettori appassionati e scrittori esordienti in quanto è un’ottimo prodotto per entrambe le categorie. Spero anche di poter assistere presto ad una tua presentazione, magari qualche editore passa di qui per caso…

La ricetta di Marco Lugli (scelta da me!) :

Lasagnetta di Polpo e patate
Certo che se fossi un cuoco d’artificio riuscirei a far mangiare il polpo anche a mio padre che solo a veder le ventose va in iperventilazione. Lo scioglierei e lo ricomporrei a forma di trota salmonata e tutto andrebbe liscio. Ma sono un umile riciclatore di fondi di frigo ed al massimo posso frullare gli ingredienti per nasconderne l’origine. Il polpo, che è comunque meglio comprare fresco, lo butto in acqua salata e bollente e lo cuocio per una trentina di minuti, fino a quando
non è tenero, tenendo la pentola chiusa con un coperchio rivestito da un panno, in modo da simulare una rudimentale pentola a pressione. Poi lo scolo conservando però l’acqua di cottura. In una padella preparo un semplice soffritto, nemmeno tanto abbondante, di sedano, carote e cipolla con un po’ di olio extravergine. Quando la verdura sì è ammollata, aggiungo qualche patata lessa tagliata a cubetti e copro con l’acqua del polpo lasciando bollire fino a quando le
patate si sfaldano ed hanno ben assorbito l’aroma del polpo. Nel mentre, a mano o col mixer, trito il polpo a pezzetti grossi quanto un pisello. Frullerò poi finemente anche il contenuto della padella, ossia la polpa di patate cotta nell’acqua del polpo assieme al soffritto, fino ad ottenere una purea che poi mischierò a mano assieme al polpo tritato. Non resta che comporre le lasagne in una pirofila al cui interno è stata stesa della carta da forno, alternando la pasta sfoglia al composto di polpo e patate. Quattro fogli di pasta e 3 strati di purea sono l’ideale. In cima all’ultimo foglio di pasta, prima di infornare, io spalmerei un po’ di besciamella e spruzzerei abbondante pecorino.

Ingredienti :

Per la Lasagnetta di polpo e patate ho utilizzato un polpo, alcune patate, un mix di verdure da soffritto (sedano, carote e cipolla), olio extravergine di oliva, pasta sfoglia in fogli, un poco di besciamella e una spruzzata di pecorino.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :