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Oggi parliamo con… Valeria Montaldi

Da Gialloecucina

L’ospite odierno di Alessandro Noseda è Valeria Montaldi. Leggiamo come si racconta!

 

Buongiorno e grazie per l’accoglienza. Ti va di raccontarci perché leggi e scrivi?

Leggo perché mi piace la vita raccontata, scrivo perché amo raccontarla.

I tuoi romanzi, come nasce l’idea? Dove scrivi?

L’idea non nasce da sola: la cerco, la coltivo, la nutro, la faccio crescere finché diventa la pianta intorno a cui scrivere. Deve essere ben salda, altrimenti basta un soffio per farla crollare.

Hai un “luogo del cuore” dove trovi ispirazione?

Scrivo nel mio studio, l’unico luogo dove riesco a concentrare l’attenzione. Quanto all’ispirazione, non credo che esista: la scrittura è un lavoro, duro, faticoso, una ricerca continua.

Carta e penna o direttamente p.c.?

Scrivo al computer, senza tuttavia abbandonare carta e penna che mi sono indispensabili per prendere appunti. Foglietti volanti, bloc notes e quadernoni ad anelli riempiono ogni angolo della casa.

Preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo?

Silenzio assoluto, la musica mi distrae.

”La prigioniera del silenzio” è la tua ultima fatica. Dove hai trovato spunto?

Dopo la Val d’Aosta, Milano, il contado lombardo e Parigi – le ‘location’ dei miei romanzi precedenti – , ho deciso di ambientarne uno a Venezia. E’ stata una bella sfida, perché della città lagunare hanno già scritto in molti, ma l’ho superata con minori difficoltà di quanto temessi.

Quanto prendi in prestito alla realtà e quanto è frutto della tua fervida fantasia?

La realtà, contemporanea o storica che sia, è la base su cui lavorare. La fantasia è necessaria per dar vita al racconto: sono due aspetti inscindibili, senza i quali il romanzo perderebbe la propria peculiarità, per trasformarsi in un reportage di cronaca.

Come delinei i personaggi?

Cerco di renderli veri, in modo che il lettore possa riconoscersi nei loro comportamenti. Pongo grande attenzione ai loro caratteri, ai dialoghi, alle situazioni in cui si ritrovano calati: devono essere “persone”, non “personaggi”.

Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia?

Una traccia iniziale è d’obbligo, ma le mie scalette subiscono variazioni continue, guidate, per l’appunto, dal dipanarsi della storia che, mio malgrado o forse per fortuna, si modifica in corso d’opera. Credo di aver cambiato la trama di ogni mio singolo romanzo almeno una dozzina di volte. Anzi, a pensarci bene, molte di più.

Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura del romanzo?

Sono troppe per elencarle tutte. Si va dalle incertezze sulla validità della trama al blocco dello scrittore, che di tanto in tanto sopraggiunge e mette nel panico; dalla cura del linguaggio, alle correzioni infinite del testo; dalla giusta suddivisione dei capitoli, alla punteggiatura. Sembrano sciocchezze, ma non lo sono affatto, se si vuole arrivare a un risultato apprezzabile.

E del rapporto con Editor ed Editore cosa puoi dirci?

E’ un normale rapporto di lavoro e collaborazione che, nel mio caso, si è sempre svolto nel rispetto reciproco.

Hai altri progetti in fieri?

E’ più che un progetto: sono oltre la metà del mio nuovo romanzo.

E se ti proponessero una sceneggiatura per un film? saresti d’accordo o ritieni che i tuoi romanzi soffrirebbero nella trasposizione cinematografica?

Accetterei: sebbene i due tipi di linguaggio –quello letterario e quello filmico- siano necessariamente diversi, credo che le mie storie ben si adatterebbero a una trasposizione cinematografica. Anzi, a questo proposito, se ci fossero un produttore o un regista interessati, sarebbero i benvenuti!

Descriviti come lettore?

Onnivoro: non ho preclusioni di sorta, basta che la scrittura mantenga un buon livello e che la trama sia plausibile.

Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo?

Thriller, saghe, romanzi intimisti, storie surreali: mi piace leggere di tutto, non ho preclusioni di alcun genere, a patto che quello che leggo sia scritto bene, come dicevo prima. L’unico stato d’animo che mi spinge a scegliere un libro piuttosto che un altro è la curiosità.

E se devi regalarlo un libro come scegli?

In base ai gusti di colui che lo deve ricevere: se so che non ama il poliziesco, non glielo regalerò mai, privilegiando invece altri generi. E, comunque, non è facile scegliere libri per gli altri, si rischia spesso di sbagliare.

Un consiglio ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?

Cercare di capire se la storia funziona davvero: leggerla, e poi rileggerla ancora, ma con occhio critico, come se fosse stata scritta da qualcun altro. Farla leggere da un amico o da un parente (di solito sono giudici severissimi); apportare le necessarie correzioni, senza aver paura di dover riscrivere interi capitoli. Dopo, ma solo dopo, bussare alle porte degli editori, avendo cura di scegliere quello più consono al genere che si è scritto.

Ti piace presentare i tuoi libri al pubblico?

Moltissimo. Per me il contatto con i lettori è fondamentale: imparo a conoscerli e a capire cosa si aspettano da me. E poi, ancora più importante, sono loro a scoprire chi c’è dietro il romanzo che hanno letto: il più delle volte, la loro legittima curiosità si trasforma in un affetto prezioso e prolungato nel tempo. Questo, insieme con l’amore che nutro per il mio lavoro, mi dà la carica per continuare a scrivere.

Un autore (o più) che costituisce per te un benchmark.

E perché?

Non ne ho, sono troppi gli autori che ho letto nel corso della vita! Posso solo dire che il punto di svolta è stato “I figli del capitano Grant”di Jules Verne: avevo circa dodici anni e quella storia mi ha coinvolto in modo incredibile, anche se non riesco a spiegarmene ancora il perché.

(Se ti va, ponigli il quesito che da tempo hai in mente! Magari è tra i lettori del Blog!

Quale suo libro consiglieresti ai nostri lettori?)

Grazie del tempo che hai voluto dedicarci. Prima di salutarci ti chiediamo, come consuetudine di Giallo e Cucina, di lasciarci con una ricetta ed una citazione!

La citazione è presto detta: “Guida è il fato per il saggio, catena per lo stolto” (Seneca). Parole che, secondo me, dovremmo tutti tenere a mente. Per quanto riguarda la ricetta, vedete un po’ se quella che segue può soddisfare i lettori del blog (non è di facile esecuzione, vi avviso, ma il risultato è fantastico).

 

IL MARZAPANE A MODO MIO

 

Mandorle spellate: 300 gr.

Zucchero bianco: 250 gr.

Marsala secco: 1 bicchierino

Acqua: mezzo bicchiere

Tritare finemente le mandorle. Versare il mezzo bicchiere d’acqua in una padella antiaderente. Quando raggiunge l’ebollizione, aggiungere lo zucchero e mescolare per un paio di minuti. Poi versare le mandorle tritate e mescolare ancora. Quando il composto si addensa, aggiungere il bicchierino di marsala continuare a mescolare. Ne risulterà una pastella della consistenza del miele cristallizzato. Spostarsi su un tagliere di legno e, cercando di non scottarsi, formare delle palline o dei piccoli cilindri con la pastella. Lasciare raffreddare per un paio d’ore. Poi, con una spatola, staccare le formine dal tagliere e disporle su un vassoio (possibilmente forato per facilitare l’essiccamento). Mettere in luogo asciutto: dopo un paio di giorni le formine avranno la consistenza dovuta e si sbricioleranno (deliziose) sotto i vostri denti!

 



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