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Oggi parliamo con… Paolo Frusca e Italo Bonera (a cura di Stefano Tevini)

Da Gialloecucina

Benvenuti a Giallo e Cucina. Un caffè? Un aperitivo?

P: Per me un macchiato caldo, e un Aperol, ma con molto seltz, e, per carità, niente vino bianco, grazie. È possibile avere anche due salatini?

I: Caffè e Aperol: Paolo, l’Austria ti ha rovinato…

Come di consueto, vi preghiamo di presentarvi al pubblico. Chi sono e perché scrivono Italo Bonera e Paolo Frusca?

P: Paolo Frusca è nato a Brescia nel 1963 ma da oltre venti anni vive in esilio a Vienna. Parafrasando Beppe Viola, “… è uno che per sembrare uno scrittore dovrebbe essere completamente diverso…!” Battute a parte, scrivo davvero nei ritagli di tempo, e solo se mi interessa davvero il tema. Passatempo allo stato puro.

I: Italo Bonera vive a Brescia, lavora in un’azienda del settore elettrico, e scrive disordinatamente, senza organizzazione, senza programmi, senza traguardi se non il piacere di fare qualcosa al meglio delle proprie non eccelse possibilità – con dubbi risultati.

Parlateci di Cielo e Ferro. Ce lo illustrereste in poche righe?

P: Vi basta “distopia da incubo nella quale non si distinguono i cattivi dai pessimi”?

I: Bella sintesi, Paolo. Aggiungo che i nove racconti, accomunati dallo sfondo che hai illustrato, trattano ciascuno un tema specifico, raccontando – ad esempio – di quanto un uomo possa oltre nella crudeltà per tornaconto personale.

La caratterizzazione dei vostri personaggi conferisce loro un modo di agire che è espressione di principi morali che fanno quanto meno riflettere. Quali sono i sistemi etici a confronto nel mondo di Cielo e Ferro? In quale modo sono espressione del contemporaneo?

P: Passo.

I: Nel racconto “I morsi del serpente” si scontra l’idea della famiglia assunta a valore supremo, al punto di sacrificare per essa il bene comune. Il protagonista de “L’udienza” è un personaggio in cui l’empatia viene eclissata da un sistema di regole intransigenti e assolute. Ne “L’unificatore” spieghiamo come individui aridi “spaventati da una complessità difficile da abbracciare per intero, avevano scelto la pigrizia e l’ignoranza” per abbracciare una visione semplificata di regole nette e inevitabilmente crudeli. In effetti, sotto tutto, ipotizziamo che lo scontro “di civiltà” non sia tanto tra Occidente e Oriente, o tra Nord e Sud, quanto cultura urbana e sub-cultura delle periferie o delle provincie profonde, ove attecchiscono intolleranza, idee tribali e rifiuto della complessità. Questa pericolosa semplificazione culturale attraversa anche territori a noi prossimi.

P: Credo sia importante però dire che i recenti avvenimenti in medio oriente nulla hanno a che vedere col nostro testo. Noi iniziammo tutto fra 2009 e 2010.

La struttura del libro, una raccolta di racconti ambientati in un mondo condiviso, permette di mantenere un affresco unitario presentandolo sotto diversi punti di vista, ognuno con motivazioni e valori differenti. Ce n’è uno, fra di essi, a cui maggiormente si avvicina il vostro sguardo di autori, oppure esso va ricercato nell’unità di fondo dell’opera?

P: Sicuramente unità di fondo dell’opera per quanto mi riguarda.

I: Concordo, però aggiungo che mi riconosco in alcune riflessioni ne “L’unificatore”, e che ogni racconto, del resto, porta qualcosa che mi appartiene. “Cratere Mogadiscio”, per stile, situazione, contenuto, è quello che sento più vicino.

Scrivere a quattro mani. Come funziona? Quali sono i meccanismi e le difficoltà che una scelta del genere comporta?

P: Le difficoltà sono talmente tante, soprattutto per due caratteri cosi differenti come me e Italo, che abbiamo deciso di NON scrivere mai più qualcosa a quattro mani… credo comunque che senza la tecnologia – mail in questo caso – semplicemente, non sarebbe stato possibile.

I: Difficile, però ha funzionato, e siamo già alla seconda pubblicazione. È vero che oramai ciascuno di noi ha imboccato strade diverse, ma non è detto che un giorno si possa riprendere una collaborazione. Vedremo.

Cielo e Ferro non è certo la vostra prima esperienza con l’editoria nel nostro paese. Qual è il vostro giudizio sullo stato delle cose? Cosa ne pensate della situazione dell’editoria italiana?

P: Come ho risposto sopra, essendo per me puro passatempo, fatico a confrontarmi con la situazione della editoria italiana. Italo è molto più addentro di me, grazie anche alla sua esperienza in solitario di “Io non sono come voi”. Lui è anche più animale da “social”, io tendo a nascondermi.

I: Non è che io conosca davvero l’editoria “dall’interno”. Seguo, mi interesso, ascolto, ho qualche opinione… In Italia vedo alcune difficoltà. Intanto, per gli addetti ai lavori (librai, critici…) la narrativa d’evasione, o di genere, ha minore dignità rispetto alla letteratura mainstream – fatto salvo il caso in cui un “rosa” o un “giallo” diventa caso editoriale da milioni di copie, allora finisce negli inserti culturali blasonati. Poi, il mercato è sbilanciato verso quegli autori che sono anche personaggi televisivi: non c’è nulla da fare, se sei conosciuto per la tv, vendi, altrimenti galleggi con qualche centinaio di copie. Ci sono altri problemi, come la concentrazione nelle mani di pochi gruppi che controllano l’intera filiera editore-distributore-libreria, condizionando il mercato e rendendo marginale il ruolo e le possibilità dei piccoli editori e dei piccoli librai. Mi fermo qui.

Quali sono i vostri autori di riferimento?

P: Io e Italo almeno questo abbiamo in comune: il nome del nostro scrittore di riferimento: Roth…

Per lui però è Philip Roth, per me Joseph Roth. Incompatibilità totale. E così sia.

I: Confermo. Però entrambi amiamo il racconto “Sentinella” di Fredric Brown. Io leggo con piacere anche narrativa di genere: noir, gialli, un po’ di fantascienza.

Avete altri progetti in cantiere?

P: Nel 2014 ho scritto per e con Federico Buffa (e altri) un testo teatrale sulle olimpiadi di Berlino 1936. Esperienza molto interessante. Devo confessare che sentire recitare, dal vivo, parole e pensieri che avevo scritto io mi ha davvero colpito. Comunque son passato da romanzi a quattro mani a copioni teatrali a otto mani… Prima o poi scriverò anche qualcosa a due mani, spero!

I: Un mio racconto uscirà tra poco in un’antologia collettiva curata da Gian Filippo Pizzo. Per il resto, con una certa difficoltà sto cercando di portare avanti la scrittura di un romanzo ambientato in un passato recente, e che vorrebbe nascere come trasposizione narrativa di un fumetto ipotetico. Chissà cosa ne verrà fuori.

P: avremmo anche in ballo la ripubblicazione del nostro primo libro: L’ucronia asburgica “Ph0xGen!” in doppia edizione, romanzo e fumetto. Se si supera qualche fase recalcitrante del – peraltro straordinario – nostro disegnatore e artista Angelo Bussacchini dovremmo farcela… prima o poi!

Il nostro progetto, non per nulla, si chiama Giallo e Cucina. Vi chiediamo di salutarci con una ricetta o, se proprio non ne avete una, con una citazione.

P: Wiener Schnitzel con marmellata di ribes? No, meglio di no.

I: In effetti, sarebbe meglio una Sacher…

P: Ma senza panna… sennò è roba da turisti.



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