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ogni uomo uccide le cose che ama

Creato il 14 febbraio 2012 da Occhio Sulle Espressioni
ogni uomo uccide le cose che ama Mad Love
(Amore folle)
1935
Stati Uniti d'America
Regia: Karl Freund
Soggetto: Maurice Renard
Sceneggiatura: Florence Crewe-Jones, Guy Endore, P.J. Wolfson, John L. Balderston, Leon Wolfson, Edgar Allan Woolf, Gladys Von Ettinghausen, Leon Gordon
Il dottor Gogol non ne vuole sapere di rinunciare alla sua ossessione, la bella Yvonne gli mangia il cuore giornalmente, rende instabili tutte le sue funzioni, gli rende difficile anche lavorare. Il problema è che lei ha già un uomo, Stephen, ma non è questo il solo problema, lei prova una sorta di terrore per l'infatuato medico.
Gogol avrà la possibilità anche di venerarla tramite una riproduzione in cera, come una statua sacra, curata dalla sua inserviente beona con estrema cura, reliquia su cui riversare il sentimento, nella speranza di essere un nuovo Pigmalione con la sua Galatea, e chissà, nella sua mentre potrebbe accadere qualcosa di simile, complice l'evolversi delle vicende.
Lui è folle, e quando un folle ama lo fa in maniera ancora più ardita di un "normale". Eppure è un buono, fine, colto ed appassionato d'arte, trasmette anche tenerezza, i suoi modi sono spesso squisiti, la sua bravura in campo chirurgico gli permette di curare gente in estrema difficoltà, anche bambini, senza dover necessariamente ricevere lauti compensi.
A peggiorare questo quadro di instabilità ci si mettono le classiche vicende della scienza che va oltre confini, la diabolica casualità, sperimentazioni estreme che porteranno ad una situazione apparentemente favorevole per il dottore, ma così non sarà, anzi...
Unione fra classici dell'orrore statunitensi anni Trenta ed espressionismo tedesco, la casa di Gogol, con le sue porte, i suoi corridori e le sue scale, è un'estensione mentale della sua psiche contorta, i suoi occhi, che sono quelli di un incredibile Peter Lorre, tendono all'infinito. Sotto la guida del titanico Karl Freund, direttore della fotografia di Metropolis, Der Golem, wie er in die Welt kam, vari di Murnau e decine d'altri, qui alla regia, e al suo abituale posto sostituito da Chester A. Lyons e addirittura il Gregg Toland di Quarto potere, esplode il tema del doppio, con gli specchi che permettono la visione dell'io malvagio, e i rimandi sono molteplici: raddoppiato vede l'inserviente in stato di ubriachezza, nella personalità e nel corpo di un altro si cala il chirurgo, due sono le Yvonne, doppio diventa Stephen, due sono... le assolute protagoniste della vicenda.
D'atmosfera i chiaroscuri, allucinanti sono le voci interiori e le sovrimpressioni oniriche ed ellittiche, ipnotica ed inquietante il modo di parlare del protagonista, che passa dal dolce al dissennato.
Interessanti gli inserimenti ironici introdotti, specialmente l'invenzione di titoli d'apertura accompagnati da una musichetta scanzonata, di Dimitri Tiomkin, che fra presagire una commedia, invece poi arriva l'aggressione allo spettatore.
La storia è tratta da una novella che analizzeremo anche tramite un'altra opera, ancora vicina all'espressionismo.

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