OGM nella Tuscia

Creato il 11 giugno 2012 da Giovanniboaga

Ovvero come ti distruggo trent’anni di ricerca

La Fondazione Diritti Genetici (FDG), il 22 maggio scorso, lanciava dalle pagine del suo sito web una notizia “allarmante”: «scoperti nel Lazio olivi e ciliegi transgenici». Nell’articolo pubblicato si legge, infatti, che «piante sperimentali di olivo, ciliegio e kiwi transgenici sono ancora in campo aperto benché l’autorizzazione alla sperimentazione sia ormai scaduta da più di tre anni. E’ la scoperta fatta dalla Fondazione Diritti Genetici (FDG) che, in un dettagliato rapporto, ha documentato la presenza degli alberi geneticamente modificati all’interno dell’Azienda didattico-sperimentale dell’Università della Tuscia». Una situazione che il presidente della fondazione, Mario Capanna, ha prontamente segnalato ai responsabili degli organi competenti, i ministri dell’ambiente Clini e dell’agricoltura Catania e la Presidente della Regione Lazio Polverini, chiedendo loro lo smantellamento del campo. Risultato: il Ministero dell’Ambiente ha intimato di espiantare al più presto le piante incriminate.
Ma la storia della sperimentazione del professor Eddo Rugini, dell’Università della Tuscia, su specie arboree geneticamente modificate per ottenerne una riduzione della mole e una resistenza ad attacchi di funghi, contiene alcuni elementi caratteristici della nostra società, dal sospetto con cui si guarda la ricerca scientifica – soprattutto quella biotecnologica, ma non solo – allo spreco di risorse e di denaro pubblico. Iniziato nel lontano 1982, lo studio su olivi, ciliegi e actinidia (kiwi) transgenici è stato autorizzato per il decennio 1999-2008. Dal 2009 l’autorizzazione non è stata rinnovata per ottemperare alla legge vigente che vieta la sperimentazione su piante transgeniche in pieno campo. Ma dieci anni per piante come quelle studiate sono pochi e il professor Rugini ha fatto richiesta al ministero di riconsiderare la questione adottando un provvedimento ad hoc che permettesse il proseguimento della ricerca e la raccolta di dati scientifici affidabili.

Olivi nel campo sperimentale dell'Università della Tuscia - Viterbo

Oltre a boicottare uno studio importante per capire – per chi lo vuole veramente e non ha preclusioni ideologiche – come poter modificare geneticamente le piante da frutto senza rischi, l’interruzione di questa ricerca non ha ragioni scientifiche a sostegno e le motivazioni addotte dalla FDG non hanno senso. Questo tipo di sperimentazione – sostiene il prof. Rugini in un’intervista a Radio 24 – non può essere fatta in ambiente confinato come si fa per l’insalata. Inoltre, diversamente da quanto si legge nel rapporto della FDG che afferma «al momento non esiste alcuna misura atta ad evitare la dispersione del polline dei ciliegi transgenici sulle coltivazioni tradizionali non lontane dal sito», Rugini ribatte che «i ciliegi in fiore non hanno necessità di essere coperti, perché non sono transgenici. Accanto a questi, i ciliegi transgenici, prima di essere stati sottoposti a manipolazione genetica, erano completamente sterili (cioè non producevano nemmeno un granulo di polline) e tali sono rimasti allorché divenuti transgenici, per cui non c’è alcuna possibilità di diffusione di polline e quindi non necessitano di protezione».

Fiori maschili di Actinidia chinensis

Alle accuse analoghe relative alla dispersione di polline da parte di olivi e kiwi il professore risponde che «gli olivi […] non hanno prodotto finora alcun fiore e purtroppo nemmeno quest’anno fioriranno, a causa di un ringiovanimento delle piante subìto durante la permanenza in vitro, sebbene derivate da materiale maturo di una varietà di pregio», aggiungendo poi che qualora fosse consentito di proseguire lo studio le piante verrebbero coperte adeguatamente impedendo al polline di diffondersi. Inoltre «le uniche piante che fioriscono e che producono polline sono quelle appartenenti all’actinidia maschio, alle quali annualmente vengono eliminati i fiori prima della loro schiusura […]. Le piante femmina non producono polline e vengono impollinate artificialmente con polline di piante controllo per far produrre frutti da sottoporre a test in laboratorio, per verificarne la resistenza all’attacco dei funghi durante la conservazione, e successivamente distrutti, come da protocollo». Insomma nulla che giustifichi l’applicazione ottusa di una norma e il rifiuto di una proroga dell’autorizzazione. Ma le richieste fatte al ministero di riconsiderare la materia fin’ora sono cadute nel nulla e martedì prossimo si comincerà l’abbattimento degli alberi.
La comunità scientifica ha reagito energicamente all’ennnesimo tentativo di affossare la ricerca biotecnologica e la rivista on line americana Biofortified ha lanciato una sottoscrizione a sostegno della ricerca del professor Rugini, un appello che chiede alle autorità competenti di evitare la distruzione, insieme agli alberi del campo sperimentale, di trent’anni di ricerca pubblica e lo spreco di tutto il denaro fin’ora speso in questo studio.
Che in Italia si viva in un paese che svaluta la ricerca scientifica in tutti i suoi aspetti è cosa nota, ormai un luogo comune. Che però anche un governo di professori universitari riesca a prendere decisioni tali da confermare appieno il luogo comune, questa è una novità.

pubblicato su Cronache Laiche


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